Una gita a ...

Una gita a … Civita di Bagnoregio

Alla scoperta di un luogo incantato, dove il tempo sembra essersi fermato per farvi entrare in uno di quei posti magici narrati dalle leggende.

civita

Roma, 24 dicembre – La chiamano “la città che muore”, sospesa com’è tra cielo e terra su quel blocco tufaceo che la rende unica e, purtroppo, mortale. Civita è uno dei luoghi più belli d’Italia, al punto che ha fatto innamorare di se poeti ed artisti, pittori e principi e tanta, tanta, gente comune.

Civita sorge tra il Lago di Bolsena a Ovest e la valle del Tevere a Est, su un colle tufaceo alto 443 metri s.l.m. e posto tra le vallate formate dai torrenti Chiaro e Torbido.

Purtroppo lo sperone tufaceo su cui sorge poggia su uno strato argilloso instabile che per l’antico borgo costituisce un basamento assai poco solido. L’azione erosiva degli elementi naturali e il disboscamento operato dall’uomo nei secoli passati al fine di estendere le terre coltivabili, hanno fatto si che i pendii argillosi divenissero col tempo una materia nuda ed esposta a piogge e venti. Così la rupe su cui Civita poggia si è andata pian piano assottigliando e nei secoli passati ha subito una continua serie di frane e smottamenti che l’hanno portata a subire una erosione annua media di 6,27 centimetri.

Sin dall’antichità i due centri di Bagnoregio e Civita sono stati abitati contemporaneamente come due contrade di un’unica città che, secondo la leggenda, sarebbe stata battezzata Balneum Regis (poi divenuto Balneoregium) da Desiderio, re dei Longobardi dal 756 al 774, guarito da una grave malattia proprio grazie alle acque termali che qui sgorgavano. Al di là della leggenda, è comunque probabile che il nome derivi dalla presenza di acque termali dalle note proprietà terapeutiche.

Le tracce più antiche della presenza umana nell’area di Civita risalgono ad epoche preistoriche e protostoriche. Qualche secolo più tardi vi soggiornarono gli etruschi, predecessori di quei romani sotto i quali ebbe un discreto splendore e di quei barbari che, caduto l’Impero, la saccheggiarono più volte. Dopo l’Impero Romano, infatti, Civita assunse una notevole importanza strategica divenendo una sorta di presidio nei confronti dei movimenti verso Roma. In molti cercarono di controllarla fino a che, nel 774, Carlo Magno pose fine alla dominazione longobarda e la restituì al Pontefice. Da allora la città entrò a far parte dei domini della Chiesa e visse alterne fortune nell’epoca feudale e in quelle seguenti.

Se non ci fosse il moderno viadotto che la collega a Bagnoregio, oggi Civita ci apparirebbe splendidamente isolata sul suo cucuzzolo. In origine i due centri erano collegati da una sella naturale che degradava dolcemente  e che col tempo, a causa di smottamenti e terremoti, è andata via via scomparendo. Così, dopo vari tentativi, si è arrivati alla soluzione del viadotto, non bello, ma funzionale, terminato nel 1965. Esso ci conduce a piedi alla Porta Santa Maria, l’unica delle cinque vecchie porte di accesso alla città che svolge ancora la  sua antica funzione. Da qui si entra nel borgo, rimasto proprio come nei secoli passati: Piazza San Pietro con l’ampia visuale sulla valle; Piazza San Donato, che costituisce il cuore del borgo e che oggi è comunemente detta “la piazzetta” e tutte intorno il Duomo, le case, i palazzi che testimoniano lo splendido passato della città e che oggi danno vita ad un quadro vivente del tempo che fu.

Un affresco stupendo di un’Italia tutta da scoprire, del quale, tra gli altri, si è follemente innamorato il Principe Carlo d’Inghilterra che qui ha trascorso giorni piacevoli e che, appena può, torna sempre volentieri in quel piccolo borgo arroccato tra cielo e terra su quel colle tufaceo che fa i capricci ma che, allo stesso tempo, lo rende unico ed inimitabile.

 

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