Politica

L’importanza delle prossime elezioni presidenziali

Dal nostro corrispondente dal Lussemburgo, Arnaldo Sapora

Com’è noto, nel prossimo febbraio scadrà il mandato presidenziale affidato dagli Italiani al Presidente Sergio Mattarella sette anni or sono.

Nulla di nuovo, verrebbe da dire; ma a ben guardare questa volta non è proprio così.

Vero è che si tratta della naturale scadenza del settennato presidenziale come finora è sempre stato, ma stavolta il quadro politico di contorno non appare niente affatto stabile e potrebbe risentire non poco dell’esito di tali elezioni.

Mi spiego subito, cominciando proprio dalla situazione del Presidente in uscita prossimamente dal Quirinale.

È recente la notizia che Mattarella ha ricordato, non certo a caso, che in passato gli ex Presidenti Leone e Segni avevano proposto al Parlamento di votare una legge che escludesse la rielezione al Colle del Presidente della Repubblica uscente, al termine del mandato settennale.

Non è quindi difficile interpretare quanto da lui asserito come una implicita rinuncia a ricandidarsi alla carica presidenziale per il prossimo settennato.

Il fatto poi che abbia recentemente preso in affitto un appartamento nel centro della Capitale (come puntualmente riportato dal settimanale L’Espresso),non può che suffragare tale ipotesi, anche se il Presidente continua a mantenere il dovuto riserbo nell’ambito del suo tradizionale aplomb presidenziale.

Orbene, siccome egli veniva finora considerato quasi unanimemente come il più autorevole candidato alla nuova presidenza al Quirinale, ci sembra che questa sua recente esternazione valga ad escluderne ormai la partecipazione alla prossima corsa al Colle.

I partiti ed il parlamento sono stati quindi per tempo debitamente informati!

Al momento, l’altro più autorevole candidato alla presidenza della Repubblica, come avevamo già previsto fin dalla sua inattesa discesa in campo come protagonista della politica italiana, è Mario Draghi, attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, nominato a tale carica dallo stesso Presidente Mattarella al termine della crisi di governo innescata dalle dimissioni rassegnate dall’ex premier Giuseppe Conte.

Orbene, Draghi al momento sembra non aver autorevoli concorrenti all’ascesa al Colle, considerando il profilo degli altri candidati fin qui ipotizzati, anche se in sordina, da varie fonti politiche e giornalistiche più o meno accreditabili.

C’è però per lui un ostacolo oggettivo sulla strada che porta al Quirinale, che appare difficilmente sormontabile!

Al momento, infatti, Draghi sembra essere, come dichiarato da autorevoli osservatori tanto nazionali quanto internazionali, la persona più idonea a guidare il Governo nel difficilissimo compito di gestire il PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza).

Tale Piano, già approvato dall’Unione Europea ma oggetto di severi controlli periodici, è finanziato da quest’ultima con i fondi stanziati per il Recovery Plan destinati all’Italia .

Orbene, dato che l’attuale Governo Draghi è attualmente sostenuto in parlamento da quasi tutti i partiti ivi rappresentati (fa eccezione il partito Fratelli d’Italia che per sua scelta non fa parte della maggioranza governativa), si teme da più parti che una sua ascesa al Colle potrebbe innescare una crisi di Governo dagli esiti incerti, la quale potrebbe inoltre pregiudicare la buona gestione e l’erogazione nei prossimi due anni dei fondi del Recovery Plan da parte dell’UE.

Stando così le cose e considerata l’elevata credibilità interna ed internazionale di cui gode l’attuale Presidente del Consiglio, possiamo solo auspicare che Mario Draghi rimanga alla guida del Governo fino al termine dell’attuale legislatura nel superiore interesse del Paese.

Ma a questo punto una preoccupante domanda sorge spontanea: saranno in grado gli attuali partiti politici (che verranno chiamati prossimamente ad eleggere in Parlamento il nuovo Presidente della Repubblica) di anteporre ai propri egoistici interessi di parte quelli del Popolo Italiano ?

Ovviamente, la semplice permanenza a palazzo Chigi dell’attuale Presidente del Consiglio allontanerebbe ogni possibile rischio di future crisi di Governo ed, implicitamente, ogni ipotesi tanto di rimpasto governativo quanto di elezioni anticipate.

 

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