Tematiche etico-sociali

Nuove frontiere dell’illegalità nel ciclo dei rifiuti

Con articolo dell’ 11 Luglio 2013 dal titolo: “Ciclo del cemento, Eldorado delle ecomafie!” (http://www.attualita.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=1666:ciclo-del-cementoeldorado-delle-ecomafie&Itemid=27) abbiamo trattato  gli interessi della criminalità ambientale in quel settore, documentando che,  secondo i dati raccolti dal CRESME (Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato), l’incidenza dell’edilizia illegale è passata dal 9% del 2006 al 16,9% del 2013. Vediamo, ora, quel che accade per il ciclo dei rifiuti, l’altro grande polo di interesse dell’illegalità divenuto sistema.

Per il ciclo legale, la produzione nazionale si attesta al di sotto dei trenta milioni di tonnellate annue, valore analogo a quello del 2002/2003, quindi diminuito di quasi 1,1 milioni di tonnellate per via della crisi che fa produrre, come intuibile, meno rifiuti.

L’Emilia e Romagna è la Regione che ne produce la maggiore quantità (637 kg per abitante), seguita da Toscana, Valle D’Aosta, Liguria e Lazio. Al sud, Molise, Calabria e Campania, invece, si attestano sui 450 kg pro capite. A livello nazionale, la raccolta differenziata è al 40 %. Il Nord resta l’area più “differenziata” con più del 50% (Veneto e Trentino differenziano quasi il 63 %), mentre centro e sud raggiungono rispettivamente il 32 e 26,7 % (Sicilia e Calabria hanno tassi inferiori al 15%). Esperienze positive sul riciclaggio sono comunque presenti anche  al Sud; è il caso di Salerno, che raggiunge il 65% di differenziata per i suoi 140mila abitanti o di Andria, in Puglia, addirittura al 70% per i suoi 100mila abitanti. I rifiuti urbani smaltiti in discarica nel 2013 sono stati 12 milioni di t. (1,5 t. in meno rispetto all’ anno precedente). Su scala comunitaria, il dato italiano è in media con l’Europa: 502 kg di rifiuti pro capite; 504 in Italia. In Germania, Paesi Bassi e Svezia, con l’implementazione dei termovalorizzatori e il riciclo, grazie alla differenziata e all’export, si è riusciti a portare la quota dei rifiuti in discarica su percentuali inferiori all’ 1%, tanto che la Norvegia sta diventando un importatore privilegiato per nazioni con eccesso di rifiuti come il Regno Unito. In Italia, l’incenerimento vede 45 impianti, dei quali il 68% al nord.

Per quanto concerne, invece, il ciclo illegale dei rifiuti, cresce il numero delle persone denunciate; oltre sei mila nell’anno passato. Il 44% degli illeciti si concentra nelle quattro Regioni meridionali a storica presenza mafiosa. Pur tenuto conto che l’opinione pubblica è scossa dalle notizie della cosiddetta “Terra dei Fuochi” in Campania, è bene considerare che tutto ciò fa riferimento a condotte criminali del ventennio ’80-’90 in cui quel territorio è stato vittima di imponente attività criminale gestita dalla Camorra.

Quel che necessita oggi, come sollecita il Magistrato Roberto Pennisi della Procura Nazionale Antimafia, è una maggiore attenzione delle varie Procure Distrettuali, che sembrerebbero non particolarmente sensibili, alla trattazione di una nuova tipologia di affari illeciti privi di connessione con la criminalità mafiosa.

Infatti, la recente analisi della citata Procura Nazionale, spiega che lo svincolarsi delle mafie storiche, in particolare la Camorra, da una nuova tipologia di interessi deriva dal fatto che sono subentrate nella gestione illecita dei rifiuti centrali affaristico-imprenditorial-criminali nazionali e internazionali di difficile individuazione, operanti sulla direttrice che porta fuori dai confini nazionali rifiuti anche pericolosi. E, in tali nuove frontiere, si collocano anche settori delle energie alternative, dove interagiscono broker dei traffici di rifiuti e sviluppatori di pratiche ed attività riguardanti le relative istallazioni.

Quindi, afferma Pennisi, qualora venissero ideate nuove misure legislative per eventi passati del tipo sopra descritto, va detto in primis che sarebbero inutili non potendo avere effetti retroattivi; poi, offrirebbero l’immagine di uno Stato che combatte battaglie di retroguardia contro un crimine che precorre i tempi e che oggi colpisce l’ambiente con modalità diverse. La politica, quindi, deve varare leggi adeguate trasformando in delitti le più rilevanti violazioni oggi sanzionate a titolo contravvenzione, con la previsione del rito direttissimo obbligatorio. Si proceda, contestualmente, ad introdurre nella legislazione penale il delitto di disastro Ambientale, configurandolo in maniera chiara e definita, “con meno avverbi e più verbi”, come giustamente auspica il magistrato, a tal fine utilizzando la pregevole giurisprudenza maturata nel tempo nonostante l’assenza di una specifica disposizione di Legge.

Apprendiamo, intanto, che la Politica, fortunatamente, si sta muovendo, tanto che a fine febbraio la Camera ha approvato la  Legge che introduce nel Codice Penale fattispecie di reati ambientali trasmettendola al Senato. Tutti i gruppi hanno votato a favore, tranne Lega e FI che si sono astenuti. Attendiamo, quindi, fiduciosi e speriamo!

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