Scienza

I capricci infantili sono messaggi

Fino a un certo punto gli adulti, generalmente, riescono a comprendere
il significato di comportamenti disturbanti dei bambini come messaggi
di un qualche disagio. Oltre che alla sete o al bisogno di cibo, si
pensa anche a quello di essere pulito dagli escrementi, al caldo o al
freddo dell’ambiente. A mano a mano che il bambino cresce, diviene
sempre più difficile recepire gli eventuali messaggi di disagio della piccola
peste che cerca di comunicare con gli unici strumenti che egli ha,
cioè persistenti piagnucolii, pianto stizzoso, azioni di disturbo, rifiuti
che, a volte, assumono caratteristiche dispettose.
Nel cedere all’impulso di reprimere quelli che vengono considerati capricci, si rischia di
instaurare un circolo vizioso di tensioni, una specie di
braccio di ferro. La conseguente sofferenza del piccolo
viene, espressa mediante comportamenti capricciosi. E
questo è uno dei capricci-messaggio meno e mal decodificati.
Chi è in posizione “up”, all’insegna del “superior
stabat lupus inferior agnus”, difficilmente accetta
che sarà più facile piegare una lastra d’acciaio anziché,
impunemente. la volontà di un cervello, specialmente
quello umano e, ancora di più, quello dei giovani soggetti, una volta che
si sia creato un fronte di scontro con chi ritiene un valore assoluto la
cieca ubbidienza. “Impunemente”, perché il cervello umano è dotato di
un sistema d’allarme, per cui ogni repressione lo può iperattivare, dando
luogo a uno stato di tensione interna di tutto l’organismo che, tenderà a
cercare canali alternativi: bulimia, anoressia, droga, comportamenti
autolesionisti, tendenza a far parte di gruppi ribelli, perfino a quelli delle
bestie di satana, pericolosissime gimcane notturne a bordo di potentissime
moto e via di questo passo.
Un’altra modalità di scarico è quella ben nota anche nei piccoli, cioè quella di
picchiare altri bambini.
Negli anni successivi, si tende, specialmente le ragazze allevate con metodi troppo
perbenistici, ad “allearsi” con soggetti potenzialmente violenti, come i
cosiddetti bulli, i tipacci, i Lucignoli, i cattivi compagni, magari sentendosi
attratti irresistibilmente da sentimenti solitamente considerati come
“innamoramento”.
Rimane ancora pressoché limitata agli addetti la conoscenza della cosiddetta fase
dell’opposizione e dei dispetti con la
quale si indica quel periodo che va dal secondo anno di vita durante il
quale il piccolo tende naturalmente a opporsi alla volontà dei grandi
come per collaudare e differenziare la propria. Si direbbe che si tratta
delle doglie della nascita dell’Io, che dura molto più a lungo e, di solito,
è molto più travagliata di quella fisicamente intesa.
La pretesa degli adulti di “educare” reprimendo, inculcando “sani principi” con metodi
autoritari, viene spesso inficiata dalla tendenza di chi subisce a ribaltare
la posizione “sotto”. Una volta scoperto il modo di ottenere posizioni
di vantaggio, potrà assumere i comportamenti che gli hanno regalato
tale opportunità per tenere sulla corda gli oppressori. Una tale tendenza
sarà tanto più forte quanto più è stata sofferta.
Che fare? Tenuto conto del fatto che la stragrande maggioranza delle nostre abitazioni non è
adatta per i bambini e rende difficile l’opera autenticamente educativa.
È consigliabile che ci si rivolga al bambino non alzando minacciosamente
il tono della voce, bensì sommessamente, in modo confidenziale,
anche quando egli non è ancora in grado di capire spiegazioni razionali.
Per quanto riguarda “la capacità di dire no”, che viene oggi propalata
come panacea, si ritiene che sia irresponsabile lanciare alla cieca messaggi
di questo genere, giacché si rischia che un tale messaggio venga
recepito da soggetti che hanno la voglia di rivalsa, ribaltando perfino sui
figli quel che avevano subìto dai propri genitori.
È auspicabile quindi che l’espressione capricci non venga più adoperata dagli educatori.

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