La catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra mondiale

(Foto Ansa)

Papa Francesco torna con 10 musulmani
Roma, 16 aprile – Francesco, Bartolomeo, Geronimo, tre anziani leader religiosi si sono incontrati a Lesbo, per testimoniare e garantire che il cristianesimo oggi parli ancora la voce del Vangelo.
La Buona Novella è stata annunciata di nuovo ai credenti cristiani, per primo ai cattolici e agli ortodossi, ma anche ai fedeli comunque del Dio testamentario ebrei e musulmani, agli appartenenti ad altre religioni, ai non credenti.
“La catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda guerra mondiale”, definita così da papa Francesco ai giornalisti in aereo, viene riconosciuta degna di massima attenzione dal pontefice di Roma, dal patriarca ecumenico di Costantinopoli e dall’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. La condizione estrema e prioritaria di chi per gravissimi fatti si metta in viaggio verso altre terre, lasciandosi alle spalle la propria casa, ancora in piedi o distrutta, le proprie abitudini di vita, gran parte degli affetti, qualsiasi certezza.
Tutto ciò è stato ricordato all’Europa che si presenta a livello mondiale come erede culturale della comune matrice evangelica, ma anche a quella stessa Europa laica che rivendica sue proprie le massime di libertà, fraternità, uguaglianza, che poi si sono sparse nel mondo. Quelle espressioni che abbiamo sentito riaffermare per le vittime di terrorismo in Francia e altrove. Principi portati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ad un accoglimento palesemente mondiale.
Alexis Tsipras, primo ministro del Governo greco, ha dato il benvenuto a papa Francesco all’aeroporto di Mytilene e così i due esponenti ortodossi ed un unico pulmino ha condotto poi  i tre religiosi al Moira refugee camp, a 16 chilometri, per l’incontro con la realtà dove 2500 persone, con provenienze diverse, ci hanno detto 1500 minori senza genitori, attendono una soluzione alla propria vita, Bambini con disegni per il papa, donne e uomini esprimenti le situazioni di gravi mali fisici di alcuni, famiglie che desiderano riunirsi con stretti congiunti in altre nazioni, persone con evidenti momenti di disagio mentale, probabilmente quale esito di persecuzioni dalle quali sono riuscite a sfuggire prima dell’accidentato arrivo a Lesbo. Molti occhi di bambini che in un solo sguardo denunciano le sequenze inequivocabili di un film. E tutto ciò si somiglia sempre, nei campi di rifugiati nel mondo.
Il pranzo di Francesco, Bartolomeo I e Geronimo ha previsto una piccola rappresentanza delle persone accolte nel Moira camp. Le corone di alloro, affidate al mare, sono state un riconoscimento simbolico a quelli che un riferimento per essere ricordati non lo avranno mai, inghiottiti dai flutti o senza un nome nel luogo di
sepoltura.

Il ritorno all’aeroporto di Mytilene e la partenza
Per una visita breve, senza troppa ingerenza nel mondo ortodosso, che lascia una dichiarazione congiunta del papa cattolico, del patriarca ecumenico di Costantinopoli, primo fra pari dei patriarchi e dei vescovi ortodossi ma con situazione complessa nella propria nazione, del primate greco in contemporanea ora con un governo dichiaratamente laico.
Una visita nata in tempi brevi da un invito di Bartolomeo I, a fine marzo, e da un altro invito del Sinodo ortodosso greco, in previsione anche nel 2016 del Sinodo panortodosso, assente da dodici secoli, dopo il secondo Concilio di Nicea del 787.
Nella dichiarazione comune, il riferimento a Matteo 35, con la parabola dei talenti e le opere di misericordia. Capacità a cui attingere, per i politici di tutto il mondo ed opere da
effettuare, in nome di una qualche coerenza.

Da Lesbo, in aereo con lui, dodici persone con documenti regolari, appartenenti a tre famiglie musulmane che saranno ospitate in Italia a spese della Santa Sede e all’inizio con il sostegno della Comunità di S. Egidio.

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