L’arresto del serial killer di Puglia

L’omicida seriale non è certamente un fenomeno recente, anche se negli ultimi decenni il numero dei casi è sicuramente aumentato considerevolmente, e questo anche in Italia dove, onorando come sempre le classifiche del negativo, siamo secondi al Mondo, superati solo dagli Stati Uniti.

Ad essere recente, invece, è soltanto il termine “Serial killer”, che la criminologia moderna ha fatto suo dalla definizione che l’FBI attribuisce nel Crime Classification Manual del 1992: “L’omicida seriale è colui il quale commette tre o più omicidi, in tre o più località distinte, intervallate da un periodo di raffreddamento emozionale”.

In questa sede, però, non vogliamo addentrarci, perché non ne abbiamo le competenze, nelle cervellotiche teorie criminologiche tanto amate dai ben pagati “esperti” da cabaret televisivo, quanto invece e semplicemente, da cronisti, raccontare della cattura, da parte dei Carabinieri del Comando Provinciale di Taranto, di uno dei più pericolosi serial killer d’Italia di questi ultimi anni.

Certo, quando si parla di serial killer, si fa riferimento a Donato Bilancia, condannato a ben 13 ergastoli per aver commesso 17 omicidi seriali fra il 1997 e il 1998 in Liguria e nel basso Piemonte, in appena 6 mesi. Noi, invece, tratteremo quanto accaduto in Puglia e Basilicata negli anni ’90, dove furono 15 le vecchiette ammazzate; tutte sole, abitanti a piano terra, nei “bassi” di paese, vestite di nero, uccise con lo stesso modus operandi con coltello.

C’è da dire che su tutta la Regione Puglia si respirava, in quegli anni, un’aria molto pesante, proprio per quella presenza invisibile, che in particolare nell’area jonica aveva già colpito.  Ad agosto ’97, nella Provincia di Taranto, a Laterza, si verificò il purtroppo atteso ennesimo delitto, l’omicidio di Rosa Lucia Lapiscopia, di 90 anni, uccisa il 21 agosto del 1997. Dopo circa un mese, era il 15 settembre, la nuova vittima si chiamava Lucia Nico, di 75 anni, di Palagianello; l’ultima vittima del serial killer. Al primo segnale, scattò una formidabile caccia all’uomo, che fu, come da protocollo operativo del genere: “Chiudere le Caserme; tutti in strada!”, estesa in pochi minuti, su input della Centrale Operativa Provinciale, a tutte le Stazioni e Nuclei Radiomobili della provincia jonica, con l’attuazione di posti di blocco e controllo a stazioni ferroviarie e di autolinee, con l’immediato coinvolgimento dei Comandi Provinciali contermini, delle Questure e della Guardia di Finanza (prassi che dovrebbe essere sempre seguita!).

E fu così, come talora  accade, che la fortuna premiò gli audaci, in quanto i Militari della Compagnia di Castellaneta, con in testa l’ insonne e bravissimo Capitano Giovanni Spirito, si imbatterono, all’ interno della Stazione ferroviaria di Palagianello, in un giovane straniero, scuro di carnagione, che alla vista della “divisa”, cercò di sottrarsi al controllo. Fermarlo e accompagnarlo in Caserma fu questione di un attimo.

In sede di contestazioni da parte dell’ AG, anche in sede processuale,  il “serial killer delle vecchiette”, il tunisino Ben Mohamed Ezzedine Sebai, di 33 anni all’atto dell’arresto, si dichiarò sempre innocente, ma  fu comunque condannato a 4 ergastoli, per 4 di quei 15 delitti.

Sebai, però, dopo il suicidio di un ragazzo detenuto unitamente ad altri giovani, accusati erroneamente degli omicidi plurimi, il 21 luglio 2005 cambiò rotta e si autoaccusò  di tutti e 15 i delitti. Al PM Alberto Nobili di Milano, il 10 febbraio 2006, dichiarò di doversi “liberare la coscienza di questo peso”, dopo la condanna di “tante persone innocenti”. E al PM Pina Montanaro, a Taranto, spiegò che avrebbe voluto confessare anche prima, ma temeva di essere ucciso, senza spiegare da chi.

Sebai è morto recentemente, nel settembre 2012, perché trovato impiccato nella sua cella del carcere di Padova. Aveva 49 anni.

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