Indifferenza, invisibilità e ipocrisia nel concetto di violenza

Già abbiamo trattato su questo giornale dello storico Eric Hobsbawm, morto a 95 anni  due anni fa, che ideò il termine “secolo breve” per definire il Novecento, scrivendo un bellissimo libro con quel titolo, scandagliando il gran quadro della storia del XX secolo, il secolo per molti aspetti più violento perché dette origine e sviluppò rivoluzioni e due guerre mondiali.

Tutto quello che gli uomini hanno sofferto nel tempo, ha scritto Hobsbawm, si annulla davanti ai cento milioni di morti del secolo breve.

Ma è proprio così? Oggi c’è meno violenza rispetto al passato, oppure c’è n’è di più? Quindi, in relazione al tema della guerra, della violenza fisica ed anche e soprattutto psicologica, analizziamo come oggi, nel nuovo secolo e nuovo millennio, noi occidentali viviamo tale dramma che ci incombe cupo e minaccioso.

Al riguardo, ci aiuta il sociologo Alessandro Dal Lago che nel suo bel libro dal titolo:”Carnefici e spettatori- La nostra indifferenza verso la crudeltà” (Raffaele Cortina Editore, Milano, 2012), scrive che i  conflitti che sino all’inizio del ‘900 coinvolgevano e impegnavano in massima parte, al 90%, i militari combattenti e minimamente la popolazione civile, vedono oggi ribaltarsi tale dato in quanto nelle guerre attuali l’incidenza dei morti tra le popolazioni civili si aggira sul 90% dei caduti complessivi.

Quindi, qual è l’atteggiamento di noi occidentali nei confronti delle guerre in corso o comunque recenti?

L’autore fa riferimento al principio di invisibilità della guerra, cioè seguiamo gli eventi sui media, che hanno un ruolo importante e fanno parte integrante della strategia militare complessa; quel gran circo mediatico, che fornisce a centinaia di milioni di persone, quali spettatori passivi, un vero e proprio copione dello spettacolo, che è uno scenario di morte e violenza inaudita, il tutto appreso e visionato in diretta.

Insomma, indifferenza, invisibilità e forse anche ipocrisia caratterizzano i tempi attuali; sì, anche ipocrisia, perché giustifichiamo la guerra rassicurandoci che si tratta di missioni di pace e di operazioni di polizia internazionale, e non già di guerre guerreggiate che uccidono, al 90%, bambini, vecchi, donne e uomini inermi! Ora, è giusto porsi la domanda su com’ era vissuto, nell’antichità più civile ed evoluta, l’approccio alla crudeltà e al sangue.

Noi occidentali, lo sappiamo, dobbiamo all’antica Roma tutta la nostra cultura. In mezza Europa si parlano lingue derivate dal latino; Papiniano, Gaio e Ulpiano hanno con i loro Commentarii tramandato un Corpus giuridico di leggi in vigore per ben tredici secoli.

Ma su un punto si sorvola, sulla crudeltà, e su questo ci racconta Marziale, nell’80 dC, nel suo “De spectaculis”, sui giochi offerti al Colosseo da Tito, ottimo Imperatore, definito da Svetonio “Delizia del genere umano”. Tra la mattina e il pomeriggio, venivano eseguite le condanne a morte; Marziale racconta piacevolmente, non turbato da quello che vedeva, del resto era l’atteggiamento degli intellettuali, quali Seneca e Marc’ Aurelio, orripilati non dalle crudeli uccisioni in sé, quanto dall’oscena partecipazione chiassosa… della plebe. La ragione dell’indifferenza era nel concetto di “Autorictas” dell’Imperatore, che non veniva in alcun modo criticata e posta in discussione; per questo, i condannati alla pena capitale non meritavano pietà!

Del resto, una società la cui economia era basata sulla schiavitù e sullo sfruttamento di essa, il concetto di umanità era ben diverso dal nostro. Oggi poi, nel gran quadro dell’assuefazione alla violenza e del condizionamento psicologico favorito da media, tv e internet, possiamo fare anche riferimento a quello che accade in altri settori, come nell’ambito della Giustizia, dove la verità vera non sempre coincide con quella processuale; infatti, spesso, ha la meglio una verità mediatica che viene somministrata e offerta con bombardamento mediatico al grande pubblico. Ciò riguarda anche il giudizio morale, che per oscuri interessi può essere accortamente manovrato, attraverso la valorizzazione o svalutazione di fatti ed opinioni, influendo così il condizionamento delle idee.

Quindi, una riflessione va fatta: la violenza, oggi, appare certamente più devastante di quella dei tempi andati, perché alimentata e mistificata da indifferenza, invisibilità e ipocrisia; il che rende difficile  mantenere una propria autonomia di giudizio che fa conseguire dignità morale alla persona. Ed è proprio per tale carenza che viviamo uno dei periodi più bui….

Con questo, concludendo, ci dispiace di smentire Eric Hobsbawm!

 

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