Ancora sull’ importante tema dell’ eolico, non tutelato da leggi efficaci

Abbiamo già trattato su questo giornale, più volte nel tempo, il tema dell’illegalità ambientale, delle ecomafie e, in ultimo, anche dell’eolico, soprattutto per i suoi risvolti con l’illecito, con articolo dal titolo “eolicomafia” del 13 aprile 2013.

Torniamo ora in argomento, anche perché richiestoci dai lettori. Possiamo al riguardo affermare che il 2012 è stato davvero un anno eccezionale per l’eolico in Italia perchè in base ai dati di ANEV (Associazione Nazionale dell’Energia del Vento) e del Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), sono stati installati 1.272 MW eolici, la potenza annua maggiore di sempre in Italia. L’energia eolica totale, a fine 2012, ha così superato gli 8 mila MW e nel corrente anno l’eolico riuscirà a soddisfare quasi il 5% circa del fabbisogno elettrico annuo del nostro Paese. Anev e Coordinamento Free spiegano poi che il picco positivo dell’eolico nel 2012 deriva dal fatto che gli operatori hanno fatto di tutto per far entrare in esercizio gli impianti entro il primo gennaio 2013, data di inizio del nuovo sistema di incentivazione per le rinnovabili, basato su aste al ribasso per gli impianti con potenza superiore a 5 MW. Sull’eolico e l’impatto ambientale si discute da anni e, a tal proposito, è interessante una recente interrogazione parlamentare al Ministro per l’Ambiente per due impianti eolici ravvicinati sul Monte Peglia, in vista del Duomo di Orvieto, una delle città simbolo del nostro patrimonio artistico. Si tratta, nel dettaglio, di due impianti eolici alti più di 150 metri dal suolo, tre volte l’altezza del Duomo di Orvieto. Le località interessate appartengono al sistema territoriale di interesse naturalistico ambientale (S.T.I.N.A.), tutte ricadenti in un ambito di interesse naturalistico. Peraltro, secondo quanto si legge in un rapporto redatto dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia “la cementificazione del Monte Peglia, l’abbattimento di migliaia di alberi, la trasformazione perenne della morfologia del territorio, oltre a un fortissimo impatto ambientale e allo sconvolgimento delle rotte dei numerosi uccelli migratori, porteranno alla alterazione  delle biocenosi (comunità delle specie di un ecosistema) presenti anche all’interno della zona a protezione integrale creando la totale desertificazione del territorio”. Da un punto di vista giuridico va detto che se l’illecito riferito alla tematica dell’eolico si può inquadrare in un ambito più ampio quale quello di un’indagine per reato associativo o addirittura antimafia, ci si può avvalere delle leggi esistenti, senz’altro pregnanti; mentre, per casi comuni di illecito, ci si deve confrontare con una legislazione incompleta e farraginosa. E questo perchè  nel nostro ordinamento giuridico non esiste un reato specifico di danno ambientale. Il danno ambientale sarà soltanto una conseguenza procedurale di risarcimento, il che  significa che in via amministrativa, forse, potrà essere attivata come conseguenza di un reato autonomo ed indipendente stigmatizzato da altre leggi. La verità vera è che oggi nessuno in Italia può essere denunciato e ancor più condannato per un presunto reato di danno ambientale! La normativa in materia urbanistico edilizia e paesaggistica è posta in due Testi Unici: il D.Lgs 42/2004 (c.d. “Codice Urbani” ovvero dei beni culturali e del paesaggio) come modificato da interventi successivi; e il D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001  (Testo  unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Le due norme sono complementari l’una all’altra in quanto se si opera una modifica a realtà strutturale del territorio in area soggetta a vincolo paesaggistico, ancor prima di considerare la norma di cui al TU sull’edilizia, sarà necessario tener conto del D.L n.42/2004. Non sarà infrequente che nella contestazione di opere abusive si debba tener conto di entrambe le norme. Al riguardo, si può portare ad esempio l’Operazione “Ventus”, condotta nell’aprile 2007 dal CFS di Gravina di Puglia che ha portato al sequestro penale preventivo, disposto dal G.I.P. del Tribunale di Trani, di 3 scavi di fondazione su roccia calcarea (pseudo steppa), effettuati per la realizzazione di piattaforme destinate alla localizzazione ed all’ancoraggio di pali eolici, realizzati senza alcuna autorizzazione, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in difformità totale dall’Atto Dirigenziale rilasciato dal Settore Industria della Regione Puglia (che prevedeva l’installazione di n. 20 pali eolici fuori dal Parco). Cinque sono state le persone indagate dall’Autorità Giudiziaria per violazione del Codice dei beni culturali ed ambientali (D. Lgs. 42/2004), del Testo Unico in materia edilizia (D.P.R. 06.06.2001, n. 380), nonché per violazione delle norme di tutela ambientale (Legge 394/91 sulle Aree Protette) e delle vigenti norme di tutela del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (D.P.R.10.03.2004). Sul tema dei controlli nei parchi eolici, in verità non protetti adeguatamente, va detto che sulla specifica materia, il Ministro dell’Interno  Cancellieri e l’Amministratore Delegato dell’ENEL, il 2 maggio dell’anno scorso, hanno sottoscritto un Protocollo di legalità per combattere sia il rischio di infiltrazioni criminali, sia anche, con l’intervento delle Prefetture, per un più rapido e incisivo intervento in caso di furti di materiali destinati alle infrastrutture elettriche, e in particolare di cavi di rame, come di attentati, frodi contrattuali per il corretto smaltimento dei rifiuti, di lavoro nero e della sicurezza dei lavoratori nei cantieri, come anche di fenomeni di corruzione e concussione nel rilascio di atti amministrativi. L’attività di controllo e monitoraggio preventivo difficilmente potrà essere svolta da organi di eccellenza specializzati dei vari corpi di Polizia a competenza nazionale (per l’Arma, i 29 NOE dislocati in tutta Italia), impegnati in più complesse attività di Polizia Giudiziaria; essa potrà invece riguardare le Polizie Provinciali che sono una importante realtà nel contesto delle funzioni di Polizia Giudiziaria in materia ambientale ed i Corpi Forestali regionali. Si aggiungono poi le figure dei Guardiaparco, nati in Italia con l’istituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, nel 1923. Oggi, in Italia, la professione del Guardiaparco è svolta da una molteplicità di operatori che, al di là dell’amministrazione o dell’Ente da cui dipendono, svolgono il proprio lavoro con caratteristiche professionali apprezzate. Va ricordato, come autorevolmente precisa il Magistrato Maurizio Santoloci, che la figura del Guardiaparco va indicata come parte integrante degli organi di Polizia Giudiziaria ambientale sul territorio. Proprio per questo, i rapporti tra Guardiaparco in senso stretto (ovvero le guardie dipendenti direttamente dagli Enti Parco siano essi nazionali o, più frequentemente, regionali) e il Corpo Forestale dello Stato, sono in continua evoluzione verso una sinergia sempre più frequente. Particolarmente significativo è che nel 2009 si sia tenuto il primo corso di formazione per i neoassunti presso le strutture della Scuola del Corpo Forestale dello Stato di Cittaducale.

Attività, quella dei Guardaparco, che sarebbe auspicabile godesse di un maggiore sviluppo, nell’interesse di un migliore servizio complessivo a tutela del comune patrimonio naturale e ambientale, ma anche per generare nuove possibilità di lavoro.

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