Affidamento e  storia di buon cuore

Affidamento e  storia di buon cuore

Una lezione di vita ci viene dalla famiglia R. composta  da padre, madre e tre figli, direi non pochi. Eppure i genitori  non hanno indietreggiato alla richiesta delle suore della Casa famiglia a Monza, di prendere in affidamento un ragazzino di 6 anni  pluriproblematico. I coniugi R. , intervistati, ci raccontano il percorso fatto dal momento del fatidico “si” .

Perche’ vi è stata fatta la proposta d’affidamento di M….a?

In realtà tutto è nato dalla nostra volontà di recuperare una compagna di classe, del nostro figlio maggiore, che da un giorno all’altro è stata collocata in Comunità. Abbiamo preso a cuore tutti la sua situazione e ci siamo informati da subito per averla con noi in famiglia. Dopo vari colloqui con le psicologhe ci hanno riferito che purtroppo non era possibile prenderla in affido per molteplici motivi: la ragazzina aveva bisogno di un percorso di un certo tipo e per un determinato periodo di tempo all’interno di una comunità, doveva staccarsi quindi dal suo abituale ambiente e conoscenze e, non ce l’hanno esplicitamente detto, probabilmente non eravamo l’abbinamento migliore. Abbiamo voluto comunque proseguire il percorso di affido, anche se un po’ più titubanti, ma consapevoli dell’esistenza di tanti altri casi simili. Il fatto di conoscere personalmente la ragazzina ci dava meno ansie, ma la riflessione sul fatto che, se eravamo predisposti per lei, lo potevamo essere anche per qualcun altro, ci ha dato il coraggio di andare avanti. Dopo qualche mese ci hanno attribuito l’idoneità e qualche settimana dopo è arrivata la proposta di M…a. Ce lo descrissero come un bambino socievole, simpatico ma con un lieve ritardo evolutivo, dettato dagli scarsi stimoli ambientali. Si trattava di un caso urgente perchè era stato tolto dalla sua famiglia da poco più di un mese e sistemato in comunità per il tempo strettamente necessario al reperimento di una famiglia affidataria. Aveva necessità di supporti terapeutici e, secondo il parere dei servizi sociali, il fatto di avere già tre figli, due dei quali dislessici, ci poneva come la famiglia meglio adatta per lui, già abituata ad un certo genere di “fatiche” ed incline ai cambiamenti.Tra l’altro rispettava una delle nostre richieste, cioè che avesse un’età compresa tra i 4 e 14 anni.

Entrambi eravate d’accordo  sull’affidamento del  piccolo M….a?

Sì assolutamente d’accordo. Dopo la proposta, ci hanno dato circa una settimana di tempo per riflettere, ma noi sapevamo già la risposta. Eravamo convinti. Il primo incontro, avvenuto in comunità, è stato spiazzante. Questo piccoletto, accompagnato da una suora, entrò nella stanza in cui lo stavamo aspettando;  l’assistente sociale, che era con noi, gli chiese se sapeva chi fossimo e lui col dito indicò mio marito pronunciando il suo nome con entusiasmo e si rivolse a me  notando che le mie scarpe erano simili a quelle della sua mamma. Trascorremmo circa un’ora insieme e ci rendemmo conto che tutti i problemi che c’eravamo costruiti nella testa erano spariti in un secondo, vedendolo euforico per semplici gesti come per esempio fare merenda insieme e giocare con un trenino di legno. Ci siamo salutati quel giorno promettendogli che saremmo tornati il giorno dopo con i nostri figli e che l’avremmo portato a fare una passeggiata al centro di Monza, e lui, mentre ci accompagnava all’uscita, coinvolgeva  le suore nel corridoio gridando “oggi è Nataleee!”  …era il 7 dicembre.

Come avete risolto il problema di salute di M…ia?

Premesso che, solo dopo l’incontro di presentazione coi genitori, avvenuta una decina di giorni dopo l’arrivo di M….a a casa nostra, siamo venuti a conoscenza del suo deficit cardio-vascolare, la nostra preoccupazione era palesemente visibile. La madre ci spiegava di un probabile intervento al cuore e che sarebbe stato meglio non facesse alcuno sforzo fisico. La difficoltà è stata reperire tutta la documentazione, i genitori non trovavano alcun certificato e i servizi sociali erano ignari di questa dichiarazione.  Fortunatamente ci ha potuto aiutare un medico illustrandoci lo stato sanitario del bambino. Aveva seguito personalmente tutte le vicende mediche della famiglia avendo avuto in affido, per diversi anni, il fratello di M….a. In realtà poi, dagli incartamenti ospedalieri, abbiamo riscontrato che il problema non era così tragico come ce l’aveva esposto; tuttavia M….a ha bisogno di visite periodiche di controllo. Inoltre abbiamo scoperto, sempre grazie a questo medico, che M….a era in lista d’attesa per un intervento alle adenoidi, a cui si è poi sottoposto, ma solo dopo aver valicato un iter burocratico non indifferente. Tuttora M….a ha un ritardo del linguaggio, immaturità affettivo relazionale, instabilità attentiva e psicomotoria, pertanto deve essere seguito regolarmente da terapisti specializzati che stanno facendo un ottimo lavoro.

I vostri figli hanno accettato l’affidamento?

S.(14 anni), il leader tra i fratelli,  inizialmente non era sicuro di volerlo. Lui avrebbe preferito aiutare la sua compagna di classe. Ciò nonostante,  quando ci confrontavamo per accettare o meno la proposta dei servizi sociali, lui ci ha facilitato la scelta, esprimendo con leggerezza  “ma sì tanto… se c’è amore nella nostra famiglia, ci sarà anche per lui”. Dopo il suo arrivo ci sono stati sì momenti di  incomprensioni, di tristezza, di rinfacci, ma proprio come era già avvenuto alla nascita degli altri due fratelli e comunque nella “normalità” di un ragazzo in piena preadolescenza.

Il pensiero di F. (12 anni) era quello che ci preoccupava più di tutti. Lui è un ragazzino introverso e diffidente, che vive il suo stato di dislessia con umori altalenanti e l’ingresso di un bambino, che richiedeva particolari attenzioni, ci destava qualche timore perchè avrebbe tolto ovviamente dello spazio e del tempo prezioso per nostro figlio.  Invece si è rivelato più determinato di noi e ci ha aiutato parecchio nel prendere una decisione con serenità.  Anche lui comunque, dopo l’arrivo di M….a, ha avuto occasioni per tirar fuori la rabbia e la gelosia.

  1. (10 anni) è rimarrà la principessa di casa, è l’unica femmina e questo per lei significa mantenere il suo posto salvo. Anche lei dislessica, ma non se n’è mai fatto un problema, sempre molto solare, desiderava avere un fratellino. Qualche giorno prima dell’arrivo di M….a, aveva liberato, senza suggerimenti,  metà del suo armadio per condividerlo con lui. Eppure, anche lei, dopo la stabilizzazione definitiva di M….a in casa nostra, ha attraversato un periodo di nervosismo e stanchezza.

Tra alti e bassi, diciamo, che l’hanno accettato e ora si comportano come se fossero realmente tutti  fratelli. Si odiano, si amano, si insultano, si coccolano, si respingono, si cercano, non fanno differenze… anche se la vera differenza l’ha portata M…..a: l’attenzione alle cose, il non dare nulla per scontato, quella continua richiesta di contatto, l’accontentarsi di un niente. Insomma, volevamo migliorare la sua vita ma la sta migliorando lui a noi.

Non vi siete pentiti dell’impegno dell’affidamento preso?

In effetti l’impegno è tanto, molto più di quello che ci immaginavamo. Eppure no, non siamo pentiti. In molti ci chiedono quando ci vedono stanchi “ma chi ve l’ha fatto fare?” oppure “se tornaste indietro lo rifareste?” e ancora “ma non stavate bene?” Beh, rispondiamo “non ce l’ha fatto fare nessuno, l’abbiamo scelto noi” ,  “sì, lo rifaremmo!” e “sì stavamo bene, ma perchè tenerci tutto quel bene solo per noi?”  e poi la verità, è perchè siamo felici nella nostra vita piena di guai,  di quei guai ricercati attivamente tra quelli che costituiscono il “pedaggio” che la vita richiede, per poter accedere a livelli più intensi di esistenza.

Essendo in affido avete avuto problemi nei confronti della famiglia legale?

Inizialmente eravamo disturbati dalle continue telefonate della sua mamma. Era riuscita a recuperare il nostro numero di telefono dell’abitazione, essendo venuta a conoscenza dei nostri nomi e indirizzo. Voleva parlare con M……a, voleva salutarlo ma puntualmente ad ogni fine telefonata c’era la rigorosa richiesta di denaro. Abbiamo fatto presente subito ai servizi sociali del “fastidio” che ci dava, non tanto per l’interesse che mostrava per il figlio,  bensì per l’opportunismo che celava dietro e soprattutto per lo squilibrio che segnava M…..a nel sentire le richieste “d’aiuto” da parte della sua mamma. Le telefonate sono col tempo cessate anche perchè abbiamo chiaramente fatto capire che non prestavamo “assistenza” a loro.  Ora M…..a può incontrare la sua famiglia circa un’ora al mese, in uno spazio neutro protetto, sempre in presenza di un operatore sociale (educatore e/o psicologa) . I nostri contatti si limitano ad uno scambio di saluti, giusto quell’attimo che lo accompagnamo agli incontri prefissati. Cerchiamo in ogni modo di collaborare per far star bene il bambino, ma mantenendo le dovute distanze.

Come ha reagito all’adozione il ragazzo nella vostra famiglia?

M…..a è un vulcano di curiosità, vorace di abbracci e baci. Ha oltrepassato senza timore il confine di riservatezza della nostra famiglia, ci ha chiamati immediatamente “mamma” e “papà” lasciandoci di stucco. Era felice di avere un letto tutto suo e uno spazzolino da denti. Ha digerito con difficoltà alcune regole di casa nostra (es: stare seduti a tavola a mangiare, rispettare spazi degli altri), mentre altre le ha considerate piacevolmente (es. scambiarci un bacio x salutarci, anche se siamo arrabbiati). Il suo spirito di “sopravvivenza” nelle prime settimane con noi si è convertito velocemente in uno spirito di “integrazione”, ma c’è ancora molto su cui lavorare.

Pensate d’adottarlo?

Non credo sia possibile, l’adozioneè un sistema troppo complesso. Anche se ci faciliterebbe molte cose. Una banalità, ad esempio, che stiamo vivendo tuttora sono i viaggi, vacanze all’estero. Code e code interminabili tra tribunale e questura per l’autorizzazione all’accompagnamento di M….a fuori dall’Italia, e nonostante la firma consenziente dei genitori, del sindaco, di Tizio, Caio e Sempronio, non abbiamo ancora la certezza di poter partire. La richiesta di passaporto non è contemplata, perciò il pensiero, di dover fare, ogni volta, tutta sta trafila, anche solo x un weekend fuori porta italiana, ci manda fuori di testa. Per cui, chissà…con l’adozione ci potrebbe essere più libertà. Per ora ci godiamo il nostro affido con tutti i suoi limiti. Il contratto prevede due anni rinnovabili, ma se dovesse dipendere solo da noi,  lo rinnoveremmo finchè M….a potrà decidere autonomamente  dove andare, con chi stare e cosa fare.

Per imposizione di riservatezza i coniugi  R. ci hanno chiesto di non inserire i loro nomi e visi .

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