Le perdite del calcio e i costi dei tifosi
Il presidente della Virtus Entella denuncia le perdite del sistema calcio italiano, i cui costi ricadono sui tifosi.
Roma, 3 novembre 2025 – In una bella intervista rilasciata a “Il Secolo XIX” di Genova da Antonio Gozzi, presidente della Virtus Entella, emerge tutta la difficoltà di sopravvivere del nostro calcio.
Che sta in piedi soprattutto grazie ai soldi dei tifosi, ormai considerati più come clienti da spennare che come appassionati e fedeli sostenitori dei propri club, sempre più spesso posseduti da multinazionali lontane anni luce dalle tradizioni e dai riti del mondo del pallone nostrano.
Gli abbonamenti alle Tv a pagamento che trasmettono tutto il calcio lievitano ogni anno, arrivando a costare, tutti insieme, anche 100 Euro al mese.
Perché oggi, se un appassionato vuole vedere tutte le partite che vengono teletrasmesse, deve abbonarsi almeno a tre Tv differenti. Se basta…
Per non parlare dei costi di una maglia della propria squadra (da 100 in su) o di ogni altro oggetto che fa parte della linea sportiva di un club.
Se alle società calcistiche togli i proventi dei diritti Tv il fallimento è sicuro, come sottolinea Gozzi:
“In Serie A club come il Genoa e potenzialmente anche la Sampdoria possono prendere 40 milioni di euro dai diritti tv. Poi c’è anche chi è bravo a far quadrare le cose come i De Laurentiis e i Percassi”.
La situazione, dunque, è drammatica, come denuncia ancora il presidente dell’Entella:
“Il nostro calcio, tra Serie A e B, ha perso 5 miliardi di euro negli ultimi 5 anni. Basti pensare che la serie B perde 200 milioni a stagione, in media 10 milioni per club. Ma c’è chi ne perde anche 15!”
E ancora: “Così non si può andare avanti, non regge. Bisogna capire come rendere sostenibile questo modello di calcio, perché da noi ce ne è uno che va sempre più verso la dimensione europea, con cinque o sei società italiane mentre il resto appartiene a un altro mondo, che regala spettacolo a suo modo”.
Gozzi suggerisce qualche soluzione: “Serie A e B a 18 squadre e Serie C a 40. Salary cap, cioè riduzione degli ingaggi, che sono troppo alti. Settori giovanili in B e C. Giovani in campo come obbligo remunerato”.




