Racconti di sport

Scopigno, il “filosofo” del nostro calcio

Il suo legame con Rieti, lo scudetto del ’70 alla guida del Cagliari, Riva subito dopo Pelé e Cruijff.

Roma, 1 ottobre 2025 – La favola del Cagliari Campione d’Italia nel 1970 è sempre bella da andare a rileggere e raccontare, così come quella del suo allenatore, Manlio Scopigno.

Scopigno era nato a Paularo, in Friuli, il 20 novembre del 1925 ma poi era cresciuto a Rieti, dove si era trasferito con la famiglia dopo che il padre, di origini reatine e di professione guardia forestale, era stato mandato a lavorare lì.

A Rieti si affeziona e la cittadina resterà sempre un punto fermo della sua vita.

Qui conosce la sua futura moglie Angela, qui morrà il 25 settembre del 1993.

In un’intervista da lui rilasciata al giornalista Franco Melli del Corriere della Sera nel giugno del 1979, nove anni dopo quell’impresa, raccontò di se stesso e del suo Cagliari Campione.

A cominciare da quel soprannome, “il filosofo”, che gli avevano dato perché in gioventù si era diviso tra gli studi di Filosofia e il calcio, che poi ebbe la meglio.

“Devo ringraziare Monzeglio che mi ha rovinato la carriera di terzino, in questo modo mi ha arricchito – dice Scopigno poi sono diventato il filosofo degli stadi di calcio, anche se all’Università su Kant ed Hegel ero una frana. In panchina sono durato venti anni, dal 1956 al 1976. E’ stata una meravigliosa parentesi”.

Su quale fosse il segreto del suo Cagliari Campione d’Italia rispose:

“Non c’erano dirigenti in mezzo ai piedi. O meglio c’erano, ma era come se non ci fossero e la squadra poteva stare tranquilla. Anche se per me il Cagliari ha giocato il miglior calcio della sua storia nell’annata precedente,1968/69. Va comunque detto che abbiamo fatto cinque/sei anni ad alti livelli.

Lo scudetto è stato un capolavoro di tutti, la dimostrazione che nel calcio esiste il miracolo.

Non abbiamo avuto protezioni. Lo abbiamo vinto con una squadra di scarti: Albertosi e Brugnera cacciati dalla Fiorentina, Cera cacciato dal Verona. E’ stata un’annata trionfale.

Certo, una mossa mia riuscita è stata trasformare Cera in libero, ma la mia più grande invenzione è stata un’altra: abolire i ritiri. Pensate quanti soldi ho fatto risparmiare alla società.

La mia più grande soddisfazione invece è stata portare sei miei giocatori in Nazionale ai Mondiali del Messico” .

Alla domanda sulle critiche che gli facevano i suoi detrattori, che lo chiamavano nottambulo, sfaticato, intruso nel sistema calcio, risponde:

“Io non sono mai andato in giro a sbandierare i miei sistemi di preparazione. Non frega niente a nessuno. Il terzino d’attacco l’ho portato io al Vicenza.

Col professor Garulli ho introdotto i pesi e l’interval-training. Il record dei gol di un terzino è di Eraldo Mancin col mio Cagliari contro il Verona: tripletta.

Ho lavorato come una bestia fino al 1970 e quell’anno ho vinto lo Scudetto a Cagliari ed è stato come se l’avessi vinto sulla Luna. Ho chiuso nel 1970: a Vienna si era spezzato Riva, serviva a niente insistere senza di lui. Gigi Riva è stato il più grande dopo Pelè e Cruijff”.

Manlio Scopigno, il “filosofo”.

Il condottiero della squadra che fece l’impresa.

Uno dei grandi allenatori del nostro calcio, di quelli che, pensiamo, si troverebbe molto a disagio nell’effimero football dei giorni nostri.

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