Racconti di sport

Quando l’URSS a Messico ’70…

Lo stratagemma (fallito) dell'Unione Sovietica

Roma, 15 ottobre 2025 – Mondiali di Messico 1970, gara inaugurale tra i padroni di casa e l’Unione Sovietica allo Stadio Atzeca di Città del Messico.

È il 31 maggio, si gioca a mezzogiorno, il sole batte forte e il caldo è asfissiante.

Il Messico scende in campo con la sua classica maglietta verde con bordi tricolori, l’Unione Sovietica con la sua altrettanto classica maglia rossa con la scritta CCCP sul petto.

Sugli spalti ci sono 107.000 spettatori, che si godono la cerimonia di apertura del primo Mondiale di calcio in cui gli arbitri useranno i cartellini gialli e rossi per le ammonizioni e le espulsioni.

La cerimonia è lunga e le due squadre, schierate in campo come sempre avviene nel pre-partita, devono sopportare una mezzora di strette di mano prima di dare il calcio d’inizio.

Rituale che avviene mentre tanti palloncini multicolori volano dagli spalti dello stadio al cielo.

Per evitare ai suoi calciatori di stare sotto al sole battente ed arrivare al fischio iniziale dell’arbitro tedesco Tscher stremati dal caldo e dal sudore l’URSS studia una stratagemma.

Manda in campo le riserve per tutta la durata del cerimoniale, tenendo i titolari, che poi giocheranno, al riparo degli spogliatoi, pronti a sostituire i compagni a strette di mano concluse.

La genialata, però, non sortisce alcun effetto, perché la partita finisce 0-0.

L’URSS e il Messico si qualificheranno ai quarti rispettivamente come prima e seconda del gruppo A.

Qui saranno eliminate dall’Uruguay e dall’Italia, che nella semifinale batterà la Germania Ovest col famoso 4-3 ai supplementari per poi perdere la finale contro il Brasile.

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