Racconti di sport

Il dramma di Fabio Casartelli.

Tragedia al Tour 1995. Muore l'olimpionico di Barcellona 1992.

Roma, 18 luglio 2025.

 

Si fa sempre fatica a ricordare stagioni particolarmente calde o fredde rispetto al tempo che si vive al momento e l’estate del 1995 non fa assolutamente differenza.

Soprattutto nello svolgimento del Tour de France e soprattutto quando si approcciano i Pirenei, da sempre teatro di mitiche scalate a temperature pazzesche.

Il 18 luglio 1995, trent’anni fa, è un martedì torrido ed il Tour riparte per la 15° tappa, dopo il giorno di riposo, con Miguel Indurain saldamente maglia gialla dopo averla conquistata in una maxi-crono di 54 km., all’ottava frazione.

All’epoca gli organizzatori confezionano delle lunghe crono ed il navarro Indurain ci costruisce i suoi 5 successi consecutivi in giallo dal 1991 al 1995.

Parecchi interpreti di rilievo, nell’occasione, con Cipollini e Pantani, vincitori di due tappe a testa, insieme ad altri campioni come Zabel, Jalabert, Zulle ed un giovane Lance Armstrong campione del mondo nel 1993.

Proprio nella squadra di Armstrong, la statunitense Motorola, c’è Fabio Casartelli oro olimpico tre anni prima a Barcellona nella prova su strada.

Casartelli, comasco non ancora ventiduenne, trionfa a Barcellona con una grande volata sfruttando l’ottimo lavoro della squadra italiana che al solito tatticamente non ha rivali.

Tre anni dopo, poco prima del compimento del suo 25° compleanno, Casartelli, come detto è in forza alla Motorola, partecipa al suo secondo Tour de France.

Il suo ruolo è di gregario di lusso, al servizio del capitano Armstrong, con licenza di poter partecipare e competere in corse di un giorno facendo valere le sue buone qualità di sprinter.

La 15° frazione, del Tour edizione 82, entra nel vivo sui Pirenei, partenza da Saint-Girons ed arrivo a Cauterets, il classico “tappone” con attraversamento di mitiche cime come il Peyresourde, l’Aspin e il leggendario Tourmalet.

Lo spagnolo Indurain deve gestire un buon vantaggio in classifica ma il pericolo è dietro l’angolo, con gli scalatori che cercano gloria appena la strada s’impenna.

Il primo scollinamento, dal Colle di Portet-d’Aspet, vede il gruppo dei corridori che scende a circa 80 km/h e un primo incidente ad un ciclista finito in una scarpata innesca una caduta collettiva.

Tra i tanti Fabio Casartelli ha la peggio perché ad una curva perde il controllo della bici e va a sbattere violentemente la testa contro uno dei paracarri squadrati che delimitano il bordo della strada.

Casartelli è senza casco e rimane esanime a terra con la testa ripiegata in una pozza di sangue.

Adriano De Zan e Vittorio Adorni commentano in diretta per la Rai le fasi della corsa e qualche minuto dopo l’incidente le loro voci hanno una cadenza sincopata, come dei balbettii.

Tradiscono l’emozione della tragedia, si percepiscono singhiozzi strozzati, ma con alto senso della professione non abbandonano il microfono, cercando coraggiosamente di dare un messaggio di speranza per chi ascolta da casa.

Il ciclismo è un piccolo mondo dove, come nei vecchi borghi, tutti sono parenti e se c’è un lutto, è un lutto per tutti.

Una caduta come tante con alcuni ciclisti appena sbucciati e la testa di Casartelli spaccata contro un blocco di granito.

Polemiche, dibattiti, rimpianti, ipocrisie, ma connaturato al ciclismo c’è, da sempre, una dose di rischio.

Tra le tante stucchevoli ipocrisie di quel giorno l’esultanza smodata di Virenque, idolo di casa, vincitore di tappa e titolare della maglia a pois quale miglior scalatore.

Giusto che l’evento agonistico si compia ma dato per buono che lo scalatore francese non sapesse, o non fosse stato avvisato, della tragedia di Casartelli una scena di troppo c’è stata.

La premiazione: grottesca, imperdonabile, offensiva, con Virenque, esultante neanche avesse conquistato la maglia gialla, ossequiato dalle smancerie delle miss.

Una vergogna che dopo trent’anni non abbiamo dimenticato.

 

FOTO:  Ciclismo  La provincia di Como.

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