Racconti di sport

Felice Gimondi vince il Tour 1965.

Strepitosa vittoria del bergamasco nella Grande Boucle.

Roma, 14 luglio 2025.

 

Il 14 luglio è per i francesi festa nazionale, “La giornata della Bastiglia”, che commemora la presa della Bastiglia del 14 luglio 1789, un evento chiave della storia transalpina che ha segnato la Rivoluzione francese.

Ma dal 14 luglio 1965, sessant’anni fa, è un po’ meno una festa francese bensì è una festa italiana per il trionfo di Felice Gimondi alla 52° edizione del Tour de France.

Curioso il ripetersi di un successo, proprio nello stesso giorno del 14 luglio, avvenuto l’anno precedente quando Gimondi vinse, da dilettante, il Tour de l’Avenir 1964.

Gimondi, 22 anni, al suo primo anno da professionista arriva terzo al Giro d’Italia, vinto dal suo capitano Vittorio Adorni, e pensa di poter completare la stagione continuando a fare esperienza in altre corse.

Luciano Pezzi, direttore sportivo della Salvarani, romagnolo verace, profondo conoscitore oltre che dell’animo umano anche di talenti sportivi, crede però che la condizione del giovane Gimondi debba essere ulteriormente sfruttata.

Contrariamente al piano iniziale che prevede un’esperienza graduale del giovanotto, Pezzi vede che Gimondi sprizza salute e forma fisica da tutti i pori e lo inserisce nella squadra in partenza per il Tour.

<Vai a farti un po’ d’esperienza, sostieni il nostro capitano Adorni e senza impegni particolari conosci meglio gli avversari. E’ tutto fieno in cascina per il prosieguo della carriera>, sentenzia Pezzi.

Felice fa finta di nulla ma in cuor suo non sta nella pelle ed il 22 giugno parte da Colonia per la grande avventura.

L’ordine generale è quello di stare al coperto il più possibile, specialmente nelle prime frazioni tradizionalmente infide sulle strade del Tour.

Talmente al coperto che già alla terza tappa Gimondi scatena la sua potenza aggredendo con ferocia il pavè con approdo a Roubaix e solo l’inesperienza gli vieta la vittoria di tappa e la vestizione della maglia gialla.

Pezzi davanti ai giornalisti fa il pompiere, coprendo il giovanotto che “sta correndo per fare esperienza, in totale appoggio al capitano Adorni”.   

Il giorno dopo la corsa arriva nella splendida Rouen, la città del grande Anquetil, per una cavalcata di 240 km. ed un epilogo che sembra tagliato per i velocisti.

Sembra, perché ad una decina di chilometri dall’arrivo Gimondi risponde ad un attacco di un terzetto, ingobbendosi sulla bicicletta per uno spettacolo di potenza assoluto.

Darrigade, vecchia volpe e sprinter favorito nell’occasione, si sfianca inutilmente per star dietro a Gimondi che vince di forza e conquista la maglia gialla, oltre che la verde.

Saranno diciotto le giornate in giallo per Felice che supererà alcuni momenti critici per contenere gli attacchi di Poulidor, idolo di casa, di Motta ed altri cacciatori di teste.

Tre tappe vinte, con i capolavori delle due crono, rispettivamente la cronoscalata con arrivo sul Mont Revard di 27 km. e la Versailles-Parigi di 37 km., per un vantaggio finale di 2’40’’ su Poulidor e 9’18’’ su Motta. 

Credo sia il massimo profanare in terra di Francia, per ben due anni di seguito, la festa nazionale, “La giornata della Bastiglia”, con un successo di un italiano, un italien.

Viene a proposito la citazione che Paolo Conte fece nel 1979 quando incise la canzone “Bartali”: < …tra i francesi che s’incazzano, che le balle ancora gli girano>.

Come fu per Bartali, che nel 1948 vinse un Tour avvelenato nel fresco ricordo di una guerra appena cessata, anche il trionfo di Felice Gimondi rimane scolpito nella nostra memoria.

  

FOTO:  Archivio personale.

 

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