Roma, 13 ottobre 2025.
Facciamo uno strappo alla nostra regola, tradizione, di ricordare compleanni, ricorrenze, tondi perché il 13 ottobre 1963, sessantadue anni fa, è successo qualcosa di particolare.
Siamo a Mosca, nel monumentale stadio Lenin davanti a centomila spettatori, dove il clima non è proprio paragonabile ad un’ottobrata romana, e alle ore 14, le ore 12 in Italia, si gioca l’incontro di calcio di qualificazione per il Campionato d’Europa per Nazioni tra l’Urss e la Nazionale italiana.
Gli Azzurri, sotto la guida di Edmondo Fabbri, stanno cercando di rifarsi una credibilità internazionale dopo partecipazioni fallimentari ai mondiali del 1950, 1954, 1962, con addirittura l’onta di una mancata qualificazione al torneo del 1958.
E’ una Nazionale che come giovani emergenti vanta la presenza di Facchetti, Mazzola, Bulgarelli, del ventenne Rivera e si gioca l’ottavo di finale contro la nazionale sovietica, prima vincitrice della manifestazione nata nel 1960.
E’ la prima volta che l’Italia affronta l’Urss e la gara si presenta subito ruvida con l’arbitro polacco Banasivk fin troppo permissivo nei confronti dei padroni di casa.
La formazione che Fabbri schiera presenta in attacco, dal numero sette al numero undici, come si snocciolava un tempo, tre registi-rifinitori e due punte: <Bulgarelli, Corso, Sormani, Rivera, Pascutti>.
Impensabile ai giorni nostri uno schieramento del genere…
Al 22’ il poderoso centrattacco Ponedelnik trafigge il nostro portiere Negri ed un minuto dopo gli Azzurri si riversano nella metà campo sovietica nel tentativo di ristabilire la parità.
La nostra ala sinistra Ezio Pascutti s’invola verso l’area di rigore avversaria e viene falciato da dietro dal rude terzino Dubinsky.
L’introduzione dei cartellini gialli e rossi è di là da venire, ma trasferendolo ad oggi rosso sicuro.
Pascutti si rialza di scatto e smoccolando si rivolge a Dubinsky mostrandogli il pugno, ma senza minimamente toccarlo.
Il terzino sovietico si porta le mani in faccia e cade in terra come fulminato ed il pavido arbitro polacco espelle Pascutti tra lo stupore generale e la disperazione del nostro giocatore.
Sorvoliamo sul concetto di leale comportamento, l’intimidazione dei difensori di casa aggiunge un’ulteriore perla per un intervento, sempre dell’ineffabile Dubinsky, nei confronti di Sormani costretto a giocare con un passamontagna, a protezione di una bendatura, per una profonda ferita al cuoio capelluto.
Pascutti, dopo quell’episodio, subisce una vera e propria persecuzione venendo additato come “quello dal pugno facile” e come unico paravento della sconfitta finale per 2-0.
L’Italia non riesce a ribaltare, un mese dopo, la qualificazione e viene eliminata.
Ezio Pascutti ad ogni trasferta del Bologna viene travolto da bordate d’insulti e fischi, nella migliore tradizione italica alla ricerca sempre di un capro espiatorio.
Un singolare destino che lo accomunerà, undici anni dopo, al centrattacco della Lazio Giorgio Chinaglia, perseguitato da fischi ed improperi, all’indomani del fallimento della Nazionale italiana ai mondiali di calcio del 1974.
Pascutti, in quella stagione ‘63/’64, si consola abbondantemente togliendosi una grande soddisfazione vincendo lo scudetto numero sette del Bologna, allenato da Fulvio Bernardini.
La prosa dell’epoca declama: “lo squadrone che tremare il mondo fa” e dove così “si gioca solo in paradiso”.
Ezio Pascutti, friulano del 1937, gioca nel Bologna tredici anni con un bottino di 130 reti una delle quali, nel dicembre 1966, rimasta storica in un Bologna-Inter.
E’ una gara importante del torneo ‘66/’67 per la conquista dello scudetto e Pascutti, allo stadio Dall’Ara, dopo neanche dieci minuti, porta in vantaggio i felsinei con uno straordinario colpo di testa in tuffo raccogliendo un cross dalla destra con Tarcisio Burgnich allungato al suo fianco come fossero su un tappeto volante.
Un’ ala sinistra atipica il cui palmares recita più goals di Mazzola, Rivera, Bettega, con un feeling speciale con i bolognesi e che ha pagato oltremodo per un episodio controverso.
FOTO: Ezio Pascutti 1963/1964 Vikipedia