Dal gruppo classe al bullismo
 Vè qualcosa di perverso nel modo in cui i politici discettano di
Vè qualcosa di perverso nel modo in cui i politici discettano di
 formazione scolastica. Nascondono il fatto che ciò che oggi
 suscita il loro (ipocrita) scalpore è il portato diretto dei loro
 provvedimenti, delle loro ideologie “sessantottine”.   Alloraintrodussero il concetto di “gruppo classe”: l’idea che dello studio
 dovesse rispondere non il singolo, responsabile delle sue
 azioni, ma il “gruppo”. 
 E da allora diffusero l’idea dell”‘esame di
 gruppo”, in cui si poteva “superare la prova” coperti dall’arroganza
 di un “capataz”. Spirito gregario e “ignoranza beota” si
 fusero così nello strappare un risultato “immeritato”, senza
 impegno personale, che dava l’illusorio “vantaggio sociale” di
 superare gli esami senza fatica.
 La morte della Scuola/Università fu l’ovvio portato politico dello snaturamento
 dello studio, dell’idea che non il “singolo” dovesse rispondere
 dei suoi atti ma la “società”: perversa ideologia cattocomunista con cui
 i peggiori negligenti, o delinquenti, vennero “puliti” delle proprie colpe
 o nefandezze e infilati nel circuito assolutorio del “disagio sociale”.
 Colpe e crimini personali da allora sono visti “sinistramente” come epifenomeni
 del “disagio sociale”. 
 Ecco le basi su cui poggiò don Milani
 (crisma dei Sessantottini), che stese una cappa di piombo e di stoltezza
 sulla Scuola, l’educazione, e sul processo di formazione della coscienza,
 dell’etica e della cultura. Da lì deriva tuttora il “promozionismo” come
 “diritto politico”, ovvero la subordinazione della promozione al “disagio
 sociale” o (sic) “scolastico” o al “gruppo classe”. Tutto, fuorché lo studio.
 Da allora i Decreti Delegati (’74) hanno ridotto la Scuola a luogo
 d’assalto della Partitocrazia ed iniziato a produrre lo scempio educativo
 attuale. 
 Con sindacalisti farabutti e genitori imbolsiti (tanto più violenti
 quanto più somari) scesi in campo a difesa dei “diritti” contro la Scuola
 e i professori, rei d’essere antisociali, iniqui, pretenziosi. 
 Essi sono stati i fautori del “gruppo classe”, della “promozione di diritto” anziché per
 merito e impegno. Essi hanno distrutto il senso di responsabilità e
 fomentato la gregarizzazione coartata dal mastice degli slogan. 
 E’ psicologicamente naturale che da tale processo siano sorti individui più
 acritici, riottosi, vuoti, egoisti, tesi a rifiutare il dovere, a paventare i più
 forti (pavidità gregaria) e a vessare i più deboli: violenza di “gruppo”;
 cioè il Branco e il Bullo. 
 Così (in testa gli USA, ma nessuno ha colto la
 lezione) sono nati i “gruppi” e i “bulli”, artefici delle più turpi azioni
 contro le persone pacifiche, indifese, deboli. Così è cresciuto oggi il
 “sonno della ragione che genera mostri”, un “iper-romantici-smo” politico
 medievale (ne è prova il ritorno ai “dialetti”, al Leghismo, ai “riti
 medievali”), volto all’occultamento della realtà e avvolto nella stoltezza
 sinistres di etichettare ogni atto antisociale come “disagio”; con ciò
 accrescendo viepiù il senso d’irresponsabilità e di onnipotenza degli
 aguzzini. 
 Quanto più privato del senso di responsabilità, tanto più si è
 forgiato (“a tavolino”) un individuo carico di uno smisurato senso di
 onnipotenza. Equazione ineluttabile. Si è nascosto, in questa “catastrofe
 educativa”, che senza “sapere”, obbligo d’impegno personale e rispetto
 degli altri, ogni possibile violenza sarebbe sorta e si sarebbe tradotta da
 adulta in delinquenza senza confini. 
 Ripudiata la lezione di Salvemini e Gentile, sul valore educativo unico, emancipante del dovere e della selezione
 per merito, si è ridotta la Scuola a formare individui multiuso: o
 svuotati o “politically correct”. 
 Cosicché, da ultimo, il ’68 e la
 Partitocrazia producono la svendita della Scuola al “mercato”, alla “concorrenza”.
 Ma con la “concorrenza” la Scuola muore. La Scuola vive
 sullemulazione.
 
				
