Un quadrifoglio di eccellenze

Accademia di Santa Cecilia – Inaugurazione della stagione sinfonica alla presenza del Capo dello Stato

Roma – Alla presenza del Capo dello Stato si è inaugurata  la stagione concertistica dell’Accademia di Santa Cecilia, anche quest’anno punta di diamante di una programmazione ricchissima firmata da Bruno Cagli, la cui infaticabile opera a favore dell’Istituzione che presiede, e dunque della cultura musicale,   è certamente  una delle eccellenze italiane. Come di consueto il programma prescelto  tende a fare una sorta di esposizione generale dei pregi dell’Accademia presentando in un contesto unico le varie compagini, l’orchestra con il suo direttore stabile, sir Antonio Pappano, che tanto ha operato nel senso della internazionalizzazione della nostra più importante formazione sinfonica, e i due Cori, quello dei cantanti adulti e il Coro dei  Bambini, entrambi educati dal prestigioso maestro Ciro Visco. Proprio Pappano, rivolgendosi al pubblico all’inizio del concerto, lo  ha voluto ringraziare con grazia ed entusiasmo per la «lealtà, fedeltà e fiducia» dimostrate negli anni.

Ed eccoci alla musica iniziale, nel dominio spettacolare e travolgente di un sabba con diavoloni che si rincorrono indomiti richiamati da streghe sapienti.

Nella versione per basso, coro, coro di voci bianche e orchestra viene proposta, infatti, una delle più affascinanti pagine di Modest Musorgskij, “Una notte sul Monte Calvo”. E la notte è quella di San Giovanni. Il brano doveva   confluire nell’opera collettiva “Mlada”, affidata a tre dei musicisti del cosiddetto “gruppo dei Cinque”, ovvero di artisti che si rifacevano ad una ispirazione nazionalista e popolareggiante della musica russa. Per “La Notte “ erano stati chiamati in causa Cui, Borodin e Rimskij-Korsakov. Il progetto non decollò e il brano fu collocato come intermezzo in un’altra opera “La fiera di Soročinski”, anch’essa rimasta incompiuta. Anche questo lavoro venne ritoccato nella orchestrazione con rigido accademismo da Rimskij-Korsakov e così andò avanti nel suo percorso internazionale fino al 1930 quando  Vissarion Shebalin ne curò una versione più aderente allo spirito della partitura  originale, alla sua concezione armonica, al recupero delle componenti popolari e folkloriche fittamente intessute e indispensabili sorgenti per l’ispirazione di Musorgskij.

Ecco dunque l’orchestra al gran completo e questi due magnifici cori, due grandi masse sonore in competizione con grande abilità e spolvero si direbbe per esaltare la complessa scrittura di Musorgskij, e riproporla al pubblico assieme al bel basso bulgaro Deyan Vatchkov, che ha voce, temperamento e presenza scenica per il cimento. Inevitabile, dopo tanto suono che come una scossa energetica raggiungesse il pubblico, che si è preparato al secondo momento, il più atteso, quello che vede sul palcoscenico un solista d’eccezione, cesellatore straordinario di note, come Evgeny Kissin, nel confronto con una pagina pianistica adorata dal pubblico, il celebre Rach-2, come viene chiamato, ovvero il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov, talmente amato e saccheggiato da essere scelto come colonna sonora per celebri  film come “Breve incontro” di David Lean con  Trevor Howard, da essere presente nel film “Quando la moglie è in vacanza” con Marylin Monroe,  e da tanti altri come il recente “Hereafter” (2010) di Clint Eastwood e ancora fino a diventare la sigla di “La storia siamo noi”, programma di Rai Storia. Inoltre, un suo tema con l’aggiunta di un testo poetico è stato cantato da Frank Sinatra con il titolo “Full moon and empty arms”.

Ebbene  Kissin ha potuto liberamente sfoderare le sue  eccelse doti interpretative e la tecnica straordinaria  particolarmente congeniali a raccontare il mondo poetico-musicale di Rachmaninov, dove il virtuosismo a volte esasperato richiesto al solista è al servizio  di un suono struggente e intenso, che esalti le infinite sfumature della  tavolozza del compositore russo, dai grandi arpeggi, alla dimensione del suono, ai raddoppi continui, che Sir Antony Pappano, che ha stabilito un’intesa perfetta con Kissin,  che dirigeva per la prima volta, ha letto senza l’eccesso di sentimentalismo un po’ dolciastro, anzi con un lirismo contenuto, intimo, non ignorando  gli echi della  tradizione romantica (chopiniana e lisztiana), che si odono nel primo e nel terzo movimento né le memorie vibranti di Ciaikovskij. I due artisti , festeggiatissimi da una platea assolutamente esaurita in ogni ordine di posti, sono tornati diverse volte alla ribalta e Kissin ha regalato al pubblico due graditissimi bis.

La seconda parte del programma, anche in omaggio ai centocinquanta anni dalla nascita, è stata impegnata nella monumentale, maestosa “Eine Alpensinfonie” di Richard Strauss, presente spesso nella sua qualità di direttore d’orchestra nelle stagioni dell’Accademia.

La “Sinfonia delle Alpi” è un poderoso poema sinfonico che vuole esaltare il senso del confronto e della fascinazione che la Natura opera sull’uomo in ascesa verso le vette, con il suo sentimento tutto umano di paura e sfida, come anche di gioia quando le tappe sono state raggiunte e con esse si può assaporare la vittoria sulle difficoltà. L’opera, abbozzata nel 19o2 e completata tredici anni dopo, doveva intitolarsi “L’Anticristo” poi al suo autore parve più congeniale raccontare ( ed è questo il senso del Poema Sinfonico: raccontare con le note) attraverso  un arco temporale di 24 ore (dalla notte alla notte), una lunga escursione in montagna, nelle Alpi bavaresi,  risalente all’adolescenza.

Grande orchestratore, in grado di prevedere e orientare il successo di un’opera in virtù della propria professione di direttore d’orchestra, Strauss seppe costruire con questo lavoro straordinario anche in quanto a dimensioni  (oltre 50 minuti ), un unicum dove le sezioni episodiche si susseguono senza soluzione di continuità, dove dal tessuto organico emergono  suoni onomatopeici, come il tintinnio di campanacci, le urla acutissime dei violini, lo stridere di ottoni,  l’utilizzo massiccio  di macchine del vento e del tuono, il tutto all’interno di una interpretazione che dà della partitura una lettura quale solo un celebrato maestro come Pappano e un’orchestra perfetta nelle varie sezioni possono offrire.

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