Scienza

Scoperti i misteri della cromosfera solare

Importanti informazioni sulla dinamica della cromosfera, lo strato intermedio dell’atmosfera solare, sfuggite finora alle misurazioni degli astrofisici, sono state rivelate dal telescopio IRIS della NASA.

L’atmosfera del Sole ha tre strati principali: alla base si trova la fotosfera, la superficie visibile all’occhio umano. Al di sopra della fotosfera, si trovano la cromosfera, una sottile fascia spessa solo 2000 chilometri, e la regione di transizione. Quest’ultima confina con la corona, che rappresenta lo strato più esterno, senza limiti definiti, e si estende per decine di milioni di chilometri nello spazio.

La zona intermedia, costituita dalla cromosfera e dalla regione di transizione, è una zona estremamente dinamica. Dalla cromosfera per esempio hanno origine i giganteschi getti di plasma, cioè di gas ionizzato ad altissima temperatura, che prendono il nome di protuberanze solari. Nella zona di transizione, la temperatura sale rapidamente dai 100.000 gradi kelvin della fotosfera fino al milione di gradi della corona, causando la completa ionizzazione dell’elio.

Finora tuttavia non è stato possibile definire un modello dettagliato di questi processi dinamici perché questa regione di mezzo emette soprattutto luce ultravioletta visibile solo dallo spazio. Senza dettagliati dati da satellite, è virtualmente impossibile determinare in che modo le massicce quantità di energia caratteristiche del Sole sono trasportate verso gli strati superiori dell’atmosfera.

Lanciato nel giugno 2013, IRIS (Interface Region Imaging Spectrograph) è un telescopio spaziale da 20 centimetri che osserva la radiazione nel vicino e nel lontano ultravioletto, normalmente bloccata dall’atmosfera terrestre, ed effettua misurazioni spettroscopiche, consentendo di ricostruire con una risoluzione spaziale eccezionale complessi parametri fisici del plasma come la temperatura, la velocità, la turbolenza e la densità. L’analisi dei dati è stata suddivisa in cinque diversi articoli che affrontano questioni irrisolte su una delle regioni più dinamiche del Sole.

Nel primo articolo, Hui Tian dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e colleghi hanno utlizzato IRIS per osservare l’attività in buchi della corona, scoprendo che i getti ad alta energia possono contribuire, con la produzione di plasma, al vento solare, un flusso che continuamente proietta plasma e particelle dal Sole verso lo spazio. 

Nel secondo articolo
, Paola Testa dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysicse colleghi hanno analizzato i fattori che creano lunghi loop magnetici caratteristici delle regioni attive del Sole, scoprendo un ruolo per le particelle accelerate ad energie molto elevate. Il processo che accelera queste particelle è probabilmente comune in tutto l’universo.

Nel terzo articolo, Hardi Peter del MAX-Planck-Institut per la ricerca sul Sistema solare e colleghi hanno scoperto che nelle regioni più attive del Sole, dove cioè la radiazione magnetica è forte, sacche di plasma ad alta temperatura racchiuse nella fotosfera più fredda. Il contrasto di temperatura crea bombe di plasma dotate di una energia molto più elevata di quanto atteso.

Nel quarto articolo, Bart De Pontieu dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e colleghi hanno utilizzato le immagini di IRIS per scoprire diffusi moti turbolenti nella cromosfera, che forniscono nuove preziose informazioni sui getti intermittenti a piccola scala che si propagano con velocità comprese tra 80 e 250 chilometri al secondo, durano da 20 a 80 secondi e arrivano a 300 chilometri di distanza.

Nel quinto articolo, Viggo Hansteen e colleghi dell’Università di Oslo hanno scoperto brevi loop magnetici la cui esistenza è stata dibattuta per molti anni; questi loop perdono energia in molti modi inaspettati.

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