Teatro Golden – ‘Anche le formiche cadono’ con Milena Miconi e Marco Fiorini

La rifrazione magica

Roma, 16 gennaio 2019 – Un tran tran routinière, sentimenti che si sono incanalati sui solchi certi di una familiarità consolidata da diciassette anni di convivenza, una figlia
scossa dai venti rivoluzionari dell’adolescenza, che cerca nella madre quel conforto e quell’attenzione che il padre destina allo sport, un datore di lavoro vittima dell’ansia da depressione, e il mondo del lavoro variegato e imprevedibile nella sua accertata variabilità: questo è l’universo nel quale agiscono i personaggi di questa commedia dolce amara che ha per protagonista la realtà paradossale.
Siamo nel dominio di “Anche le formiche cadono”, divertente commedia scritta da Mauro Graiani e Riccardo Irrera, una pièce sottesa da vivace umorismo, di scena al Teatro Golden, che sembra confezionata su misura per l’espressività di Milena Miconi, Lucia, la protagonista, e Marco Fiorini, Renzo, il compagno e collega nella comune attività di creativi, prestati alla pubblicità, in scena con un ben coordinato e affiatato gruppo di comprimari, Stefano Antonucci, Alina Person, Andrea Alesio, Noemi Giangrande e la giovane Sofia Graiani.
La domanda che origina il racconto è parzialmente sottesa: che potrebbe accadere se si fosse portato come souvenir da un viaggio nel lontano Oriente uno specchio magico, reso irresistibile da un aneddoto che lo correda, che ha nella cornice inciso in caratteri giapponesi un motto che forse mette in funzione segrete energie, specie se ci si specchia quando in cielo risplende la luna piena che, si sa, è persino capace di sollevare nel mare le maree?
Strani e prodigiosi eventi d’improvviso si scatenano nella vita della coppia. Renzo si ritrova a tastare le tette misteriosamente comparse sul suo petto, e subito deve fare i conti con un sé straniante che vive nel corpo di Lucia, con una sensibilità a fior di pelle per certe commozioni improvvise e immotivate, Lucia adotta mimica, linguaggio e atteggiamenti mascolini, prima di rendersi conto che i pantaloni che indossa hanno un curioso ingombro e che la barba, l’altezza e tutto il resto sono proprio quelli che era abituata a vedersi di fronte, quando guardava il compagno.
Ora la verità, assurda ma non meno reale, è lampante: i due si sono scambiati di corpo, l’una vive nel corpo dell’altro, e viceversa. Difficile orientarsi con certe abitudine espressive tipiche, difficile fare i conti con gli altri , quelli che si fermano a guardare l’involucro esterno senza accedere a livelli di conoscenza più profondi.
In tutto, c’è da fare i conti con le istanze e le curiosità sessuali della figlioletta con le cuffie perennemente in testa, con il datore di lavoro, schiavo di una perfida depressione, con la coppia di nuovi munifici clienti, i titolari di una nota casa di intimo, di cui devono curare la campagna pubblicitaria, nei cui affari si mescolano in felice confusione certe tendenze e orientamenti sessuali della signora che trova il bersaglio ideale in Lucia/Renzo, mentre Renzo/Lucia ancora una volta deve constatare come la moglie e la figlia lo tengano abbondantemente all’oscuro di quanto avviene in famiglia. Ma non è finita qua, i colpi di scena si susseguono a getto continuo fino al finale sentimental/patetico, con un inatteso coup de théâtre.
Spettacolo denso di battute e assai divertente sottolineato dalla regia agile e sbarazzina di Claudio Piccolotto, ed eleganti abiti di scena.

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