Roma, 27 settembre 2025.
E’ una data storica, quella odierna, perché 80 anni fa, il 27 settembre 1945, esce in prima proiezione Roma città aperta, con la regia di Roberto Rossellini.
La pellicola apre una nuova era quella del Neorealismo, il cinema della gente, che dal 1945 fino alla fine degli anni cinquanta racconta il difficile dopoguerra italiano.
La storia racconta, nella Roma occupata dai nazisti, di vicende umane e politiche di vari personaggi incentrate nel quartiere Prenestino-Labicano.
La popolana Pina, compagna di Francesco un tipografo antifascista impegnato nella resistenza, l’ingegnere comunista Manfredi, don Pietro, parroco del quartiere, che protegge e aiuta i partigiani.
Siamo nel marzo 1944 con gli alleati che stanno risalendo la penisola ma ancora distanti da Roma dove la resistenza è attiva.
Manfredi, braccato dalla Gestapo, si rifugia da Francesco che a breve deve sposarsi con Pina, incinta di lui, che ha già un figlio, il piccolo Marcello.
Ad una ennesima retata dei tedeschi Manfredi riesce a scappare, mentre invece Francesco viene arrestato e destinato alla deportazione.
Pina, disperata, rincorre il camion che porta via Francesco, insieme ad altri sventurati, ma viene falciata barbaramente dai mitra tedeschi davanti a don Pietro ed al figlioletto Marcello.
Successivamente Francesco riesce a scappare ed insieme a Manfredi trova rifugio presso una vecchia fiamma dell’ingegnere, Marina.
Il vecchio rapporto però non riprende e in uno stato di tensione sempre maggiore Marina, nel frattempo passata al servizio della Gestapo, denuncia Manfredi che viene arrestato durante un incontro con don Pietro.
I tedeschi mettono alle strette i due per avere informazioni sui componenti della giunta partigiana, ma sia don Pietro che Manfredi non cedono.
L’ingegnere muore a seguito di numerose torture subite, mentre don Pietro viene fucilato assistito in lontananza dal piccolo Marcello insieme a tutti i ragazzi della parrocchia.
Roma città aperta è il simbolo del Neorealismo, realizzato subito dopo la liberazione della capitale in condizioni a dir poco precarie.
Girato con pochissimi soldi, su set di fortuna, Rossellini si adatta con pellicole usate e si avvale della sceneggiatura di Sergio Amidei e di un giovanissimo e magrissimo Federico Fellini.
Il film viene accolto dalla critica con freddezza in Italia, addirittura fischiato ad una ristretta presentazione prima dell’uscita ufficiale.
L’anno successivo, nel 1946, viene presentato al Festival di Cannes dove riscuote un successo inaspettato, vincendo la Palma d’oro.
Il grande regista Otto Preminger, estasiato, rivela:<La storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta>.
Come detto film-manifesto di un movimento che pone in una nuova realtà il cinema italiano, nel racconto di gente comune in lotta contro la miseria e la sopravvivenza.
Rossellini è il capostipite con ulteriori capolavori come Paisà, 1946, e Germania anno zero, 1948.
Il movimento si arricchisce di intellettuali, attori, e registi come De Sica, Visconti, De Santis, Germi e sceneggiatori come Zavattini e Amidei.
Il nostro cinema è apprezzato e riconosciuto grande all’estero, specialmente in America dove viene proiettato a New York nel febbraio 1946.
Memorabili le interpretazioni di Anna Magnani, Pina, e Aldo Fabrizi, don Pietro, ma altrettanto degni di nota anche i ruoli di Marcello Pagliero, Manfredi, Francesco Grandjacquet, Francesco, Maria Michi, Marina e Vito Annichiarico, il piccolo Marcello.
Anna Magnani, Nannarella, nel 1956 con La rosa tatuata, dall’omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams, consegue l’Oscar quale miglior attrice protagonista, prima interprete non di lingua inglese a conseguire il premio.
Il Neorealismo, attraverso l’opera di altri grandi registi come Monicelli, Comencini, Emmer, avrà poi uno sviluppo meno drammatico nelle sue storie e più orientato al rosa.
FOTO: Roma città aperta 1945 Nuovo Cinema Aquila.