Racconti di sport

Il rifiuto del “Pato”

Ubaldo Matildo "El Pato" Fillol, il portiere che si ribellò alla dittatura da Campione del Mondo con il 5 sulle spalle

Roma, 10 aprile – Il filone “Argentina 78” è una inesauribile fonte di aneddoti e racconti alla quale ci piace attingere a piene mani. Stavolta parliamo di Ubaldo Matildo Fillol, il portiere titolare dell’Albiceleste che si laureò Campione del Mondo al termine del Mundial casalingo voluto, organizzato e forse anche manipolato dalla dittatura militare che guidava il paese. Anche se su questa ultima ipotesi proprio Fillol, detto “El Pato”, ha sempre affermato che quella vittoria arrivò per merito di giocatori eccezionali (su questo ha ragione) e non dei militari. Aggiungendo che gli è sempre dispiaciuto che questi ultimi abbiano poi sfruttato quel successo per continuare a compiere i loro terribili crimini e che, ancora oggi, prova un profondo senso di disagio per i festeggiamenti nei quali fu coinvolto dopo la vittoriosa finale con l’Olanda mentre i carnefici dei dittatori continuavano a compiere le loro atrocità sugli oppositori del regime. Lo scrive nella sua biografia, uscita due anni fa e c’è da credergli, visto che sei mesi dopo quel Mondiale fu protagonista di un rifiuto che non gli è costato la vita solo perché era Ubaldo Matildo Fillol, il portiere della prima Argentina Campione del Mondo della storia, nella quale lui giocava con la maglia n.5. A quei tempi, infatti, la numerazione per le nazionali che disputavano la fase finale di un mondiale si basava sull’ordine alfabetico dei cognomi dei giocatori che la componevano e il n.1 dell’Argentina, di conseguenza, era il mitico Ardiles. Il regista di centrocampo. Così al portiere Fillol toccò il n.5 e la maglia verde che indossò in quel Mondiale con questo numero è diventata un’icona per i collezionisti argentini e non. Ma torniamo al rifiuto di cui scrivevamo prima. Fillol giocava con il River Plate di Buenos Aires e il suo contratto era in scadenza. La cifra che il River gli proponeva per rinnovarlo non gli andava bene e tentennava a firmarlo. Per questo venne convocato nell’ufficio del temibile e terribile vice ammiraglio Carlos Alberto Lacoste, che era tra i vertici della dittatura. Quest’ultimo, senza girarci troppo intorno, gli ordinò di firmare il contratto con il River, minacciandolo di farlo sparire in trenta secondi se si fosse rifiutato. Il suo atteggiamento, infatti, era considerato sovversivo, perché con esso dimostrava di ribellarsi a chi comandava e questo non era tollerato. Fillol, in pratica, era un cattivo esempio per gli argentini, che prendendo spunto dal suo rifiuto, dettato dalla giusta ambizione di far valere la proprio bravura per ottenere un contratto più ricco, avrebbero potuto imitarlo ribellandosi, di conseguenza, all’autorità dei militari. La minaccia di Lacoste, fatta nel proprio studio e con una pistola ben in vista, nell’Argentina dei desaparecidos di quel periodo avrebbe indotto chiunque ad ubbidire. Chiunque ma non Ubaldo Matildo Fillol, che rifiutò e se ne tornò a casa, quasi inconsapevole della pericolosità del gesto che aveva fatto. “Forse perché ero ancora molto giovane e perché, come i miei compagni della nazionale campione del mondo, non sapevo neanche bene quale dramma stava vivendo il nostro paese” scrive nella sua biografia. Per fortuna, poi, la minaccia non ebbe seguito, anche perché non si poteva certo far sparire il portiere che con le sue parate aveva fermato l’Olanda nella finale di Baires del ’78 risultando decisivo per il successo al pari del goleador Kempes. Ubaldo Matildo Fillol strappò un nuovo contratto con il River e giocò un altro Mondiale, quello dell’82, il suo terzo consecutivo dopo quelli del ’74 e del ’78. In quest’ultimo non scese più in campo con la maglia n.5, ma con la n.7, perché intanto, nell’ordine alfabetico dei giocatori della rosa, se ne erano aggiunti altri due prima di lui. In seguito è andato a giocate in Brasile con il Flamengo, in Spagna con l’Atletico Madrid e ha smesso a quaranta anni. Non ha disputato i Mondiali dell’86, nei quali Maradona trascinò l’Argentina per la seconda volta al titolo, perché il Ct Bilardo gli preferì un altro. Ma nelle qualificazioni, nel corso della sua ultima partita in nazionale, contro il Perù, fece una parata eccezionale su Uribe (che i tifosi del Cagliari sulla cinquantina dovrebbero ricordare bene ) che regalò l’accesso al Mondiale alla sua Argentina. Se quel pallone fosse entrato quest’ultima non si sarebbe qualificata e non avremmo assistito al trionfo di Maradona e soci. Tutto questo è stato Ubaldo Matildo Fillol, che ancora oggi è considerato il miglior portiere argentino di sempre.

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