Auditorio Pio – Battesimo dell’Orchestra “Franco Ferrara”.

Donato Renzetti nel nome del Maestro

Roma, 4 maggio – L’emozione di una nascita alla cultura, al pubblico romano, uno spiraglio di luce nelle brume che inghiottono da qualche tempo il mondo della musica: ecco cosa ha significato il battesimo della nuova formazione orchestrale dedicata a Franco Ferrara. 

Nata nove anni fa all’interno del Conservatorio “Santa Cecilia” per le esigenze della classe di direzione d’orchestra, la nuova formazione si è presentata per la prima volta al giudizio del pubblico, per essere battezzata all’Auditorio Pio da Donato Renzetti, uno dei molti allievi di Ferrara, che arrivò ad avviare nel mondo del suono oltre cinque mila studenti, molti dei quali divenuti grandi interpreti anche a livello internazionale e tutti, più o meno, rimasti legati alla memoria di un maestro che sapeva donare il frutto del proprio talento più alto proprio nella sua qualità di discente.

Franco Ferrara, infatti, non aveva un buon rapporto con il podio, anzi, forse a causa di una indomabile timidezza,  preferiva evitare le apparizioni pubbliche ma sapeva dare ai suoi allievi una grande forza espressiva.

L’Orchestra “Franco Ferrara” è composta da alcuni dei migliori diplomati degli ultimi anni del Conservatorio, da professori provenienti dall’Orchestra Regionale del Lazio, investita dalla bufera che si è abbattuta sulla musica e smobilitata ormai da diversi anni, e da alcuni allievi iscritti agli ultimi anni di corso. Obiettivo principale, soprattutto per questi ultimi,  è quello di offrire la possibilità di svolgere un’attività professionale che li avvii ad un’alta specializzazione.

Sotto la guida del M° Dario Lucantoni, questa formazione orchestrale ha pian piano acquisito valore,  raggiungendo facilità di lettura, disciplina, identità di suono d’insieme, persino postura degli archi, mentre si va lavorando per l’acquisizione del repertorio di difficoltà crescente in modo da fare di questo insieme una vera e propria orchestra con specifica identità e suono.

Per la prima volta in pubblico, l’Orchestra si è cimentata in pagine notissime e care al pubblico come l’Ouverture-fantasia “Romeo e Giulietta” di Ciaikoskij, una pagina del 1869, rivista poi a lungo, che sembra sia stata ispirata dal compositore Milij Balakirev, che fu eseguita per la prima volta con grande successo a Mosca il 4 marzo del 1870. L’Ouverture-fantasia sembra seguire il tracciato che rende così amato il compositore, alternando come fa pagine ricche di conflitti drammatici, a momenti febbrili e parossistici e ad altri in cui viene illuminata la figura di Giulietta e la melodia si tinge allora di pennellate di dolcezza e di leggiadria. Nel contrasto fra l’amore purissimo dei due adolescenti e le rivalità delle loro famiglia si generano  momenti di violenza in un continuo alternarsi di chiari e scuri fino alla clausola dove tutto si placa nell’eternità immota della morte.

La seconda tappa musicale proposta è rappresentata dalle Danze Polovesiane, tratte da “Il principe Igor” di Alexandr Borodin, curiosa figura di musicista intrappolato nella professione di chimico per accontentare le paure dei genitori. Tuttavia, egli non abbandonò mai del tutto la composizione e, sotto lo stimolo di Korsakov, aderì al ”Gruppo dei Cinque” assieme a Balakirev, Cui, Moussorgski, ovvero di quei compositori di dichiarata fede nazionalista che propugnavano un linguaggio musicale che prendesse spunto dalla tradizione anche popolare e che sapesse parlare russo, opponendosi così all’imperante moda della musica occidentale europea.  Il suo capolavoro, e la sua unica opera, “Il Principe Igor”, fu composta per quindici lunghi anni, e completata e orchestrata brillantemente da Rimskij- Korsakov e dal suo allievo Glazunov. Le Danze Polovesiane sono quelle offerte dal Khan dei tartari al giovane Igor per intrattenerlo durante la sua prigionia: noblesse oblige, si sa. Concepite per coro, possono essere eseguite anche nella versione solo sinfonica non perdendo tuttavia il fascino melodico, la grande e languida seduttività e quel colorito marcatamente orientale.

 L’ultimo momento musicale era costituito dalla celebre sinfonia n. 9 “Dal Nuovo Mondo” di Antonin Dvořák. Scritta nel periodo di residenza in America, dove il compositore studiò con particolare passione sia il canto indiano che quello introdotto dall’elemento negro, la sinfonia risente profondamente di questi amori pur senza imprestiti o  omaggi alle particolari forme musicali apprese. Tuttavia, basta lasciarsi andare all’ascolto delle ampie melodie, che non si possono non vedere le grandi praterie o ascoltare le folli corse di cavalli non sellati, così come gli inseguimenti dei pellirosse contro i coloni venuti a sconvolgere il loro universo.

Sotto la guida esperta di Renzetti, i giovani e meno giovani professori dell’Orchestra”Franco Ferrara” hanno saputo suscitare l’entusiasmo del pubblico giunto ad apprezzarli.

Dunque, a loro tutti va l’augurio di buona fortuna di “www.attualita.it”. 

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