Accademia Filarmonica Romana – Aria (Arie barocche nell’aria) di Emiliano Pellisari apre la stagione

La sconfitta della legge di gravita?

“È del poeta il fin la meraviglia…/chi non sa far stupir, vada a la striglia”, scriveva Gianbattista Marino dando vita alla poetica e all’estetica barocca. Per estensione tutto era percepito da allora alla luce del magniloquente, dell’opulenza di forme, di parole, d’arte in genere. Così anche in questo “Aria (Arie barocche nell’aria)” il nuovo spettacolo di danza acrobatica e physical theatre di Emiliano Pellisari e della sua NoGravity Dance Company, che ha aperto la stagione n. 196 dell’Accademia Filarmonica Romana al Teatro Olimpico. Una novità assoluta di un autore e di una compagnia che nel corso degli ultimi anni ha saputo conquistare uno spazio sempre più vasto nel gradimento del pubblico, in forza di spettacoli all’insegna della fantasia con originali coreografie, pensate con un’ottica che non è solo quella della danza, ma si allarga a ventaglio sulla poesia, sulla musica ed altro. Le cifre distintive di questo elegante e insolito spettacolo sono da ricercare nella sfarzosità elaborata dei costumi, nell’ eccellenza dei danzatori che, rispondendo in pieno alle ragioni del loro nome “No-gravity”, creatura di Pellisari, violano le leggi della fisica dei corpi e volteggiano in aria, leggeri e acrobatici, disegnando mondi e forme alieni, in una gioiosa contaminazione con i cantanti, scelti fra gli interpreti più prestigiosi di questo difficile repertorio, il soprano Susanne Bungaard e il sopranista Angelo Bonazzoli, anch’essi impegnati e travolti dalle invenzioni di Pellisari, che li fa interagire sul palco promiscuamente con i danzatori, così che diventano lunghe figure issate al centro, o partecipano di questa danza illusionistica, sospesa nel vuoto, facendo rivivere quel “Teatro delle meraviglie” che da solo racconta il periodo barocco e che si ritrova simboleggiato in un costume a forma di sipario teatrale in un tessuto leggerissimo bianco luminoso, sul quale torreggia la cantante, un “Theatrum Mundi” arricchito dai corpi nudi di 4 danzatori, dal volto mascherato, sculture viventi incastonate ai suoi lati che simboleggiano personaggi e allegorie legati al tema della Vanitas come la Follia, Venere, Cupido, la disperazione, il tempo, la calunnia, la frode, l’insidia e la morte. Intorn, il palcoscenico si riempie delle note di “Lagrimosa Beltà”, una ciaccona, dunque una danza, densa di simbologia allegorica di Giovanni Felice Sances, un paradosso estetico perché viene ad illustrare con la sua allegria un tema doloroso. Ma la“Lagrimosa Beltà” è anche un “carattere” riferito alla maga Armida della “Gerusalemme Liberata” del Tasso, ripresa poi da Marino nell’”Adone”. E’ l’apice di uno spettacolo in tredici scene, diviso in due parti (e la prima è certamente la più straordinaria per invenzioni e creatività) che si apre sul Prologo dall’”Orfeo” di Claudio Monteverdi, una captatio benevolentiae verso il pubblico di “incliti eroi, sangue gentil de’ regi” ad opera della stessa Musa della Musica. I versi traggono ispirazione anche dalla Commedia di Dante Alighieri, che è stata fonte di ispirazione per Pellisari in precedenti spettacoli. Nell’”Orfeo”, la cantante/Musa vola lieve e leggera come un sogno nell’aria.

Molti numeri, sempre all’insegna dell’invenzione più fantasiosa sia della dinamica dei corpi meteore nell’aria, sia dei costumi soffici e deliziosamente aerei, si ispirano alla mitologia, altri sono metafore dell’amore cortese come “La Farfalletta”, o “Il Cardellino” su musica di Vivaldi. Non manca il “Pulcinella” di Pergolesi , che racconta una delle capitali del barocco, Napoli, con la sua voglia di teatro, il San Carlo, costruito nel 1737 e subito dopo il San Carlino che ospitava Petito e Altavilla, celebri Pulcinella, che allietavano il pubblico con la faccia ingessata per rendere più spettrale la maschera nera in continua dialettica con la Morte. Pulcinella, ovvero il poliedrico simbolo partenopeo della fatica di vivere e della creatività e improvvisazione per cercare di saziare una fame endemica. Qui, lo incontriamo in un passo a due con Pimpinella, la sua innamorata.

Cinque spose avvolte in gonne lunghissime bianche virginali che si alzano oltre i limiti umani dal palcoscenico circondando lei, la sposa matura, vestita di nero, che canta “Sposa son disprezzata di Geminiano Giacomelli, aria dell’opera “la Merope”, poi ripresa da Vivaldi per “Bajazet”. (Era pratica dell’epoca appropriarsi di qualcosa che piaceva, versi o musica, e farne un proprio prodotto!).

In uno spettacolo che sposa danza e musica barocche non poteva mancare un’aria del principe dei castrati “Farinelli”, al secolo Riccardo Broschi, “Son qual nave”, interpretata da Pellisari facendo navigare in una barchetta il sopranista mentre intorno alcune agili sirene emergono con tuffi in aria dal mare tra luci guizzanti e ombre colorate. Né si poteva ignorare un brano come “Il Trillo del diavolo” di Giuseppe Tartini, di celebrate difficoltà tecnico/esecutive, dove il sogno si allarga all’orizzonte e mostra l’incontro tra chi è avidamente desideroso di conoscenza e il diavolo che può offrire chiavi alchemiche, riproducendo la stessa dicotomia tra sapere e peccato. Tra diavoloni e incubi acrobatici, il brano si avvia alla fine. Che nello spettacolo è affidata alla “Follia”, su musica di Rodrigo Martinez, tratta dal Cancionero de Palacio del 1490, un tema musicale portoghese, una danza ballata da pastori e contadini, al ritmo della quale i 6 musicisti del Roma Barocca Ensemble capeggiati da Lorenzo Tozzi escono dal sipario con costumi sfarzosamente bianchi e salutano il pubblico fra passi di danza. Dietro le quinte di questo spettacolo di teatro fantastico rinascimentale e delle invenzioni meccaniche seicentesche, elegante e complesso, c’è la maestria di Hubert Westkemper, generatore di illusioni cui dà vita, con la profonda competenza che lo qualifica come importante ingegnere del suono europeo, c’è il polacco Wieslaw Walkuski, graphic designer e illustratore di fama mondiale vincitore di numerosi e prestigiosi premi; e soprattutto c’è la stilista Daniela Piazza titolare dell’Atelier White Design di Grancona (Vicenza). Tutti insieme a dare vita alle fantasiose coreografie create da Emiliano Pellisari e dalla sua compagna Mariana Porceddu.

“Aria (arie barocche nell’aria)” si inserisce nell’ambito della rassegna “La musica da camera dal barocco al contemporaneo” sostenuta dalla Regione Lazio, Assessorato alla Cultura, Politiche giovanili. 

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