Anatomia di un omicidio.

Il tema della giustizia secondo Preminger.

Roma, 3 ottobre 2019. Uno dei film più incisivi della cinematografia statunitense, e di conseguenza mondiale, che analizza con rara acutezza il problema della giustizia è Anatomia di un omicidio (Anatomy of a Murder). Il 3 ottobre del 1959, in uscita negli Usa, il maestro Otto Preminger ci da un saggio della sua maestria confezionando una pellicola basata tutta sul gioco delle parti, tra verità ed ambiguità, in un processo che si celebra in una realtà della provincia americana, esattamente nel Michigan.

Preminger narra il dibattimento di un omicidio perpetrato da un tenente dell’esercito, reduce dalla guerra di Corea, nei confronti di un gestore di un bar che avrebbe violentato la moglie dello stesso tenente. La difesa del graduato viene accettata da un avvocato di provincia coadiuvato da una fedele segretaria e da un vecchio giurista in disarmo e per di più alcolizzato. La pubblica accusa invece è rafforzata da un valente avvocato proveniente appositamente dalla grande città.

Il film va avanti per quasi tre ore di programmazione attraverso scambi serrati tra accusa e difesa, tra testimonianze scomode e in qualche caso reticenti. Il contrasto evidenziato è proprio incentrato sui particolari scabrosi del processo, nel puritanesimo americano dell’epoca, e sulla psicologia dei vari personaggi nell’analisi del delitto. Nel 1959 Preminger mostra un coraggio non comune nel proporre un testo con un linguaggio abbastanza esplicito per riferimenti sessuali nei dialoghi, tant’è che qualche guaio con la censura si verificherà.

Coraggio, dal punto di vista cinematografico, che Preminger ha sempre manifestato nelle sue opere per la scelta di contenuti non banali come ne L’uomo dal braccio d’oro del 1955, sulla dipendenza dalla droga del protagonista, o come sarà Exodus del 1960 nel racconto della costituzione dello stato di Israele dopo l’ultimo conflitto mondiale.

Anatomia di un omicidio rappresenta uno spartiacque nella cinematografia relativamente al tema della giustizia. Il suo ritmo incalzante lo ritroveremo in molte pellicole future.

Monumentale la performance del maturo James Stewart, nel ruolo dell’avvocato difensore, ben spalleggiato da George C.Scott, accusatore; un gradino più sotto alcuni ottimi caratteristi con una provocante Lee Remick nei panni (pochi) della moglie del tenente.

Cameo di Duke Ellington, autore della colonna sonora, che in un momento di pausa del processo si esibisce al pianoforte in un motivo a quattro mani con Stewart e altra curiosità il giudice Weaver che dirime il dibattimento è interpretato da un vero avvocato, Joseph N.Welch, che a seguito della sua apprezzata interpretazione lavorò poi in programmi televisivi. Una sorta di Santi Licheri ante litteram.

 

 

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