L’11 ottobre 2025 è stata una data storica, perché ha segnato l’apice dell’escalation della guerra commerciale tra USA e Cina. Al centro di una contesa confusa e disordinata ci sono i dazi e il monopolio cinese sulle terre rare, metalli vitali che mettono a rischio l’industria automobilistica globale, compresa l’Europa: sono materiali essenziali per fare i motori delle auto elettriche, per il settore difesa (missili), per l’industria farmaceutica e per tanto altro ancora.
Scontro dazi USA-Cina: caos planetario
Ad aprile 2025 Pechino avvia le prime restrizioni sull’export delle terre rare in risposta ai dazi USA. A ottobre 2025 la Cina impone nuove e rigide restrizioni e annuncia il controllo sulle esportazioni di componenti critiche per le batterie al litio. La Cina ha anche replicato ai dazi USA sulla cantieristica navale (settore in cui Pechino è leader globale) con tariffe portuali aggiuntive dal 14 ottobre per le navi collegate agli Stati Uniti. Trump l’11 ottobre piazza un dazio aggiuntivo del 100% sui beni cinesi (oltre al 30% già in vigore) dal 1° novembre: 130% totale. The Donald mette in discussione il previsto incontro con l’omologo Xi Jinping al summit Apec in Corea del Sud (31 ottobre – 1° novembre 2025).
Le restrizioni sulle terre rare non solo continuano (con l’aggiunta di nuovi elementi come olmio ed erbio e l’estensione del controllo anche a prodotti fabbricati all’estero con materiali o tecnologie cinesi a partire dal 1∘ dicembre), ma si sono estese in modo significativo: la Cina ha annunciato così nuovi controlli e requisiti, in vigore dall’8 novembre, anche per l’esportazione di componenti e tecnologie critiche per le batterie al litio.
Ripercussioni Economiche e Impatto sull’Europa
Il giro di vite della Cina è nei confronti di tutto il mondo, anche per evitare che gli USA si riforniscano altrove. Le aziende europee si trovano costrette a inoltrare le richieste con largo anticipo a causa dei forti ritardi. Così, Bruxelles si ritrova adesso a dipendere dalla Cina per le batterie, fatte in Cina, e per le terre rare, su cui il Dragone ha il monopolio mondiale. Pare sempre più difficile arrivare al ban termico UE 2035 voluto dalla Germania col Green Deal auto elettrica 2019, e sostenuto da Parigi. Ora Berlino è contro il bando. Mentre la Francia, squassata da una crisi epocale economica e politica, ha altre cose cui pensare.
L’incertezza generata da questa escalation ha avuto un impatto immediato, ma ha anche portato a un riorientamento dei flussi commerciali che coinvolge direttamente l’Unione Europea.
- Mercati in Panico: i titoli tecnologici globali hanno subito un crollo significativo, con il Nasdaq in forte flessione, riflettendo la paura di una disconnessione tecnologica tra i due blocchi.
- Flussi Commerciali: nonostante il crollo delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti, si è registrata una crescita dell’export cinese verso l’Europa, con un dirottamento dei flussi commerciali. Questo, secondo le analisi della BCE (risalenti a fine luglio 2025), potrebbe portare a un aumento dell’offerta cinese nell’Eurozona, con un potenziale calo dei prezzi per i beni industriali (minore inflazione), ma acuendo allo stesso tempo la dipendenza strategica dell’UE.
- Vulnerabilità UE Accentuata: le nuove restrizioni cinesi su terre rare e componenti per batterie hanno messo in luce la profonda vulnerabilità dell’Europa:
- I piani di transizione energetica e l’obiettivo del ban termico UE al 2035 (già in discussione, come da lei menzionato) sono a serio rischio di rallentamento a causa della dipendenza da Pechino per i materiali e il know-how essenziale.
- L’UE sta valutando come accelerare i programmi di finanziamento e gli sforzi di diversificazione per raggiungere la sovranità tecnologica, ma il percorso si presenta estremamente arduo.
In sintesi, la situazione è caratterizzata da una forte incertezza tattica (il dazio di Trump come leva negoziale) e una chiara strategia cinese volta a blindare il proprio monopolio sui materiali e le tecnologie critiche (terre rare e batterie) per l’industria del futuro, con l’Europa che si ritrova a essere il principale “danno collaterale” di questo duello.