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Scontro UE-USA: perché il divieto d’ingresso a Thierry Breton è un caso diplomatico senza precedenti

Dalle accuse di "maccartismo" alla difesa del Digital Services Act: l’escalation di tensione tra Washington e Bruxelles dopo le sanzioni all’ex Commissario europeo.

Gli States hanno imposto multe e il divieto di ingresso nel Paese all’ex commissario dell’Unione Europea Thierry Breton. E ad altri quattro esponenti di ONG europee (tra cui i responsabili di HateAid e Center for Countering Digital Hate). La decisione, annunciata tra il 23 e il 24 dicembre 2025, ha scatenato una durissima reazione diplomatica da parte di Bruxelles

UE offesa con gli USA per Breton: perché

Il Segretario di Stato Marco Rubio ha accusato Breton e gli attivisti di aver promosso “sforzi organizzati per costringere le piattaforme americane a censurare e sopprimere i punti di vista americani”. In particolare, viene preso di mira il Digital Services Act (DSA), la legge europea sui servizi digitali, considerata da Washington uno strumento di repressione e dannosa per gli interessi nazionali.

L’ex commissario Berton ha paragonato le misure al “maccartismo” e a una “caccia alle streghe”, sottolineando come il DSA sia stato approvato all’unanimità dai 27 Stati membri e dal Parlamento Europeo per tutelare i cittadini, non per esercitare censura.

Bruxelles ha condannato fermamente le restrizioni di viaggio, definendole ingiustificate. La Commissione ha rivendicato il diritto sovrano dell’Unione di regolamentare il mercato unico secondo i propri valori democratici e ha minacciato una risposta “rapida e decisa” per difendere la propria autonomia normativa.

La Francia ha espresso la sua condanna “nei termini più forti possibili” a sostegno del connazionale Breton. La vicenda segna un punto di massima tensione tecnologica e politica tra le due sponde dell’Atlantico, proprio in merito alla gestione dei contenuti online e del potere delle Big Tech.

Chi è Breton

Thierry Breton è un manager e politico francese di primo piano, la cui carriera si è snodata tra i vertici delle grandi aziende tecnologiche europee e le istituzioni politiche nazionali e comunitarie. È stato il commissario per il Mercato Interno, con deleghe su industria, digitale, difesa, spazio e turismo. In questo ruolo è stato l’architetto di leggi fondamentali come il Digital Services Act (DSA), il Digital Markets Act (DMA) e l’AI Act, finalizzati a regolare le grandi piattaforme tecnologiche e l’intelligenza artificiale. Dal 2005 al 2007 ha ricoperto la carica di Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria in Francia, sotto la presidenza di Jacques Chirac. Prima dell’impegno politico a Bruxelles, ha guidato come Amministratore Delegato diverse multinazionali tecnologiche. Nel corso della sua carriera ha sostenuto con forza l’idea di una sovranità tecnologica e industriale europea, promuovendo l’autonomia strategica dell’UE rispetto alle grandi potenze globali, in particolare nel settore dei semiconduttori e della regolamentazione digitale.

Perché l’Unione Europea ritiene di avere ragione

L’UE fonda la sua difesa sul principio di autonomia strategica e sulla tutela dei diritti dei cittadini:

  • Legittimità Democratica: il DSA è stato approvato da istituzioni democraticamente elette (Parlamento Europeo) e dai governi di 27 Paesi. Per l’UE, sanzionare un commissario per aver applicato una legge valida è un attacco alla sovranità europea.
  • Tutela dei Cittadini: Bruxelles sostiene che il DSA non sia uno strumento di censura, ma una misura necessaria per contrastare l’odio online, la disinformazione e proteggere i minori, obbligando le Big Tech alla trasparenza.
  • Precedente Pericoloso: sanzionare funzionari stranieri per atti legislativi compiuti nel loro territorio è visto come una violazione delle norme diplomatiche internazionali.

Perché gli Stati Uniti ritengono di avere ragione

La posizione di Washington, espressa da Marco Rubio, si basa sulla difesa del Primo Emendamento e degli interessi economici americani:

  • Libertà di Parola: gli USA vedono il DSA come un tentativo europeo di imporre standard di “moderazione dei contenuti” che, di fatto, costringono le aziende americane a censurare discorsi che negli Stati Uniti sarebbero protetti.
  • Protezione delle Imprese: le sanzioni colpiscono quella che viene percepita come una “persecuzione normativa” contro le aziende della Silicon Valley (come X, Meta o Google), interpretata come un attacco diretto all’economia e all’influenza culturale americana.
  • Sicurezza Nazionale: l’amministrazione USA inquadra l’attività di Breton e delle ONG come un’ingerenza coordinata volta a limitare la libertà d’espressione dei cittadini americani sulle proprie piattaforme.

Un bivio per la diplomazia digitale

La vicenda Breton non è soltanto un caso di restrizioni di viaggio, ma il simbolo di una frattura profonda nella governance globale del digitale. Da un lato, l’Unione Europea rivendica il diritto di imporre regole etiche e trasparenza alle Big Tech attraverso il DSA; dall’altro, gli Stati Uniti interpretano queste norme come un attacco diretto alla libertà d’espressione e ai propri interessi economici.

Il paragone di Breton con il “maccartismo” evidenzia quanto il clima sia diventato incandescente. Se le sanzioni contro funzionari pubblici per atti legislativi legittimi dovessero diventare la norma, il rischio è quello di una frammentazione totale del web, dove i confini geografici diventano barriere insormontabili per le idee e per le persone. La “risposta rapida e decisa” promessa da Bruxelles deciderà se questa crisi rimarrà un incidente diplomatico isolato o se diventerà l’inizio di una vera e propria guerra fredda tecnologica tra le due sponde dell’Atlantico.

Redazione

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