Ufficiali dei Carabinieri operanti in ambiti difficili e pericolosi, però penalizzati nella carriera

C’è tensione nei piani alti dell’Arma dei Carabinieri per le sacrosante, giuste e motivate istanze degli Ufficiali del Ruolo Speciale (cioè non provenienti dall’Accademia Militare di Modena), che è un ruolo nel quale  vengono immessi, a seguito di regolare concorso e frequenza del corso di un anno, gli ufficiali  provenienti  dai ranghi del “glorioso” complemento e della ferma prefissata, nonché i Marescialli.

Istanze, perciò, avanzate in varie sedi, per le differenze nell’avanzamento di grado rispetto ai colleghi del ruolo normale, quindi nel trattamento economico, ma svolgenti tutti, Ruolo Speciale e Ruolo Normale, stesso lavoro con identiche responsabilità, correndo gli stessi rischi, molto spesso di più per gli appartenenti al primo ruolo, proprio perché massivamente attivi in incarichi di prima linea in aree pericolose e disagevoli.

Parecchie decine di essi, pare 250, hanno deciso di impugnare tali disparità di trattamento e i regolamenti che le regolano, e lo hanno fatto davanti al Tar del Lazio e, in ultimo, per la disattenzione e il disinteresse di tutti, davanti alla Commissione Europea, denunciando fermamente una normativa in evidente contrasto con la Costituzione, con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e, addirittura,  con la stessa Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza).

Il Decreto Legislativo n. 298 del 2000 (Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, a norma dell’articolo 1 della legge 31 marzo 2000, n. 78) accentua queste inammissibili discriminazioni. Segnatamente, in ordine alla progressione di carriera, tale normativa prevede per gli ufficiali del Ruolo Speciale, rispetto a quanto previsto per gli omologhi del Ruolo Normale, una permanenza superiore di un anno nel grado di tenente, tre anni in quello di capitano e due anni nel grado di tenente colonnello, con l’impossibilità di poter aspirare al conseguimento del grado superiore a quello di colonnello, rimanendo infatti ad essi precluso il grado di Generale.

Al riguardo, si sottolinea la diversità di trattamento esistente  per gli Ufficiali del Ruolo Tecnico (altro ruolo previsto dalla Legge di riordino dell’Arma, cioè medici, chimici,  fisici e informatici per le indagini di laboratorio e i supporti tecnologici,  laureati in giurisprudenza per le mansioni di amministrazione/commissariato), per i quali sono previsti sia Generali di Brigata sia addirittura di Divisione.

Questo perchè?

Semplice, quando fu varata la Legge di riordino dell’Arma sopra richiamata,con la creazione dei tre ruoli anzidetti (R.N.;R.S.;R.T.), l’Esercito non aveva Generali nel suo Ruolo Speciale, per cui ci si volle conformare per questo aspetto all’ex casa-madre, l’Esercito, senza valutare, o dimenticando ad arte, che con quella Legge l’Arma usciva proprio dall’Esercito, diventando la quarta Forza Armata dello Stato ben autonoma e libera di agire secondo le proprie esigenze.

Le vicende di tali discriminazioni nel mondo ufficiali sono di antica data, ma sembra che ancora continuino, purtroppo. Illuminante quanto, al riguardo, scrive il coraggioso  Generale Giuseppe Messina nel suo bel libro, da me recensito su questa illustre testata il 27 febbraio 2012, dal titolo:””NEL SECOLO FEDELE-L’ITALIA DEL NOVECENTO VISTA DA UN UFFICIALE DEI CARABINIERI””Mondostudio, edizioni 2012, che stigmatizza, con stile spigliato e coinvolgente, tale pregiudizievole aspetto. E proprio per questo, recependo il messaggio, il più amato e grande Comandante Generale dell’Arma degli ultimi venti anni, Luigi Federici, Alpino e Soldato di razza, così scrive nella sua premessa al libro di Messina:”….sono fermamente d’accordo che gli Ufficiali di Complemento sono stati e sono l’ossatura dell’Arma ed è giusto sottolinearlo…”.Ora sottopongo al lettore meno esperto di questioni militari qualche breve nota d’interesse sulla storia degli  ufficiali di complemento. Soprattutto nella prima guerra mondiale  ai vertici vi era una ufficialità formata in gran parte da aristocratici militari di famiglie blasonate. Il Corpo Ufficiali venne ovviamente integrato per le esigenze belliche e quindi furono istituiti dei corsi per ufficiali di complememto che tentarono di trasformare dei giovani civili, diplomati e spesso anche laureati, in comandanti di uomini. C’è da dire che il peso delle più cruente battaglie furono di loro competenza, tant’è che circolava il motto salace: ” gli Ufficiali di Complemento vincono le battaglie, gli Stati Maggiori perdono…le guerre!” Si venne così a  creare un vero e proprio “vallo di Adriano” tra gli ufficiali e la truppa, ma anche all’interno degli ufficiali si creò una crasi tra chi il militare lo riteneva una missione e chi invece era stato costretto dai gravi eventi a diventarlo. Gli ufficiali di complemento considerarono i colleghi “di professione” quasi degli avventurieri che per carriera o per compiacere i vertici non esitarono a comandare attacchi cruenti spesso inutili alla baionetta, necessari solo per avere un encomio o una promozione sul campo. Proprio per questo spesso gli ufficiali di  complemento solidarizzarono con la truppa, non condividendo gli atteggiamenti oltremodo rigidi degli Alti Comandi che erano ad Udine, lontani dalle trincee e dalla difficilissima vita che vivevano gli uomini tutti i giorni. Per reazione, il Generale Luigi Cadorna e il suo Stato Maggiore ritennero che un ruolo importante doveva essere assicurato dalla Giustizia Militare di guerra, quale unico strumento di disciplina ferrea con ruolo di rigida educazione e dissuasione di comportamenti ritenuti illeciti. L’azione del Comando Supremo si svolse  facendo pressione sui collegi giudicanti perché non si discostassero dalle richieste sanzionatorie che avanzava la gerarchia e, accortosi che in alcuni casi i Collegi agivano in libertà di coscienza perché era preponderante il numero dei giudici ufficiali di complemento che,  più liberi di pensiero rispetto agli altri colleghi, in quanto provenienti dalla vita borghese e dal mondo del lavoro e degli studi, fece sì che nei collegi giudicanti l’elemento di militari di carriera fosse predominante. Ma sappiamo bene dalla storia dove portò la linea Cadorna, con fucilazioni di massa di asseriti disertori, mentre sarebbe stata più pagante quella di Armando Diaz, certamente più umana e attenta alle esigenze dei militari.

Diaz, nominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dopo Caporetto, non certamente perché più valido di Cadorna, come in effetti era, ma solo perché napoletano e quindi più vulnerabile e meglio censurabile in caso di eventuale definitiva disfatta, creò le premesse per la vittoria italiana galvanizzando le truppe per la riscossa che si verificò come sappiamo.

E che dire di Pietro Badoglio, massima espressione della casta militare di ogni tempo, che era tenente colonnello allo scoppio della grande guerra uscendone, nel ’18, con il grado più alto di tenente generale, avendo maturato una promozione all’anno. E tutto questo sebbene fosse stato responsabile dello sfondamento degli Austriaci a Caporetto (l’inchiesta che ne conseguì fu segretata nella parte che lo riguardava, sembra per interventi massonici potenti!) per divenire, di lì a poco, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e, sotto il Fascismo, Capo di SM Generale…..sino a subentrare quale Capo del Governo, dopo il 25 luglio 1943, allo stesso Mussolini.

Una vicenda del tutto italiana!

Tornando alle sofferte vicende degli ufficiali del Ruolo Speciale, va detto che bisogna restituirgli subito la dovuta, giusta, meritata, necessaria dignità, cessando di considerarli quali”Uffiziali di bassa forza”di epopee molto lontane, e ciò  senza tener conto che molti di essi,  in possesso di lauree di pregio conseguite durante la vita civile in autorevoli Atenei italiani con votazioni di alto livello, si trovano in incarichi di responsabilità in aree difficili della Repubblica come in delicate missioni all’estero. Quella dignità, al momento violata dalle ingiustificate ed irragionevoli differenziazioni previste dalla legislazione vigente che certamente non meritano.

A tacitare qualsivoglia spinta contraria e immotivata va detto che il primo Comandante Generale dell’Arma proveniente dai ranghi  della Benemerita, anziché dall’Esercito, il Generale Luciano Gottardo, assurto all’alta carica il 6 maggio del 2004,  proveniva dal “glorioso” complemento; la stessa provenienza del grande Generale Carlo Alberto dalla Chiesa!

Si ricordi, ancora, che la Repubblica Francese, nata dalla rivoluzione del 1789, creò un elevato numero di ottimi comandanti militari con criteri di valutazione celeri, severi e meritocratici, criteri che furono applicati a tutti i cittadini sotto le armi senza alcuna discriminante se non quella della competenza. La meritocrazia era stigmatizzata  dal motto coniato dallo stesso Napoleone Bonaparte che sosteneva che “Ogni soldato porta nello zaino il bastone da Maresciallo (maresciallo di Francia, il massimo grado)”. Ma senza scomodare il grande Napoleone, anche nei tempi attuali, gli USA, che di razionale e pragmatica efficienza sono maestri, consentono l’accesso agli alti gradi militari, sino a generale a  quattro stelle, ad ufficiali che non hanno frequentato la prestigiosa Accademia di West Point, ma semplicemente il cosiddetto “Complemento Universitario”, della durata utile per conseguire una laurea presso le Università dell’Unione, consistente nella duplice contestuale frequenza sia del corso di formazione militare sia di quello universitario, il tutto svolto nell’ambito dello stesso campus con possibilità di alloggiamento esterno alla stregua degli altri studenti.

Che dire di più? Nulla!

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