
Roma, 20 dicembre 2025.
Sta per finire il 2025 e non possiamo dimenticare che questo è l’anno dove ricorrono il 90° anniversario della nascita e il 20° della morte di uno dei più grandi talenti del calcio nazionale ed internazionale: Omar Sivori.
Personaggio unico di chiare origini italiane, da parte paterna ligure e da parte materna abruzzese, Sivori sbarca nel nostro Paese nel 1957 acquistato dalla Juventus.
El Cabezon, soprannome relativo alla sua folta capigliatura su una struttura minuta, proviene dal River Plate che incassa per la sua cessione 157.250.000 lire, cifra record per l’epoca.
E’ il periodo degli oriundi, naturalizzati italiani, degli “angeli dalla faccia sporca”, insieme a Maschio e Angelillo, nel tentativo di rivitalizzare il nostro calcio a livello internazionale.
Tuttavia Sivori è il primo “italiano” a vincere il Pallone d’Oro nel 1961, aiutato da altri due grandi come Giampiero Boniperti e John Charles che così costituiscono un trio da leggenda.
Omar Sivori non passa inosservato, per via dei suoi calzettoni abbassati che negli anni sessanta significano anticonformismo, ribellione e sfida agli avversari.
Sivori è irridente, spesso irritante, quasi sempre imprevedibile.
Tocco di palla, dribbling, tunnel straordinari che fanno impazzire i marcatori avversari, una classe eccezionale ed una velocità di pensiero superiore a tutti.
Strafottente, arguto, velenoso, che non si accontenta di vincere bensì vuole stravincere facendo male sia col dribbling che con la lingua.
Pupillo dell’Avvocato Agnelli che così lo inquadra:<E’ un talento che crea dipendenza, impossibile staccare gli occhi dai suoi dribbling, dalla sua creatività, dai suoi goals>.
Nel 1962 è partecipe della tragica spedizione mondiale in Cile in aggiunta, oltre ai connazionali Maschio e Angelillo di cui sopra, ad Altafini con cui divide dal 1965 tre anni a Napoli.
Lascia l’amata Juve per incompatibilità con l’allenatore bianconero Heriberto Herrera, che pretende “movimiento” e sudore da tutti.
Diventa Re di Napoli, dà il nome a dolci, lamette da barba, con i partenopei che, per lui, sottoscrivono circa 69.000 abbonamenti (!) al San Paolo.
E’ lui il primo “pibe de oro”, con vent’anni d’anticipo rispetto alla passione smodata verso Diego Armando Maradona.
Detiene, insieme a Silvio Piola, il record di sei segnature in una sola partita in serie A e precisamente in uno Juventus-Inter 9-1, dove però i nerazzurri schierano i Primavera per una protesta contro la federazione.
Nel curriculum di Sivori ci sono anche 33 giornate di squalifica, quasi un intero campionato, 6 delle quali maturate proprio nell’ultima esibizione della sua carriera al San Paolo, nel dicembre del 1968, contro la “sua” Juventus protagonista di una rissa gigantesca.
Nel dopo calcio, tra incarichi come allenatore, direttore sportivo, presidente, opinionista sportivo, fa molta spola col suo paese natale, San Nicolas, nella provincia di Buenos Aires, dove possiede due fattorie: una chiamata Juventus, l’altra Napoli.
Simpatica la sua partecipazione nel 1970 al film “Il presidente del Borgorosso Football Club”, nel finale al fianco di un vulcanico Alberto Sordi.
Poco prima della sua scomparsa, in una sorta di bilancio finale, dichiara:<Se tu non ti diverti la gente non si diverte. Io alla domenica ero l’uomo più felice del mondo. Ho fatto incazzare tanti difensori, alle volte esageravo. Ma il dribbling era una soddisfazione personale, non una presa in giro>.
Un genio del calcio, un antesignano, un fantasista, un incantatore, che allenandosi con un po’ più di volontà avrebbe fatto una carriera ancor più luminosa.
Ma da uno che alza le spalle e dice:< Ci sono gli altri che corrono>…
FOTO: Esultanza di Omar Sivori Gazzetta dello Sport.



