Si ingigantisce il caso del poliziotto e del suo infelice commento su facebook

Roma, 20 aprile – “Abbiamo stigmatizzato e criticato da subito il post del collega Fabio Tortosa sulla Diaz, ma se corrispondesse a verità la notizia, appresa da vari ambienti, che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza si appresterebbe ad aprire un procedimento disciplinare nei confronti di 98 poliziotti che hanno apposto un ‘mi piace’ su Facebook, ci troveremmo di fronte ad un abominio giuridico in palese violazione con la nostra Carta Costituzionale e soprattutto col buon senso. Forse i mali dell’Italia e del sistema sicurezza risiedono in un ‘like’ su Facebook?”. Lo afferma, in una nota, il Segretario Generale del Sindacato di Polizia Sap, Gianni Tonelli. “Una decisione di questo tipo costituirebbe un precedente unico al mondo e soprattutto appagherebbe, con l’avallo dei vertici del Viminale, la voglia di ‘sangue’ del partito dell’anti-polizia (che) conta autorevoli esponenti nel mondo politico, della cultura e dei media….Invitiamo pertanto il ministro Alfano e il Prefetto Pansa  a recedere da questo proposito. In caso contrario, pubblicherò sulla mia pagina Facebook, come Segretario Generale Sap, un post estremamente provocatorio relativamente alla questione Tortosa, invitando tutti gli appartenenti alla Polizia, alle altre Forze dell’Ordine e alla società civile a mettere un ‘like’”.

A questa iniziativa si affianca anche il SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme), fondato dal Generale Pappalardo. Contestualmente, il Segretario Generale del COISP, altro combattivo Sindacato di Polizia, Franco Maccari, aggiunge: “Mentre non si placa il linciaggio mediatico sul poliziotto colpevole di avere espresso su Facebook un suo pensiero sui fatti della Diaz (certamente discutibile n.d.a.) ed incredibilmente sospeso dalla Polizia senza uno straccio di contraddittorio e senza che nessuna norma lo preveda, passa in sordina l’ennesima aggressione ai danni di due Poliziotti, feriti in pieno centro a Genova…Una vicenda resa più grave dal comportamento di alcuni presenti che, anziché intervenire in soccorso degli Agenti che chiedevano aiuto, hanno insultato gli stessi Agenti lanciandogli contro bottiglie. Un episodio che dimostra ancora una volta il clima di odio in cui sono costrette ad operare le Forze dell’Ordine: un clima alimentato dai vertici della stessa Polizia che non esitano a mettersi contro gli Agenti pur di non finire risucchiati nel tritacarne mediatico che si scatena ogni qualvolta una divisa incorre in un errore anche banale”.

Aggiungiamo noi.

Cosa succederà? Verranno espulsi tutti i Poliziotti che aderiranno all’invito dei Sindacati di solidarizzare? Chiediamo, ancora, perché non si fa altrettanto con i Parlamentari e politici vari condannati o indagati per gravi reati? Perché, poi, non si varano Leggi incisive e ferree contro la criminalità invece di “zuccherose” norme inutili? Infine, perché non si sanzionano i giornalisti pennivendoli che sparano falsità cosmiche per favorire il potente di turno?

Attuare la mano forte solo con la Polizia, unico presidio di legalità unitamente alla Magistratura, significa mortificare la Democrazia, per cui si farebbe bene per questo caso a ricorrere alla Comunità Europea per la tutela dei diritti del Cittadino.

Quel che la politica dovrebbe invece fare, piuttosto che rincorrere avida voti immeritati per poi nulla fare, è comprendere lo stato d’animo di tutti i componenti del Comparto Sicurezza dello Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza compresi, e nel far ciò dovrebbe meditare sui contenuti di una studio intitolato “I funzionari della Polizia di Stato”, realizzato anni addietro dal criminologo Francesco Carrer, incentrato su di un questionario promosso per iniziativa dell’ Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, cui accettò di rispondere un terzo dei Funzionari italiani, che fornì un identikit dei nostri Commissari e Poliziotti.

Il quadro che emergeva, come si evince nel libro “Il partito della Polizia” di Marco Preve (Chiarelettere Editore, marzo 2014) era sconsolante: “…Uomini e donne consapevoli dell’importanza del loro lavoro ma completamente sfiduciati da un sistema incapace di valorizzare i migliori, cocciutamente impegnato a conservare il clientelismo come antidoto alla meritocrazia, arrogante nell’utilizzare la forza e l’ingiustizia del potere nei confronti dei ribelli, strettamente intrecciato alle alte gerarchie con la politica. Impressionante l’altissima percentuale di intervistati che si auguravano un mestiere diverso per i propri figli. Questa grande disillusione viene confermata nelle risposte raccolte in un’altra ricerca terminata nel 2013, relativa ai possibili miglioramenti della Legge 121 del 1981, “bibbia” della sicurezza interna italiana. I principali problemi  della Polizia sono stati individuati nella direzione tecnico organizzativa (e questo dice tutto); nello scadimento delle funzioni; nella solitudine e nell’abbandono di tutti i livelli di chi lavora in periferia. Una solitudine sofferta  da chi campa alla giornata o segue con attenzione i propri svariati interessi. Un vertice che si dimostra più attento alle proprie carriere e ai desiderata dei referenti politici che alle esigenze di chi è in prima linea; e dove si trovano uffici snaturati perché privati dei collaboratori migliori, che sono stati allontanati per evitare che oscurassero il dirigente (anche se questa, purtroppo o per fortuna, è una prerogativa dei superiori mediocri di tutto il mondo e non solo dell’ambiente della Polizia)”.

Questa la Polizia di oggi, delusa e umiliata per il trattamento economico e per la mancanza di dotazioni adeguate ai tempi e alle pericolosissime contingenze.

La politica, quindi, cambi pagina, ripristini il merito, dia le provvidenze giuste meritate e necessarie, renda onore a  chi difende lo Stato, ormai preda dell’illegalità, con dignità e consapevolezza.

 

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