I NO TAV non sono terroristi. Riflessione

Roma, 25 febbraio – I fatti di violenza contro le Forze dell’Ordine nel quadro delle contestazioni contro la TAV, da parte di frange violente di persone che si sono aggiunte alla pacifica manifestazione degli abitanti della zona in difesa del proprio territorio, hanno ravvivato di nuovo l’uso del termine ecoterrorismo.

A sorpresa però i quattro NO TAV sono stati assolti dalla Corte d’Assise di Torino dall’accusa di terrorismo per l’assalto a colpi di molotov al cantiere della Torino-Lione, nel maggio 2013, perchè non intendevano “attentare alla vita o all’incolumità delle persone presenti nel cantiere”.

Lo si legge nelle motivazioni della sentenza depositate il 23 febbraio scorso.

“.. nessuna delle manifestazioni violente fino a ora compiute ha inciso, neppure potenzialmente, sugli organismi statali interessati alla realizzazione dell’opera….non si ritiene che la programmazione emersa dal tenore delle telefonate oggetto di intercettazione…dal numero di soggetti concorrenti…dalle armi proprie o improprie utilizzate fossero di per sé tali da incidere, anche solo potenzialmente, sulla volontà dello Stato di proseguire i lavori programmati…” Prendendo spunto dalla sentenza di cui sopra, chiariamo subito che l’ecologia, vale a dire la tutela dell’ambiente e del territorio, come della salute pubblica, rispetto al terrorismo, costituiscono mondi opposti e inavvicinabili.

Non sarà certamente l’infiltrazione di teppisti o ancor più pericolose categorie di persone con un’asserita matrice “ecologista” nell’ambito di iniziative sociali e pacifiche a far si che la scienza e la cultura ecologica possano essere contaminate dalla parola terrorismo.

La cultura ecologica, infatti, vive per il rispetto di ogni forma di vita e per la difesa dei più delicati equilibri della natura. Per avere invece informazioni sull’ecoterrorismo, possiamo fare riferimento ad autorevoli interpretazioni del fenomeno.

Al riguardo, il Prof. Vittorfranco Pisano, Docente di Intelligence e Security,nel suo libro “Dal Popolo di Seattle all’Ecoterrorismo” afferma “Gli obiettivi degli eco-terroristi abbracciano tre categorie fondamentali. I bersagli: cose o persone; i bersagli da intimidire: interessi economici o di altra natura collegati ai bersagli colpiti; e i bersagli su cui influire quali settori del pubblico in generale. Le metodiche specifiche includono la distruzione, lo sconquasso o la paralisi di impianti di ricerca ed esercizi industriali, commerciali o di altro genere, oltre alla diffusione del panico alimentare. L’attentato eco-terrorista pone una grave minaccia nei confronti dell’economia, delle fonti energetiche, degli equilibri naturali e della sicurezza nazionale..”. Sino ad oggi i provvedimenti più incisivi sono stati adottati dagli USA e dal Regno Unito. Cosi, mentre negli Stati Uniti l’FBI ha coniato una definizione di “ecoterrorismo” e il Governo ha introdotto leggi federali approvate dal Senato sin dal 2006, in Europa non si è ancora preparati tanto che non esiste ancora una definizione giuridica di ecoterrorismo. La mancanza di uno specifico riferimento normativo fa sì che spesso i sistemi giudiziari dei Paesi membri derubrichino reati che proprio a tale forma di terrorismo andrebbero ascritti, producendo condanne non significative ai fini del contrasto del fenomeno.

Va comunque al merito dell’Europarlamentare italiano Sergio Berlato, del PPE, l’aver effettuato, il 10 aprile 2014, un’interrogazione con risposta scritta al Parlamento Europeo, argomentando che mentre è stata adottata un’efficace strategia contro gli attentati terroristici di grande portata, non sono previste azioni specifiche contro altri generi di attentati terroristici, di portata inferiore, ma non meno drammatici e nocivi per la sicurezza, la libertà e i valori dell’Unione europea e dei suoi cittadini.

Senza alcuna pretesa di stabilire delle analogie con il passato, va detto che sarebbe di nuovo sbagliato, tipica patologia italiana, sottovalutare o registrare con indifferenza ciò che sta accadendo. Certamente l’attenzione va tenuta costantemente alta e questo imperativo di vigilanza riguarda in primis la Politica, i Servizi di Intelligence, le Polizie, come tutte le Istituzioni, non escludendo la gente comune perchè oggi, sull’onda lunga della gravissima crisi economica, la saldatura dei gruppi terroristici “dormienti” ovvero ben vitali, con frange anarchiche anche internazionali, e senz’altro possibile.

A ciò si aggiunge la più che reale minaccia del terrorismo islamico non certamente a noi lontano.

Contro la destabilizzazione, necessita ovviamente una presa di coscienza generale che riguardi anche l’oscuro pianeta Mafia, la cui lotta va potenziata oltre misura soprattutto perchè la forza delle principali organizzazioni è costituita (a fattor comune) dalla grande disponibilità di capitali che consente una profonda penetrazione del sistema economico ed una saldatura con la politica. Non possiamo però, trattando di questioni che fanno riferimento al bene comune ambiente, non fare un rapido cenno, in conclusione, alle ecomafie nostrane, non meno pericolose degli ecoterroristi, che l’anno passato hanno raggiunto un fatturato altissimo che ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici corrotti.

Il contrasto da parte degli organi dello Stato è stato incisivo pur avvalendosi di una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che tralascia i costi ambientali, sanitari e sociali.

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