Mentre a Roma si discute di lana caprina, il Paese affonda

Ma cos’altro di più grave dovrà ancora accadere perché la nostra classe dirigente smetta di  accapigliarsi su questioni di lana caprina, e si impegni a scoprire (e cercare di risolvere), i gravi problemi del Paese ?

Analizzando bene le questioni attualmente aperte sullo scenario nazionale e la stravaganza dei vari leader di tutti gli schieramenti politici, nasce legittimo il sospetto che, molto verosimilmente, siamo diventati ostaggi di gentaglia incompetente, o, ancora peggio, di individui cinici e senza scrupoli che operano in malafede e sempre “pro domo sua”.

Uno dei provvedimenti tra i più eclatanti ed emblematici,  sul quale tutti si sono dichiarati favorevoli, riguarda il decreto che abolisce il finanziamento pubblico dei partiti. Ma vi hanno spiegato quando verrà azzerato il contributo?  Ve lo ricordo io: esattamente nell’anno di grazia 2017, pur dando per scontata, l’approvazione, senza sostanziali modifiche, da parte dei due rami del Parlamento.

Per chi vive a contatto con la gente per motivi tra i più disparati (esclusa la politica), è facile recepire il malumore, lo sdegno ed il disprezzo nei confronti dei politici e dei loro fatti e misfatti, specie dopo i recenti scandali e ruberie scoperti in molti palazzi del potere.

Quel che più indigna è la constatazione, amara e sconcertante, che quando si tratta di provvedimenti riguardanti i “poveri cristi” , l’attuazione è immediata, quando, invece, c’è di mezzo “la casta” si rinvia il tutto alle calende greche, con buona pace per le norme contenute nell’art. 3 della Costituzione.

Una delle giustificazioni, per questa inaudita dilazione temporale propagandata ad arte dagli attivisti, è rappresentata dalla necessità di dover licenziare un notevole numero di impiegati e  funzionari di partito inseriti nella nomenclatura delle insopprimibili correnti e che rifiutano categoricamente di  essere mandati a casa.

A questo punto un certo signore, sicuramente non stupido, né paranormale, intervenendo in un capannello di amici e conoscenti, ha alzato il tono della voce e ha tuonato: “Ma come…quando una fabbrica chiude all’improvviso per carenze di commesse o sepolta sotto una montagna di debiti (e hanno chiuso centinaia di migliaia in quest’ultimo periodo), qual è il destino dei dipendenti ? Chi è salvaguardato beneficia della cassa integrazione (ordinaria od in deroga),  gli altri poveretti tornano dai genitori, in molti casi pensionati INPS, mentre i più disgraziati vanno a chiedere un piatto di minestra alla mensa della Caritas. Come rimedio a tutto questo, lo stesso signore suggerisce di elargire loro un sussidio con le risorse provenienti dal finanziamento pubblico (pensate che il solo PD ha dichiarato la disponibilità di 40 milioni di euro), pronto a restituire se Grillo accetti di fare una riforma elettorale secondo le proprie proposte. La risposta (a stretto giro di posta) dell’ex comico genovese è stata un secco NO, aggiungendo che per lui va bene il “mattarellum” ed anche il “porcellum”, purchè si voti al più presto.

In questo caso, è opinione ricorrente,  che Renzi abbia commesso una imperdonabile “gaff”  perché adesso dovrà spiegare agli italiani che fine farà quel sostanzioso gruzzolo e perché si è messo a mercanteggiare col M5S, che ha sempre rifiutato qualsiasi forma di collaborazione con i partiti attualmente presenti in Parlamento.

L’aspetto più paradossale è rappresentato dalla generale preoccupazione degli organi istituzionali, Napolitano in testa, per le varie  manifestazioni di protesta che stanno mettendo a dura prova  gli addetti all’ordine ed alla sicurezza pubblica, ma tutto questo sembra non interessare più di tanto.

 

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