L’elezione di Mattarella chiude una ferita ma ne apre altre


Roma, 7 febbraio – L’elezione del nuovo Capo dello Stato e, soprattutto, le modalità della sua candidatura al Quirinale,  hanno, si, ricucito una grave ferita all’interno del partito di maggioranza relativa, ma ne ha aperto altre tra gli alleati di governo e tra l’opposizione “dialogante” rappresentata da Forza Italia.

Il primo effetto più eclatante è rappresentato dalla rottura del cosiddetto “patto del Nazareno” concordato, e più volte confermato, sia da Renzi che da Berlusconi.

Ufficialmente, gli accordi riguardavano l’approvazione di alcune importanti riforme costituzionali perché, in Senato, senza il sostegno del partito dell’ex cavaliere, non sarebbero mai state approvate, ma i dettagli nessuno li conosce tranne i protagonisti ed i loro più stretti e fidati collaboratori che vi hanno partecipato.

L’ipotesi più accreditata è che l’ex Premier si sia fidato troppo di Renzi, il quale, dopo  aver ottenuto quel che veramente cercava, come l’approvazione della nuova legge elettorale, l’abbia “scaricato” in modo non del tutto diplomatico.

Non si spiegherebbe altrimenti l’euforia di alcuni personaggi del PD, come la Serracchiani ed altri, per i quali l’attività del governo potrà ora procedere più speditamente senza alcun timore di veti, di intoppi o di ricatti.

Contestualmente, il dissenso che serpeggiava all’interno di Forza Italia si è ulteriormente allargato e compattato attorno all’eurodeputato Fitto che ritiene di poter contare su un numero consistente di parlamentari e dirigenti locali.

È opinione ricorrente che la figura di Mattarella non fosse invisa al capo carismatico del centro-destra italiano, anche perché si è sempre battuto per un nuovo inquilino del Quirinale che non fosse espressione preponderante della sinistra, come gli ultimi tre predecessori Scalfaro, Ciampi e Napolitano.

Il curriculum di Mattarella avrebbe dovuto rassicurarlo, ma il “diktat” imposto come “prendere o lasciare”, non l’ha gradito e, quindi, non l’ha accettato.

Sterile e velleitaria la protesta del NCD di Alfano, il quale dopo i colloqui con Berlusconi, ha persino minacciato ritorsioni sul governo di cui fa parte.

Scrutando, però, le prospettive, il ripensamento non si è fatto attendere e subito è scoppiata la pace col Presidente del Consiglio.

L’ultima variante, in ordine temporale, è la confluenza di sette parlamentari di “Scelta Civica” nel PD, fatta eccezione per il senatore Monti che entrerà nel gruppo misto di Palazzo Madama.

Certo, chi ci ha rimesso di più, e non soltanto come immagine, è stato l’ex cavaliere e non sono in pochi coloro i quali lo considerano già disarcionato e quasi finito.

Tuttavia un po’ di cautela non guasterebbe se venissero esaminate con obiettività e serenità, le sue “ripartenze”, sebbene gli anni passano per tutti ed i suoi avversari tradizionali (oltre a qualche “fronda” interna), sono sempre più numerosi, agguerriti e determinati.

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