Tutta in salita la marcia di Renzi

Roma, 7 giugno – Per cercare di capirci qualcosa di questo squallido bailamme di ritorsioni e di ricatti che ammorba la vita politica del nostro Paese, penso sia necessario dare una sbirciatina  alla storia del vecchio PCI.

Dalla prima traumatica rottura con i socialisti, consumatasi nel congresso di Livorno del 1921, è stato un susseguirsi di scissioni e di lotte intestine, il che fa pensare che ormai ne fanno parte integrante del DNA dei comunisti italiani.

Tutti sappiamo che Renzi proviene dalla Democrazia Cristiana, la cui cultura è lontana le mille miglia dall’ideologia marxista, ma una volta accolto e supervotato , nel raggruppamento di centro-sinistra, nessuno credo abbia più il diritto di “sparare sull’uomo solo al comando” minacciando lo sfascio ad “ogni piè sospinto”.

Nella penultima tornata elettorale, tutti i tromboni dell’area governativa lo hanno platealmente festeggiato ed osannato perché ha portato il PD al 41%, un successo nemmeno sfiorato in precedenza.

Nell’ultima consultazione per le regionali, però, i risultati sono stati disastrosi col ridimensionamento dei suffragi ed il riposizionamento del partito sui livelli consueti.

Ovviamente bisognava trovare un “capro espiatorio” e non è stato per nulla difficile indicarlo nel Presidente del Consiglio del governo in carica.

Non intendo certo assumere la difesa d’ufficio dell’ex sindaco di Firenze perché dispone già dei mezzi e delle capacità di difendersi da solo, ma l’atteggiamento  dei “rottamati” non lo trovo nè coerente, nè  giustificato.

È fin troppo evidente che qualora gli “sfascisti” della sua minoranza interna decidessero di attuare le loro minacce, i rischi di crisi del suo governo aumenterebbe a vista d’occhio con conseguenze catastrofiche nell’attuale contesto politico.

Tuttavia, i “pompieri” filogovernativi stanno già al lavoro cercando, in ogni modo ed in tutte le maniere, di circoscrivere e vanificare le prevedibili conseguenze devastanti per l’intero Paese.

Non a caso si ostentano i primi segnali di ripresa dell’occupazione e della crescita  dell’economia in generale, ma le percentuali restano sui livelli da prefisso telefonico.

Siamo ormai entrati in una vera e propria “resa dei conti” che dovrebbe aver luogo nel corso della direzione del partito ormai imminente.

Previsioni non se ne possono fare, ma inevitabilmente, qualcuno dovrà “perdere la faccia”, anche se taluni professionisti della mediazione, lasciano spalancata la porta a qualche compromesso all’italiana, che riesca a salvare le capre del Premier ed i cavoli di Bersani & company.

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