L’inaugurazione dell’anno giudiziario e lo stato della giustizia italiana

Da Torino a Messina sino a Palermo, passando per Cagliari, l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle Cortid’Appello, preceduta da quella presso la Suprema Corte di Cassazione in Roma, è stata l’occasione per valutare lo stato della Giustizia italiana.

Nella sua relazione, il Presidente della Corte d’Appello di Milano ha ricordato due primati per l’Italia, il maggior numero in Europa di estinzioni del reato per prescrizione (circa 130mila quest’ultimo anno) e, paradossalmente, del più alto numero di condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per l’irragionevole durata dei processi.

Se ne parla da tempo, ma siamo ancora lontani dal trovare una soluzione. Chissà perché! Basterebbe, per porre rimedio ai guasti della prescrizione, cassare una volta per tutte la ben nota Legge Cirielli del 2005! Il Presidente della Corte d’Appello di Palermo ha sottolineato, da parte sua, che il problema principale resta sempre quello della durata dei processi ma individua la colpa nella carenza di organico in diversi Uffici, ma anche nel continuo aumento delle cause sia civili che penali e, dunque, del bisogno di giustizia dei cittadini. E sull’argomento interviene anche il Presidente della Corte d’Appello di Firenze che ha sostenuto che ogni giorno gli Uffici Giudiziari sono costretti ad una “questua umiliante” verso il Governo per ottenere risorse che non sono neanche sufficienti al loro funzionamento; ci vorrebbe una riforma che preveda un “decoroso stanziamento finanziario di bilancio che ponga fine all’umiliazione di una questua quotidiana”. Certamente, gli annosi problemi della Giustizia non potranno essere risolti con la separazione delle carriere dei Magistrati, cioè ponendo pericolosamente il PM agli ordini della Politica (la nostra, poi!) e altre oscenità giuridiche nei confronti dell’ ordinamento democratico quali il “Processo Breve”, che comporterebbe la prescrizione provvida per i delinquenti, ovvero, in sua sostituzione, il “Processo Lungo”, congegno feroce per rallentare i tempi della Giustizia con il potere della difesa di far citare centinaia di testi inutili senza che il Magistrato possa opporvisi, per giungere felicemente alla tanto agognata prescrizione a vantaggio di mafiosi di complemento ovvero in servizio permanente, come di cricche e furbacchioni degenerati mangiasoldi pubblici.

Senza essere raffinati giuristi, sappiamo che ci sono riforme a costo zero che produrrebbero immediatamente effetti positivi di enorme portata per dare Giustizia, giammai per eluderla. Ad esempio, per appianare i ruolo dei Magistrati, almeno in parte, andrebbe ampliata con legge immediata la possibilità di impiego dei Giudici Onorari di Tribunale (GOT) nel processo penale, attualmente consentito solo in caso di impedimento dei togati; per i Vice Procuratori Onorari (VPO), ancora, andrebbe prevista una stabilizzazione maggiore dell’attuale, con la previsione di concorsi ad hoc per il transito nella Magistratura Ordinaria; poi, che la prescrizione non operi più una volta esercitata l’azione penale; che sia assicurato il legale valore alle notifiche di citazioni direttamente al difensore di fiducia, per evitare espedienti e furbizie degli imputati che le inventano di tutti i colori per rendersi irrintracciabili, sempre al fine della prescrizione; ma anche la revisione della geografia giudiziaria, con l’abolizione di Tribunali e Procure della Repubblica minimali avviata dal Governo Monti andrebbe portata avanti, il che consentirebbe recupero di Magistrati e personale ausiliario in favore di Uffici più importanti.

La raccolta e l’analisi delle informazioni sulle dinamiche di criminalità organizzata hanno messo in luce, comunque, a fattor comune, come evidenziato dai Vertici dei Distretti Giudiziari, pericolose forme di mutazione dei clan mafiosi alla sempre più diffusa ricerca di consenso attraverso forme di  partecipazioni, di strategie di “mimetizzazione” nel mondo degli affari, degli enormi profitti provenienti dai vari traffici criminali e di connivenze con reti di imprenditori, faccendieri, intermediari e colletti bianchi, utilizzando l’attitudine alla corruzione del sistema.

Si deve registrare, attesa la crisi economica, l’espansione di fenomeni usurari come anche il permanere della diffusione del “pizzo”. E’ stata attuata la strategia di aggressione ai patrimoni mafiosi, applicando la legge n. 125 del 2008, che, oltre a rafforzare il ruolo di impulso e di coordinamento del Procuratore Nazionale Antimafia anche in tema di misure di prevenzione patrimoniali, ha portato ai positivi risultati registratisi attraverso il sequestro di beni per un valore stimato in oltre 25 miliardi di euro e la confisca in via definitiva di patrimoni per un valore di circa tre miliardi. Si è proceduto inoltre a perseguire tutte le altre manifestazioni dell’economia criminale, anche in tema di antiriciclaggio; racket e usura; money transfer; segnalazioni di operazioni finanziarie sospette; frodi nella destinazione di risorse dell’Unione europea. Il tutto, senza trascurare le altre dinamiche criminali d’attualità, qualificate come materie d’interesse, quali le ecomafie, la tratta di esseri umani, il contrabbando, la contraffazione di marchi, le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore agricolo, nei pubblici appalti, nella pubblica amministrazione e nel gioco anche lecito.

Continua, concludendo, la pericolosità delle organizzazioni criminali storiche le cui ramificazioni sono radicate  nelle regioni del centro-nord dell’Italia. Per quanto attiene alle mafie straniere si conferma la particolare attenzione da riservarsi a quelle di origine balcanica, cinese, nigeriana, rumena e russa. Questo il quadro di situazione dei vertici delle Corti d’Appello, in verità allarmante, che evidenzia il disinteresse della politica a tali problemi.

Per quanto riguarda in particolare la normativa sui beni sequestrati alle mafie, che il passato Governo strombazzava fosse unico strumento per disarticolare le organizzazioni criminalmafiose, c’è da dire che è stata depotenziata proprio dal nuovo Codice Antimafia, varato ai primi di agosto 2010; infatti, la nuova legge fissa un limite al tempo che può passare tra il sequestro e la confisca, ben 18 mesi, con due possibili proroghe di sei mesi, con richiesta motivata del Tribunale. C’è da dire che il limite dei due anni e mezzo è troppo breve, lo sa anche uno studente al primo anno di Giurisprudenza, in quanto le indagini patrimoniali sono complesse, soprattutto se parte delle ricchezze è nascosta all’estero.

A titolo di cronaca, va anche ricordato che dalle ultime relazioni della Corte dei Conti si evince che oltre la metà dei beni confiscati resta inutilizzata per la lentezza delle procedure e che, dal momento del sequestro, “servono ancora tra i 7 e i 10 anni per giungere alla confisca definitiva dei beni e al loro successivo riutilizzo”. Quindi, se qualcosa andava fatto, era quella di accelerare, non già di ritardare la procedura!

Un altro limite è la possibilità di revoca della confisca di un bene, anche se questo è già stato assegnato e, per esempio, è diventato una scuola, una Caserma dei Carabinieri ovvero un Commissariato di PS, come anche la sede di una cooperativa sociale. Mentre, prima, la confisca era definitiva, con il nuovo testo chi esce assolto da un processo per mafia può chiedere la restituzione di quanto gli è stato sequestrato; scusate se è poco! Aggiungiamo, dati alla mano, che ci sono attualmente oltre 1600 aziende confiscate alla mafia e altrettante aziende e immobili sequestrati non ancora confiscati o in procinto di esserlo che non producono reddito, e questo perché tali aziende sono sottoposte a procedura fallimentare con il conseguente licenziamento dei dipendenti; il patrimonio confiscato, che dovrebbe servire a creare occupazione ed avere un uso sociale come forma di contrasto alla criminalità, viene con la procedura vigente disperso con la vendita.

Va ricordato, al riguardo, che le aziende confiscate sono un bene di tutti che non deve andare all’asta, non deve essere svenduto a privati ma va salvato perché serve a dare ristoro a zone gravate dal cancro mafioso e a contrastare la crisi economica. Tutti gli Italiani sanno che nell’industria del crimine l’Italia è tra i Paesi leader! Pensate quale primato lusinghiero; ma ci fosse un partito che tuonasse sull’argomento! L’economia criminale in Italia vale infatti 170,5 miliardi di euro all’anno; una montagna di soldi che oltre ad essere creata attraverso una serie di attività illegali spesso viene riversata sul mercato finendo così per inquinarlo. I 170,5 miliardi prodotti dalle mafie corrispondono al Pil annuo di una Regione come il Lazio e si stima in maniera approssimativa che il danno erariale prodotto dall’economia criminale si aggiri attorno ai 75 miliardi di euro all’anno. La conferma dell’escalation del giro d’affari in capo alle organizzazioni criminali emerge anche dal numero di denunce pervenute in questi ultimi anni all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia (Uif); sono le segnalazioni di operazioni di riciclaggio sospette eseguite da intermediari finanziari (in primis le banche che ne hanno compiute quasi l’80% del totale), verso la Uif. Tra il 2007 ed il 2011 sono aumentate del 303%. Nel 2011, ultimo dato disponibile, hanno raggiunto la quota record di 48.344.

E che dire della corruzione? Ricordiamo che dal rapporto del 2012 di Transparency International, una Ong che si occupa di studiare la corruzione percepita nel settore pubblico prendendo in considerazione i dati di 176 Paesi, si rileva che l’Italia, come scritto su altro nostro articolo recente, è situata al 72° posto nel mondo, cioè dietro a stati come Ghana, Botwsana, Bhutan e Ruanda. Con noi, in eguale posizione, la Bosnia, mentre precediamo di un solo punto la Tunisia. E’ indubbio che il fattore deterrenza al crimine, nella nostra  Italia, continua ad essere una chimera e tale stato di cose permane anche a seguito del varo della più che recente Legge anticorruzione che in un certo senso, su taluni aspetti, ha indebolito il quadro normativo.

Bene, il nuovo Parlamento di nominati con la “Legge Porcata”, per il cui rinnovo con molte perplessità voteremo a breve, formato si spera da Persone capaci e preparate, avrà molto da lavorare nelle Commissioni e nelle Aule per porre rimedio allo sfacelo di legalità esistente in Italia, auspicando di non vedere più questi Onorevoli nominati e telecomandati in TV nel corso di penose trasmissioni mattutine o serali a parlare con motivata convinzione del nulla, mentre invece li vorremmo al lavoro insonne e indefesso per raddrizzare una volta per tutte questa nostra Italia! Lavoro, Istruzione, Sanità e Sicurezza dovranno essere le linee principali della nuova Politica…si spera!

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