LA QUESTIONE MORALE COMPIE UN SECOLO

 Una lobby-crazia gestisce gli appalti pubblici

 
 

Il sisma che ha colpito l’Abruzzo ha svelato l’ennesimo caso di disonestà derivante dall’intreccio perverso fra alcuni pezzi delle Istituzioni e affaristi senza scrupoli.

È un errore grossolano parlare di contrapposizione fra Stato e Malavita.

Per comprendere le cause della longevità e del radicamento dei clan malavitosi (vere e proprie lobby all’italiana) va constatato il fatto che da oltre un secolo è in atto la contrapposizione fra onesti servitori dello Stato e quelli che onesti non sono, pur retribuiti dallo Stato.

Quante volte abbiamo sentito parlare di scioglimento di Consigli comunali “per sospette infiltrazioni camorristiche”?

È difficile calcolare il numero esatto di Commissari prefettizi nominati fino ad ora in seguito a tali infiltrazioni.

Ciò che ci lascia perplessi è la sistematica minimizzazione e sdrammatizzazione dei fatti in questione da parte degli oligarchi della Casta politica. “Si tratta di episodi sporadici e di rilievo locale”, così i politici di mestiere continuano a sentenziare, mentendo sapendo di mentire. Volete sapere perché gettano acqua sul fuoco?

La ragione è di lapalissiana evidenza.

Alcuni di essi (e non sono pochi) non sapendo svolgere altri mestieri vivono di politica, ricavando soldi e voti da lobby del malaffare specializzate in traffici illeciti, specialmente truccando gli appalti delle opere pubbliche. Altrimenti, come potrebbero finanziare le campagne elettorali? È questa la causa primaria della corruzione che, da oltre un secolo, caratterizza le attività svolte da alcuni “eletti”. Chi non dispone di ingenti mezzi finanziari non può divulgare un programma politico e quindi non può conquistare (a volte, acquistare) i voti necessari per essere eletto.

Le campagne elettorali sono costosissime e, in qualche modo, bisogna pur raccogliere denaro con ogni mezzo, lecito o illecito.

Ricordate le elezioni politiche del 18 aprile 1948? Furono finanziate dai dollari versati alla D.C. e dai rubli versati al P.C.I.

Questi “regali” proseguirono per circa quarant’anni.

Poi, dopo la chiusura dei “rubinetti” internazionali, le fonti di finanziamento sono state trasferite negli “affari” di vario genere svolti in Italia.

In molti scandali è emersa la collusione fra “eletti dal popolo” e malaffare. In non pochi casi la parola “elezione” ha rivelato una parentela molto stretta con la parola “corruzione”.

Che fare, allora, per eliminare la corruzione fin dalle radici? Bisogna modificare profondamente l’attuale sistema di selezione della classe politica (fondato sul “metodo Caligola” e condizionato dalle predette “infiltrazioni”).

Urge abolire questo “Porcellum” e sperimentare il metodo della democrazia autentica (e pulita) in vigore in Grecia nel VI e V sec. a.C., per opera di Licurgo, Solone, Clistene e Pericle.

In quell’epoca non serviva denaro per diventare legislatori e governanti. Bastava essere onesti e competenti e chiedere di essere inseriti in un Albo nell’ambito del quale poter essere sorteggiati per far parte della Bulè (Senato). Si restava in carica un solo anno e nessuno poteva essere risorteggiato.

Per impedire l’accesso al potere dei corrotti e dei tiranni c’era la legge dell’ostracismo.

“Intelligenti pauca”. 
 
 
 
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