Tematiche etico-sociali

Riflessione sulla recente assoluzione del generale Mario Mori

SpiaRichiesto da lettori di scrivere qualcosa sulla recente conclusione del Processo Mori e rapporti tra Polizia Giudiziaria e Intelligence con l’Autorità Giudiziaria…

…espongo alcune personali riflessioni, iniziando appunto dalla recente assoluzione del Generale dei Carabinieri ed ex Direttore del Sisde Mario Mori, dopo cinque anni e oltre 100 udienze, imputato per aver impedito la cattura del boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano. Il Generale ha commentato così la sentenza: “C’è un giudice a Palermo!”.

A questo capo di imputazione, dal 2011, si è aggiunto per Mori anche quello di “attentato ad un corpo politico”, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “trattativa Stato-mafia”.

 

Il primo procedimento venne instaurato a seguito delle dichiarazioni tardive ed inattendibili di un ufficiale dei Carabinieri, già condannato per traffico di stupefacenti  per aver consegnato a confidenti partite di droga  precedentemente sequestrate, per enfatizzare i risultati delle operazioni e per motivi di carriera.

 

A partire dal 2009, un ruolo chiave per l’accusa lo ha giocato anche il ben noto Massimo Ciancimino, figlio dell’ex Sindaco mafioso di Palermo, don Vito. C’è da dire che ad implementare il già ridondante quadro accusatorio del noto processo sulla “trattativa”, i PM hanno mandato recentemente gli investigatori della DIA nel Palazzo di Giustizia di Roma per recuperare gli atti del processo a uno dei presunti telefonisti della “Falange Armata”, la misteriosa organizzazione che, ai centralini delle agenzie di stampa, rivendicava gli attentati del ’92-’93 quali: l’agguato vigliacco a tre Carabinieri al Pilastro di Bologna da parte degli assassini della “Uno bianca”; l’uccisione dei Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; le esplosioni di autobombe in Via Ruggero Fauro a Roma e in Via dei Georgofili nei pressi della Galleria degli Uffizi a Firenze; nonché il rinvenimento di un potente ordigno a Via dei Sabini a Roma, a 100 metri da Palazzo Chigi, non omettendo anche inquietanti messaggi inviati per via telematica su importanti siti economici e istituzionali, di non larvate minacce allo Stato.

 

A questo punto, qualcuno potrebbe suggerire ai Magistrati che in questo onnicomprensivo processo non ci sarebbe solo da disvelare il mistero della Falange, ma anche quello della “Uno Bianca”; sì, la famigerata banda (82 “colpi” in Emilia e Romagna, 23 morti, decine di feriti, otto anni di sangue dal 1987 al 1994) le cui indagini, dopo l’arresto dei tristemente noti fratelli Savi, nel 1994, non furono più approfondite perchè non collimavano con quelle attestate sulla linea minimalista della banda casareccia e familiare.

 

Detto ciò, è possibile, esprimendo un concetto già espresso, che integerrimi e coraggiosi Servitori dello Stato come gli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori, Giuseppe Dedonno e Sergio Decaprio (il mitico Capitano “Ultimo”) abbiano subito o continuino a patire l’onta del processo penale avendo come unica colpa quella di aver difeso questa Repubblica che non trova pace ed equilibrio nel fronteggiare il terrorismo mafioso destabilizzante?

 

Piuttosto che colpire chi ha fatto eroicamente con enormi rischi personali il proprio dovere, la Magistratura dovrebbe fare presto e bene  la propria parte approfondendo non pochi aspetti oscuri che punteggiano la storia di questo Stato, affondando il bisturi laddove è necessario, mentre la Politica, una volta finalmente rinnovata, dovrebbe scrollarsi di dosso pericolosi legami e sostegni criminali, inasprendo il quadro legislativo antimafia come non fatto negli ultimi venti anni.

 

Sempre sul gran tema dei “teoremi”,   cito ancora quel bel libro da poco pubblicato di Pietro Di Muccio de Quattro, recensito recentemente, intitolato “Il golpe bianco di Edgardo Sogno”, dal quale emerge la figura di un grande patriota della Resistenza che rischiò la vita combattendo i nazifascisti ma anche difendendo la libertà dal totalitarismo comunista, tanto da essere ingiustamente e paradossalmente accusato di essere un fiancheggiatore dei fascisti. Per questo, fu ingiustamente accusato e arrestato e poi finalmente assolto.

 

Per quanto concerne l’Intelligence, sappiamo bene che nel dicembre 1969 la strage di Piazza Fontana a Milano segnò l’inizio di uno dei periodi più travagliati della storia d’Italia.

 

Negli anni successivi, le inchieste evidenziarono comportamenti omissivi da parte dei Servizi (il SID, che nel 1966 sostituì il SIFAR), ma anche dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, nei confronti dei Magistrati che indagavano sulla strage di Milano e sugli altri attentati degli anni successivi.

 

Oggi, i Servizi sono rinnovati grazie alle Leggi 801/1977 e in ultimo la 124/ 2007, che prevedono un moderno e democratico Comitato Interparlamentare di Controllo sul loro operato.

 

Detto ciò, quel che si impone a tutti i livelli è una vasta operazione di rinnovamento culturale, di ritorno ai migliori principi dell’etica, del metodo operativo corretto e professionale (per tutti, in negativo, il caso Abu Omar, del 2003, e i più recenti dei due Marò e di madre e figlia del Kazakistan), come anche un forte richiamo all’assopito amor di Patria.

 

Ci vuole un atteggiamento di umiltà sia nel campo processuale, investigativo e dell’intelligence, in quanto l’ideale Giustizia non si persegue con processi spettacolo ovvero con operazioni “sporche”, come anche con maldestre non professionali  attività sul campo, quanto tenendo fede ad una linea guida dettata dalla morale che prescinda tanto dal negativismo, indice di amorfa rassegnazione, quanto dal dogmatismo interventista, che è pericolosa mancanza di critica e di intelligenza.

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