Grasso potrebbe disarcionare Renzi

Roma, 7 dicembre 2017 – La “discesa in campo” del presidente del Senato, Pietro Grasso, posizionandosi in un raggruppamento a sinistra del PD  e composto da scissionisti e “rottamati” proprio dal cosiddetto “renzismo”, ha dato un forte scossone alla campagna elettorale  già iniziata, per le ormai prossime elezioni politiche nazionali.
È opinione molto diffusa che si tratti di un personaggio carismatico sia per il suo passato di magistrato, che per l’importante ruolo politico ricoperto, come  2^ carica dello Stato, per cui non stupisce più di tanto il fatto che sia stato eletto “per acclamazione”, leader di questo nuovo soggetto politico.
È vero che in questi ultimi tempi i sondaggisti hanno spesso “perduto la faccia” come nelle elezioni americane, in quelle tedesche ed anche in alcune consultazioni amministrative italiane importanti, ma tante altre volte ci hanno “azzeccato”  per cui vanno tenuti nella giusta considerazione.
Ebbene, secondo la maggioranza di questa categoria di “addetti ai lavori”, la “cosa rossa” (come l’ha definita lo stesso Renzi), non dovrebbe raggranellare più del 10% che non porterebbe da nessuna parte.
È certamente prematuro ipotizzare coalizioni ed accordi tra i nostri “mestieranti della politica”  specialisti in acrobazie e cambio di casacche, ma non v’è alcun dubbio che in particolari circostanze, come quella in cui stiamo vivendo, anche realtà apparentemente piccole possano creare sconvolgimenti profondi negli scenari politici del nostro ex Bel Paese.
A prescindere dalla provenienza e della destinazione di questa certamente non trascurabile transumanza, il più penalizzato potrebbe essere proprio l’ex Premier Renzi che rischia veramente di restare fuori dalla lotta tra il centro-destra coordinato dal redivivo Berlusconi ed il M5S di Grillo, come prematuramente va predicando l’ultra80enne  presidente di Forza Italia.
Ad aggravare questo marasma politico-istituzionale sono subentrate le dimissioni dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e la rinuncia a qualsiasi candidatura dell’attuale ministro degli Esteri, Angelino Alfano, definito “la malferma stampella del PD”.
Si tenga inoltre conto della nuova legge elettorale incardinata in un sistema politico maggioritario-proporzionale che non scongiura il pericolo di “inciuci” e, soprattutto, non si devono sottovalutare le chanches di Gentiloni, il quale ha dimostrato in questo suo breve mandato, di saper governare con competenza e moderazione, raccogliendo consensi e simpatie dentro e fuori del suo stesso partito.
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