Ancora sullo stato della giustizia in Italia

Roma, 18 marzo – “La promessa tradita”, questo il titolo di una articolo su “Micromega” (rivista bimestrale n. 2/2016, in edicola) che fa riferimento all’ allocuzione del Procuratore Generale di Palermo, Roberto Scarpinato, in occasione all’inaugurazione dell’anno giudiziario.
“Tenuto conto che il Ministro della Giustizia (Orlando) ci ha accordato il privilegio di partecipare personalmente a questa cerimonia, vorrei prendere spunto, per il mio intervento, dall’incipit della relazione sull’Amministrazione della Giustizia che Egli ha illustrato nella seduta della Camera dei Deputati del 20 gennaio di quest’anno e che mi ha particolarmente colpito. In quell’ occasione il Ministro ha infatti esordito con queste parole: “Un paese, una città, un territorio, segnato dai conflitti, sfibrato dalle polemiche, non è nelle condizioni di darsi un orizzonte strategico. Non è in grado di usare al meglio le risorse e le energie disponibili, non è in grado di reperirne di nuove, e di determinare un processo di crescita”. La gravità dei toni utilizzata per introdurre i temi dell’amministrazione della giustizia, credo non trovi equivalenti in atti similari di altri Ministri della Giustizia dell’Unione Europea. Ricollegandosi a tale incipit, nel prosieguo della sua relazione alla Camera, il Ministro ha declinato la consapevolezza che nel nostro paese l’amministrazione della giustizia non è riducibile – a differenza che in altri Paesi europei – solo ad un settore importante dell’amministrazione dello Stato, atteso che la lezione della storia della Nazione dimostra come invece si tratti di un terreno strategico in cui la posta in gioco è la tenuta stessa della credibilità dello Stato e della democrazia. Ma se oggi osserviamo la realtà sociale fuori da questo palazzo, dobbiamo prendere atto che questa promessa, che pure tante speranze aveva alimentato, non è stata mantenuta. Dal rapporto Istat 2015 risulta che la Sicilia è oggi la regione più povera del paese, con il 54,4,% della popolazione a rischio di povertà e, nel contempo, la regione che ha il più alto indice di disuguaglianza economica tra i suoi abitanti a livello nazionale ed europeo. Una situazione in grado di fare implodere l’intero tessuto sociale dell’isola. Se questo è il contesto, non meraviglia come, a fronte della buona tenuta dell’azione di contenimento del crimine mafioso, che pure continua a mantenere la propria presa sui territori, pronto a riespandersi pienamente non appena si abbassi la guardia si assista, di contro, ad un arretramento sul terreno della cultura della legalità, ad una preoccupante escalation della illegalità nei più svariati settori e, di conseguenza, ad un disillusione nei confronti del futuro… La realtà mette a nudo che non solo l’amministrazione della Giustizia non riesce a promuove maggiore giustizia sociale, ma che il sistema penale ordinario appare sempre meno in grado di assolvere adeguatamente lo scopo di prevenire il crimine tramite la deterrenza delle pene, di reprimerlo riaffermando il principio di responsabilità individuale con l’irrogazione della pena. Ho fatto non a caso riferimento al sistema penale ordinario, giacché invece lo speciale regime giuridico penale messo a punto dal legislatore per il contrasto al crimine organizzato, ha per fortuna sottratto questo importante settore allo stesso destino di impotenza riservato invece alla giurisdizione penale ordinaria. Basti solo considerare al riguardo che, ad esempio, l’art. 157 c.p. prevede il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i reati di mafia. Nella relazione scritta della Procura Generale si da atto dell’impennata statistica registrata in alcuni dei più rilevanti settori del crimine in questo distretto: +25% per i delitti contro la P.A., + 48 % per le estorsioni, +49 % per i reati in materia di traffico di stupefacenti, +22 % per i furti, + 79 % per il reato di usura, + 60% per i reati edilizi. Tra i numeri in crescita vi sono poi quelli dei reati prescritti per un totale complessivo del +21%. E in crescita è anche il fenomeno dei reati sommersi, cioè dei reati che non vengono denunciati dai cittadini per una persistente sfiducia nelle istituzioni. Quanto al versante della prevenzione, è superfluo ripetere come l’attuale regime giuridico della prescrizione, unico nel panorama mondiale, sortisca l’effetto di depotenziare la reale efficacia deterrente dell’amplissima fascia di reati puniti con la pena sino a sei anni, la gran parte dei quali destinati a prescriversi perché accertati a distanza di anni dalla loro consumazione, con un tempo residuo prima della loro estinzione talmente esiguo da rendere impossibile percorrere tutti i gradi del giudizio, pervenendo a sentenza definitiva. Il crollo statistico delle condanne definitive per reati contro la P.A. rientranti in tale fascia dopo l’entrata in vigore della Legge Cirielli (del 2005), è solo uno degli indici più eloquenti dell’arretramento dello Stato su questo e su altri fronti cruciali, e del conseguente consolidamento di una sorta di statuto impunitario. Sono ormai in buona misura ridotti a meri simulacri di un diritto penale condannato all’impotenza tanti reati: l’ abuso di ufficio (art. 323 c.p.), omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.), con i quali si realizzano condotte funzionali alla corruzione e concussione, i reati di turbata libertà degli incanti (353 c.p.), di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (353 bis c.p.) mediante i quali si manipolano le pubbliche gare di appalto, i reati truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.) mediante i quali si predano i fondi pubblici destinati allo sviluppo, il reato di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) mediante il quale si realizzano opere pubbliche con cemento depotenziato, autostrade che crollano per la scarsa qualità dei materiali costruttivi forniti, il reato di traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.) mediante il quale gruppi di pressione e potenti lobby interferiscono nelle decisioni di destinazione delle risorse pubbliche. Dall’analisi della composizione della popolazione carceraria compiuta dal DAP emerge infatti che il numero complessivo dei detenuti in espiazione definitiva per reati in parola è statisticamente irrilevante e assolutamente incompatibile con la dimensione di massa della corruzione, della criminalità fiscale e quella economica. Basti solo considerare, per avere una pietra di paragone, che in Germania i detenuti per reati economici e finanziari sono circa 8 mila mentre in Italia si aggirano intorno ai 200. … Alla prova dei fatti, in buona parte si sono sfollate le carceri, ma è elevato il rischio che si siano contemporaneamente riaffollate le strade e le città di condannati per nulla rieducati, per nulla reinseriti socialmente, e, nella sostanza, riconsegnati a un destino di emarginazione sociale e di precarietà esistenziale, anticamera del loro pendolare ritorno al crimine anche come forma di autosussistenza. Nel corso degli anni il legislatore ha inserito nell’elenco di cui all’art. 157 c.p. molti altri reati oltre a quelli di mafia, tra cui delitti colposi di danno (art. 449 c.p.), violenze sessuali di vario tipo, e persino il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.). Nel maggio del 2015 con la legge n. 68 ha inserito anche tutta l’ampia categoria dei reati ambientali. Si converrà che ammettere un regime di prescrizione raddoppiata per i maltrattamenti in famiglia e non ammetterlo per i reati più gravi contro la P.A. non sembra declinare una politica criminale coerente e razionale. Una iniziativa di tal genere da parte sua sarebbe un importante segnale per iniziare a ridare effettività al sistema penale almeno su questo fronte strategico, inaugurando una corsia preferenziale che costringa tutte le forze politiche ad assumersi le proprie responsabilità dinanzi al Paese”.  
Sin qui, Il Procuratore Generale di Palermo Scarpinato. Ora consideriamo con breve riflessione che da anni la classe politica vuole che la Magistratura sia soggetta al proprio controllo, in primis quando agisce sulla saldatura politica e criminalità organizzata o addirittura mafiosa. Addirittura due ex Ministri, Alfano e Castelli, in tv nella primavera del 2011, sorprendentemente dissero che ” Il nostro diritto prevede due poteri e un ordine, che è quello della Magistratura”. Quindi un Ordine, anziché uno dei tre poteri su cui si fonda una Democrazia moderna, lasciando intendere una declassificazione e una subordinazione. Si tratta della stessa teorizzazione che Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, pubblicamente si chiese come fosse possibile che un Magistrato, semplice funzionario dello Stato (sic!) vincitore di concorso pubblico giunga ad incriminare ed eventualmente condannare chi eletto dal popolo è legittimato a governare il Paese. Probabilmente, non ricordava che è proprio la Costituzione che prevede il concorso pubblico per l’accesso in Magistratura a garanzia di indipendenza dell’Ordine Giudiziario e della sua estraneità alle logiche e agli interessi della politica. L’auspicio, ora, è quello che le dichiarazioni del Ministro Guardasigilli Orlando all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo costituiscano finalmente l’inizio di una vera inversione di tendenza! Nell’interesse dell’Italia e degli Italiani!
Su altre autorevoli prese di posizione di due Procuratori Generali della Repubblica, il nostro recente articolo: In Italia si vogliono strade sicure ma le carceri sono vuote. Perchè?del 06 Marzo 2016. 
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