Racconti di sport

Suarez, addio al Signore del calcio.

Un altro lutto funesta la palla rotonda.

Roma, 9 luglio 2023 – Ancora un lutto nel mondo del calcio, ancora un ex giocatore dai piedi buoni, un vero “10”, al di là se poi in qualche occasione non era quello il numero.

Dopo Vincenzo D’Amico, la scorsa settimana, è di questa mattina presto la scomparsa di Luis Suarez, detto Luisito, (nato in Spagna 2 maggio 1935), grande colonna dell’Inter euro-mondiale degli anni sessanta.

Voluto fortemente da Helenio Herrera, il Mago, dopo i fasti al Barcellona arriva in nerazzurro nel 1961 per la cifra record, ai tempi, di 300 milioni sborsati dal patron Angelo Moratti.

Del resto Pallone d’Oro l’anno precedente e colonna inamovibile della Spagna, con cui vincerà il titolo europeo per nazioni nel 1964.

Nove anni dove vince di tutto in una squadra che verrà recitata a memoria come l’Ave Maria: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin (Tagnin), Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Domenghini (Milani), Suarez, Corso.

Giocatore di un’intelligenza tattica fuori dal comune era molto avanti per l’epoca, perché univa all’ottima tecnica un movimento fisico eccellente.

Era l’iniziatore di una delle più evolute manovre di contropiede che la storia del calcio ricordi, con i suoi lanci di quaranta-cinquanta metri che innescavano le frecce Jair e Mazzola.

Herrera negli anni d’oro tra il 1963 ed il 1967 poggiava su una difesa di ferro, sulla classe cristallina di Mario Corso, sulla sapiente regia di Suarez e come detto su Jair e Mazzola.

Parecchi gli spunti per ricordare Luisito, ma ve ne racconto due.

Il primo nel maggio del 1967, nella finale di Coppa Campioni contro il Celtic a Lisbona, Suarez, infortunato, non giocò la finale sostituito da Mauro Bicicli, un onesto gregario di centrocampo.

L’Inter, favorita nei pronostici, arrivò cotta e si liquefò ulteriormente nell’afa di Lisbona ma a pesare ancor di più, nel contenere la furia degli scozzesi, fu l’assenza di Suarez.

La mancanza delle sue geometrie, della sua personalità, fece perdere il principale punto di riferimento dei nerazzurri.

Al ritorno a Milano, aeroporto della Malpensa, ad accogliere la squadra c’è Suarez a cui si fa incontro Bicicli che in lacrime gli sussurra:<Luisito, mi hai rovinato…>.  

L’altro spunto è del campionato 1971/1972, esattamente il 9 gennaio 1972, 13° giornata, partita Inter-Sampdoria a San Siro.

L’Inter è Campione d’Italia uscente ed affronta i doriani che nelle loro file annoverano due ex particolari.

Il primo è in panchina ed è Heriberto Herrera, tecnico paraguaiano, omonimo del più famoso Helenio Herrera, che l’anno precedente allenava i nerazzurri.

Heriberto fù esonerato dopo poche giornate per un ammutinamento dei giocatori nerazzurri, che mal sopportavano i suoi severi ed innovativi sistemi d’allenamento.

L’altro ex, ricordato con affetto e nostalgia, era Suarez ceduto due anni prima all’età di 35 anni ritenuto non più idoneo alla causa.

La gara è uno scoppiettante ed inaspettato 4-4, con una tripletta di Boninsegna ma soprattutto con il rigore del pareggio della Samp trasformato proprio da Luisito a quattro minuti dalla fine.

Freddo e spietato lo spagnolo trafigge Bordon, in barba ai 45.000 spettatori che gli urlano dal venduto al traditore tanto per gradire…

Luis Suarez, dalla classe sopraffina, dalla grande intelligenza calcistica, che adesso si divertirà come una volta a dialogare lassù con chi l’ha preceduto.

 

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