Politica

Dissensi e condizionamenti nella maggioranza e nell’opposizione

Pomo della discordia: il famigerato articolo 18

Roma, 4 ottobre – Il cammino del governo Renzi, sulla riforma del lavoro, si fa sempre più impervio e  tortuoso, nonostante le assicurazioni del Premier, secondo il quale il Paese supererà presto la crisi e si collocherà tra i primi della Comunità Europea.

È importante sottolineare che il “sisma devastante” che si temeva  esplodesse nel corso della riunione della Direzione del PD, è stato scongiurato, grazie alla maggioranza “bulgara” renziana ed alla spaccatura dei dissidenti, alcuni dei quali hanno votato contro ed altri hanno preferito astenersi.

Tuttavia, le prossime scadenze non promettono “bonaccia”, specie sulla modifica del famoso art. 18 ch’è diventato un incubo per le forze politiche, imprenditoriali, sindacali oltre, ovviamente, che per le classi lavoratrici e per gli stessi cittadini.

Questa sensazione trae origine dagli interventi, assai polemici, dei cosiddetti “rottamati”, i quali hanno approfittato della ghiotta “visibilità” per togliersi alcuni sassolini dalle scarpe, esternando tutto il loro plateale dissenso  e disappunto su Renzi e sulla sua attività di governo.

Paradossalmente, la vittoria del Presidente del Consiglio e Segretario del partito che rappresenta l’azionista di riferimento nell’attuale maggioranza, ha scatenato molte fibrillazioni e forti “mal di pancia” negli alleati di governo e nel partito di Berlusconi, i cui voti sono determinanti per l’approvazione delle riforme, specie in Senato.

Il pomo della discordia resta sempre il diritto di licenziamento di un proprio dipendente da una qualsivoglia impresa, previa elargizione di un compenso concordato e proporzionato alla durata del lavoro svolto.

Fermo restando il divieto di licenziare per motivi discriminatori, alcuni emendamenti sono finalizzati ad estendere il divieto di allontanare un lavoratore anche per “motivi disciplinari”.

Attualmente, com’è noto, la decisione finale spetta al magistrato, che nella stragrande maggioranza dei casi, decreta la reintegrazione e la corresponsione degli stipendi per l’intero periodo di tempo trascorso prima della sentenza che spesso arriva anche dopo anni.

Nella circostanza, oltre ai noti e conclamati oppositore (M5S e SEL) che danno un’altra lettura del provvedimento in gestazione, si sono ritrovati uniti “Forza Italia” ed il “NCD” di Alfano, e tutti concordano che senza i loro voti non si va da nessuna parte, almeno fino a quando gli schieramenti politici in Parlamento, rimangono tali e quali.

In taluni ambienti generalmente molto bene informati, fa “capolino” un certo pessimismo perché si teme che, nel tentativo di placare le polemiche ed accontentare un po’ tutti,  si arrivi ad una soluzione di compromesso che in apparenza dovrebbe cambiare tutto, ma nella, sostanza, non cambierebbe nulla.

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