L’indignazione legittima dei giovani disoccupati

Roma, 30 ottobre 2016 – Non v’è alcun dubbio che la disoccupazione giovanile in Italia costituisca una  grave iattura non solo per l’economia e lo sviluppo economico del Paese, ma comporta anche un grave e diffuso danno psicologico e culturale per i nostri giovani, delusi ed amareggiati perché non trovano un lavoro, nemmeno precario.
Le ultime statistiche ufficiali rivelano che il tasso dei disoccupati  dei nostri giovani è del 37,9 % che ci colloca agli ultimi posti dei  Paesi Europei perché  sotto di noi  ci sono soltanto la Grecia e la Spagna.
Per rendersene  conto della gravità del problema,  è sufficiente valutare il tasso medio dei giovani senza lavoro nei Paese dell’Eurozona,  attestato sul 22 %.
Non siamo mai stati (né vogliamo cominciare ad esserlo ora), il “bastian contrario” della politica renziana, ma ci saranno certo delle responsabilità politiche se nel 2007  il tasso medio dei giovani disoccupati raggiungeva solo il 19 %.
Siamo perfettamente consapevoli della pesante crisi economica che ha coinvolto l’intero mondo occidentale, ma sappiamo anche che molti Paesi a noi vicini ne stanno uscendo molto meglio e più in fretta di noi.
Ammiriamo l’effervescenza dialettica del nostro Premier, ma dovrebbe accorgersene che sta facendo moltissime promesse incompatibili con le risorse del Paese e, quindi, la delusione dilaga e gli elettori si disimpegnano se non addirittura cambiano casacca.
In questi ultimi tempi vengono mosse severe critiche al mondo giovanile perché si continua a vivere in casa dei  genitori, rinunciando ad una propria famiglia, oppure, se sposati, a mettere al mondo dei figli.
Questi critici dovrebbero, però, suggerire  il modo come un giovane senza lavoro possa pagare l’affitto e mantenere una famiglia normale,  pur senza strafare o inseguire l’evoluzione tecnologica e scientifica   che caratterizza l’era moderna.
Singolare il fatto che del decreto “Jobs Act”, che doveva risolvere il problema dei giovani disoccupati, non se ne sente più parlare.
La ragione crediamo sia piuttosto semplice e solo chi doveva capirla non l’ha capita, ossia il Governo che l’ha proposto e fatto approvare dal Parlamento.
Era fin troppo evidente che gli imprenditori se ne sarebbero avvalsi finché  erano in vigore le facilitazioni fiscali per poi tagliare le assunzioni, com’è  puntualmente accaduto.
Purtroppo non si intravedono all’orizzonte prospettive incoraggianti e, quindi, lo stato generale delle cose non migliorerà, almeno nel breve termine.
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