Declino di un leader

Silvio Berlusconi feritoSappiamo tutti che l’intero nostro pianeta è rigorosamente regolamentato da tutta una serie di norme universali, pragmatiche e molto ben stratificate, con valenza “erga omnes”, senza alcuna deroga o suggestive interpretazioni di parte.

Infatti, per tutti i comuni mortali e per le loro imprese terrene, esiste sempre e dovunque, un “inizio” ed una “fine”, che, per coloro i quali possono avvalersi del supporto medico-scientifico non disgiunto da quello economico, può essere ritardata o rimodulata, ma mai cancellata. In questo contesto si inserisce la parabola discendente della leadership di Silvio Berlusconi, il quale, in un periodo relativamente breve, sembra aver lasciato, obtorto collo”, il gratificante firmamento delle stelle per imboccare l’opprimente e mortificante via delle stalle. Sia ben chiaro a tutti, però, che non è la prima volta che gli avversari politici, di ieri e di oggi , diano il Cavaliere definitivamente spacciato e politicamente morto, smentiti poi dai fatti e costretti, contestualmente, a sparecchiare in tutta fretta i tavoli dei festini imbanditi per la vittoria. Questa volta, però, sembra proprio che la questione sia più seria e complicata, soprattutto perché non è stato il responso delle urne a deciderne la decadenza. Spigolare negli angoli più reconditi del vulcanico cervello del tuttora “leader carismatico” dell’elettorato di centro-destra, è estremamente difficile, fatta eccezione per i suoi figli, Marina e Pier Silvio, per cui tutte le ipotesi adombrate a destra ed a  manca, poggiano sul nulla. Un fatto, comunque, è certo ed incontestabile: una rilevante parte dei suoi “nominati”, a cominciare dal suo pupillo prediletto (almeno a parole), gli ha voltato le spalle e sta attentando all’unità del partito soltanto per la bramosia di  conservare la poltrona da ministro oppure il seggio parlamentare. In politica, similmente come nel mercato delle vacche, non stupisce più l’incoerenza e la sfacciataggine dei voltagabbana, che sistematicamente albergano negli schieramenti di destra, di sinistra e di centro. Ciò che, invece, infastidisce ed anche indigna, è l’ arrogante ipocrisia di chi mente sapendo benissimo di mentire. Personalmente ritengo che costoro susciterebbero più rispetto e comprensione se dicessero francamente: ”difendo questo governo perché tengo famiglia  e dovunque andassi a lavorare, semprechè trovassi un’occupazione, non guadagnerei certo oltre 15.000 Euro al mese, anche perché non so fare altro che il politicante”. Ovviamente non si deve fare di tutta l’erba un fascio, ma è assai verosimile che le eccezioni siano veramente poche. Va poi aggiunto che questi ancora potenziali scissionisti, troverebbero notevoli difficoltà a posizionarsi negli schieramenti esistenti, e pochissimi verrebbero rieletti senza risorse economiche ed un vero partito alle spalle. Ora l’attenzione maggiore è rivolta al congresso del PD e, soprattutto, ai margini di consenso  che potrebbe avere  il candidato favorito, Matteo Renzi. Nessun pregiudizio nei confronti dell’attuale sindaco di Firenze, ma è bene non crearsi molte illusioni, perché come ha rinnegato il sostegno ai provvedimenti di clemenza (indulto ed amnistia) espresso a Pannella circa un anno fa, potrebbe cambiare idea anche sul governo Letta e le “larghe intese”, con grave pregiudizio per la normale scadenza della legislatura.

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