Crescono le difficoltà per il Governo Renzi

Liquidato, poco diplomaticamente, il governo Letta, nessuno si era mai illuso che il commino del suo successore, Matteo Renzi, potesse procedere spedito col “vento in poppa”,  perché nell’attuale contesto politico italiano, dilaniato da guerre intestine per la conquista o il mantenimento di  importanti posizioni di potere, è quasi impossibile, per chiunque, mettere in porto quel preannunciato programma di riforme da sempre osteggiate e condizionate dalle potenti lobby del nostro Paese.

Non occorre scomodare gli economisti di mestiere per affermare che il primo problema di una qualsivoglia riforma, è la copertura finanziaria che non si ottiene con l’effervescente eloquio del Presidente del Consiglio, ma con provvedimenti mirati e coraggiosi senza guardare in faccia nessuno.

Ormai non si fa altro che parlare di “spending review” e del suo direttore, Carlo Cottarelli, al quale, però, compete solo la individuazione degli sprechi e, quindi, l’indicazione di possibili tagli, ma la decisione ultima è di pertinenza politica ed allora la matassa si aggroviglia col rischio di vanificare la certosina ricerca fatta in precedenza.

Quello che più sorprende e preoccupa è l’incoerente e pretestuoso atteggiamento dei sindacati ai quali si è aggregata la Confindustria, che, all’unisono definiscono Renzi molto abile nel sottolineare la gravità dei tanti problemi, ma assai vago nella soluzione e, soprattutto, nel coinvolgimento degli organismi comunitari.

Il pomo della discordia di questi giorni sembra sia rappresentato dal decreto sulla riforma del lavoro e la tensione è arrivata al punto che, il presidente Giorgio Squinzi, ha minacciato la delocalizzazione delle sue aziende, destinazione Svizzera.

In molti non credono in questa ipotesi considerandola una semplice minaccia, ma l’autorevolezza del personaggio  preoccupa e non va sottovalutata.

Come se ciò non bastasse, ecco le accuse del presidente della Banca d’Italia, Visco, il quale ha attribuito ai sindacati ed alle imprese gran parte della responsabilità della mancata crescita del paese.

Ciò ha scatenato l’ira funesta dei leader sindacali, Camusso, Angeletti e Bonanni, i quali hanno respinto con sdegno le accuse attribuendo, invece, la responsabilità della crisi, alla irresponsabile politica delle banche europee, Banca d’Italia compresa.

A tutto ciò si è aggiunto il “mal di pancia” del Nuovo Centro Destra che fa parte della maggioranza, e sostiene chiaramente che non verranno più accettati provvedimenti a scatola chiusa. Non va comunque sottovalutato il dissenso della sinistra interna al Partito Democratico che non si rassegna a sopportare l’”arroganza” di Renzi nella scelta degli obiettivi del governo. A tutto ciò si aggiunge la concreta  preoccupazione, chiaramente espressa, di Silvio Berlusconi che denuncia una evidente inadempienza degli accordi presi in Via del Nazareno con Renzi, sollecitando un nuovo incontro col Presidente del Consiglio.

Ma l’ultimo siluro che potrà avere affetti devastanti, è stato lanciato in queste ore dal Presidente del Senato, Pietro Grasso, il quale  si è schierato nettamente contro l’abolizione del Senato, creando incalcolabili difficoltà a Renzi ed al suo programma, anche perché tutti sospettano che prima di questa “micidiale sparata”, abbia sentito il parere del Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano.

Passando dal serio al faceto, nessuno potrà mai pensare che, in America,  i tacchini chiedano l’anticipazione delle feste natalizie, figuriamoci se i senatori voteranno per l’abolizione delle proprie poltrone.

 

 

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