CON IL REFERENDUM ANCORA SOLDI DEI CONTRIBUENTI GETTATI AL VENTO

Con il referendum del 2 giugno 1946, l’Italia scelse la Repubblica e la Costituzione entrò in vigore il 1 gennaio 1948

 

I Padri costituenti, lungimiranti, con l’art.75, previdero l’istituto del referendum popolare, quando viene richiesto – fra l’altro – da cinquecentomila elettori.

Dal 1946, il secondo/primo referendum si svolge nel 1974, con la norma sul divorzio. Affluenza:87,7%.

Al sesto referendum, nel 1987, la media scende al 65%, con  5 argomenti fra cui la responsabilità civile dei giudici e le centrali nucleari.

Nel 1989, l’affluenza torna all’80% sul mandato costituente al Parlamento Europeo.

Nel 1990, il referendum sulla caccia è nulla perché raggiunge solo il 43%.

I referendum del 1991, 1993 e 1995, nonostante il continuo calo di votanti, raggiungono il quorum.

Negli anni 1997, 1999, 2000, 2003 e 2005 i votanti continuano a scendere ed i referendum sono ancora nulli.
 

Il referendum confermativo sulla riforma costituzionale del 2006, raggiunge il quorum del 52%.

 
21-22 giugno 2009: 18° referendum della Repubblica italiana, con 3 quesiti. Su circa 47.500.000 elettori, l’affluenza è del 22-23%. Risultato: referendum nuovamente nullo.

“E io pago!” diceva in un film il grande Totò.

Se 60 anni fa, con quei mezzi di comunicazione e di trasporto raccogliere la firma di 500.000 elettori era un’impresa,  farlo ora viene da ridere.

Ed allora, al fine di evitare di bruciare soldi dei contribuenti, di impiegare personale della Forza Pubblica a piantonare seggi che raccolgono schede prive di valore sottraendolo alla sicurezza dei cittadini, non sarebbe più opportuno che la raccolta di firme sia almeno superiore ad un quarto degli aventi diritto o comunque non inferiore a 10.000.000 di elettori?

Ciò  per dimostrare  davanti al mondo  che governa  la maggioranza silenziosa e non la sparuta minoranza anche se rumorosa!
 
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