Racconti di sport

Racconti di sport. Pablito

calcio paolo rossi.mondialiI sessant’anni di un mito intramontabile: Paolo Rossi. L’eroe di Spagna ’82.

Roma, 22 settembre – Rossi. Cognome diffusissimo in tutta Italia. Come Bianchi, ad esempio. Rossi e Bianchi. Una divisione tipica del nostro Paese, che è solito sdoppiarsi su ogni cosa: Guelfi e Ghibellini, Coppi e Bartali, democristiani e comunisti, con Berlusconi o contro, pro-Sanremo o anti-Sanremo e così via in tutto. Sport, politica, spettacolo. Tutto, da noi, fa polemica. Anche inutilmente. Anche in casi in cui si potrebbe e dovrebbe farne a meno.

Ma su lui, Paolo Rossi, uno dei tanti signor Rossi della Penisola, ad un certo punto della storia il Paese si è ritrovato unito. Anche se lui stesso, in precedenza, lo aveva diviso per il calcio-scommesse nel quale era finito coinvolto. Anche se in passato lo aveva diviso perché, da eroe dello splendido Lanerossi Vicenza di G.B.Fabbri, l’allenatore che lo inventò centravanti (e mai decisione si rivelò più indovinata) era diventato juventino passando per Perugia e la squalifica. E si sa, quando giochi nella Juve ci sono i tifosi bianconeri che ti osannano e quelli di tutti le altre squadre che ti fischiano.

Nonostante ciò, però, in quel particolare momento dell’anno di grazia 1982 il signor Rossi protagonista della nostra storia riuscì ad unire il solitamente diviso e litigioso popolo italico. E lo fece nel modo più banale ma difficile possibile: segnando i gol che regalarono alla nazionale italiana di calcio il titolo di Campione del Mondo in Spagna. Là dove era arrivata tra lo scetticismo generale e le polemiche che l’avevano accompagnata anche nella prima fase di quell’indimenticabile Mondiale che ha segnato un’epoca e più di una generazione di tifosi, che si ritrovò per strada a festeggiare con il tricolore come mai aveva fatto prima. Anzi, come aveva fatto solo dopo l’indimenticabile vittoria per 4-3 di Messico ’70 contro la Germania. Ma in quel caso fu solo quella partita a provocare la felicità nazionale.

Nell’82, in Spagna, fu invece un’escalation, con Rossi mai in gol nel girone contro Perù, Polonia e Camerun e poi sempre in rete nelle partite sulla carta più difficili che aspettavano gli azzurri. Un gol contro l’Argentina, tripletta contro il Brasile dei mostri sacri del calcio e del centrocampo più forte della storia gialloverde, composto da Toninho Cerezo, Socrates, Falçao, Zico e Junior, che dato che non trovava posto a centrocampo giocava terzino. Perché tra i titolari ci doveva stare per forza, come facevi a metterlo in panca? E con quelle tre reti il signor Paolo Rossi detto “Pablito” fin dai precedenti Mondiali di Argentina ’78 (il soprannome lo coniò un giornalista del Gazzettino di Venezia, Giorgio Lago) diventò una leggenda del calcio mondiale. Quel soprannome lo accompagna ancora oggi e tutto il Mondo, in Spagna, cominciò a chiamarlo così, specie dopo la doppietta nella semifinale contro la Polonia e la rete che sbloccò lo 0-0 della finale contro la Germania, spianando la strada verso il successo agli azzurri.

In quei giorni indimenticabili tutti gli italiani stavano per Pablito: guelfi e ghibellini, democristiani e comunisti, juventini e antijuventini, nordisti e sudisti e anche i vecchi coppiani e i vecchi bartaliani. E scesero ogni volta nelle piazze e nelle vie a festeggiare con il tricolore in mano e osannarono Pertini e anche Papa Wojtyla, che era polacco, ma ormai italiano come noi.

Tutto grazie ad uno dei tanti signor Rossi della nostra Penisola, il più famoso e amato di tutti, che domani, 23 settembre, compirà sessant’anni. Gli ultimi trentotto dei quali vissuti da “Pablito”. 

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