Politica

Tasse, condoni e scudi nel gran tema dell’evasione fiscale

Agenzia delle EntrateSono trascorsi vent’anni da quel 17 febbraio 1992, quando il caso Tangentopoli (il cui volume di affari illeciti fu quantificato dai vari processi in 630 mila miliardi di lire, ritenuto però un decimo della tragica realtà) allarmò fortemente l’opinione pubblica.


Mani Pulite aveva evidenziato un sistema di corruttela finalizzato, essenzialmente, al finanziamento illecito dei partiti e si immaginava, allora, che per infrenare quelle indebite condotte potessero essere sufficienti gli arresti e i processi. Ora, con i grandi scandali che hanno cadenza quasi quotidiana, vediamo che il malaffare è diventato regola, implementato e agevolato da leggi morbide come anche da condoni e scudi che legalizzano l’evasione e il riciclaggio da parte del malaffare. Alla corruzione tipica, quella delle mazzette al burocrate o al politicante di bassa, media, ma anche  alta caratura, si vanno ad aggiungere strategie più sofisticate, giungendo a un sistema definito, dai Magistrati inquirenti, “gelatinoso”, ma possiamo aggiungere anche sfuggente e avviluppante, in cui trovano posto imprenditori disinvolti che si interfacciano con pubblici funzionari corrotti, personalità della politica e anche gente di malavita organizzata.

Constatiamo, ancora, che il capitale legale non infrequentemente viene “vulturato” in capitale clandestino, quindi illegale, collegandosi con l’attività di riciclaggio di denaro sporco e creando una sorta di via preferenziale con le mafie. Non tutti sanno che la metà di quello che guadagnamo, annualmente, costituisce ciò che lo Stato italiano preleva ai contribuenti (per bene) e che abbiamo il non invidiabile primato dell’esazione fiscale più alta in Europa; però tutti sanno, per diretto riscontro, che i servizi offerti dallo Stato e pagati con le tasse sono quasi sempre molto scadenti, per cui si è costretti a reperire e comprare gli stessi servizi dal mercato privato, mettendo così due, se non tre volte, la mano al portafoglio!

Molti altri, ancora, non hanno contezza che la nostra pressione fiscale è superiore di oltre cinque punti percentuali rispetto a quella della Germania, e questo vuol dire che lo Stato italiano incamera più soldi di quello tedesco per fornire servizi senz’altro non migliori, mentre invece tutti sanno, con dati di certezza, che i vari Governi succedutisi nel tempo sono stati carenti e inadeguati sia nello spendere in modo appropriato quanto ricavato dai contribuenti, sia non indirizzando i tanti i soldi ricavati dalla lotta all’evasione per alleggerire il carico di tasse nei confronti dei contribuenti onesti.

“ Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, recita l’art. 53 della Costituzione, che spiega anche il significato della parola “in ragione”, cioè che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, vale a dire che chi più ha, più deve dare. Bisogna, a questo punto, soffermarsi sul concetto di capacità contributiva, sulla quale andrebbe calcolato il contributo di ciascuno. Tale “capacità” è quello che si guadagna, non quello che si incassa. Non si può, infatti, tassare un’impresa sui ricavi senza permetterle di detrarre i costi. Violazione costituzionale, quindi, commessa con Legge dello Stato.

Il prelievo fiscale del 2010 ammonta a 146.500.000.000 euro per 41.529.050 contribuenti, di cui 20.870.919 sono lavoratori dipendenti e 15.292.361 i pensionati. Quei 146 miliardi e mezzo di euro (ricavati da lavoratori dipendenti e pensionati, per un ammontare di 137.200.000.000 euro), è pari al 93 per cento, mentre gli altri contribuenti che versano appena il 7 per cento è costituito dal cosiddetto popolo dell’Iva, quanti cioè hanno una partita Iva che i lavoratori dipendenti non hanno. Sono commercianti, professionisti, imprenditori e altro che hanno una contabilità propria su quanto incassato per cui, autonomamente, versano la somma ritenuta dovuta.

Pensare che l’evasione fiscale annua, in Italia, è calcolata in 130/160 miliardi di euro: quasi la stessa somma delle entrate dello Stato! Le procedure di transazione con i grandi evasori, poi, sono singolari, e questo nel caso in cui l’evasore risieda (fittiziamente) all’estero, corrispondendo contributi leggeri in quegli Stati. Viene elargito, così, quando scoperto l’illecito, appena il 20 per cento del dovuto all’Agenzia delle Entrate, e passa la paura. Perché non si fanno indagini approfondite, del resto anche agevoli, per stabilire se tale residenza sia fittizia o reale? Altro aspetto che va fatto risaltare è che il dispositivo di verifica e repressione  non funziona bene. L’Amministrazione finanziaria, infatti, non è in grado di controllare tutte le dichiarazioni dei redditi, ma solo il 10 per cento, mentre il restante 90 per cento la fa franca, anche in toto, se nei cinque anni a seguire nulla viene scoperto. I condoni, ancora, fatti per fare cassa, sono un’altra panacea per l’evasore che, diciamola tutta, è un potenziale vero e proprio delinquente, “facultato” per Legge a sfruttare una norma che si potrebbe definire criminogena in quanto induce il contribuente alla dichiarazione falsa.

Il condono,  che si calcola a percentuale su quanto dichiarato, consente a chi più ha evaso di essere premiato, perché minore è il reddito dichiarato e minori le somme da corrispondere, mentre il contribuente timoroso, piccolo e modesto evasore, che vuole sanare per mettere a posto le sue cose, paga in proporzione molto perché la percentuale è calcolata su un reddito molto vicino a quello realmente conseguito.

Ad arricchire tale vergognoso quadro, ben sette condoni dal 1973, uno ogni quattro anni. A questo si aggiunge anche la perla dello Scudo Fiscale attuato ben tre volte, con leggi del 2001, 2003 e 2009. Perché si chiama Scudo? Semplice, perché, come in una vera e propria commedia di Peppino De Filippo, per non scomodare il sommo Eduardo,  è una protezione contro il fisco rapace e le pretese esose dello Stato rapinatore nei confronti del povero evasore- delinquente.

Si condona, secondo la commedia, pardon, secondo la Legge, chi ha portato quattrini all’estero, sia lecitamente guadagnati, sia non. Bene, come fare? Basta rivolgersi ad un intermediario, quale una banca, una società di intermediazione, di gestione del risparmio, un agente di cambio etc.  L’evasore, quindi, consegna all’intermediario i suoi soldi provento di reato (perché è reato esportare clandestinamente soldi all’estero) e riceve, in cambio, una dichiarazione riservata senza nome  o altre informazioni utili alla sua identificazione,  che viene comunicata al fisco al quale viene corrisposto appena il cinque per cento prelevato dal conto del cliente-evasore. Quindi, possiamo affermare che lo Stato italiano nulla sa se sta riciclando alla grande soldi di un onesto, tra virgolette, evasore, ovvero i proventi di mafie varie endogene ed esogene, ecomafie o altre tipologie di tristi congreghe che proliferano in questa allegra e incosciente Nazione. Infine, per agevolare gli intermediari ad essere affrancati da qualsiasi responsabilità od anche resipiscenza, la norma prescrive “ che le operazioni di rientro del capitale non costituiscano di per sé elemento sufficiente ai fini della valutazione dei profili di sospetto per la segnalazione antiriciclaggio”. Una soluzione ci sarebbe a questo sfacelo, l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi qualsiasi rapporto bancario, non solo sui conti italiani, ma anche sui conti, valute, cassette di sicurezza, depositi,  e titoli ovunque detenuti, anche alle Cayman o in Svizzera o altri paradisi fiscali, dove sappiamo galleggiano ben 500 miliardi di euro….che andrebbero subito tassati del 100 per cento. Il tutto, ovviamente, normato con previsione di adeguate sanzioni penali. Non c’è tempo da perdere!

Il Governo tecnico, che ha finalmente ridato dignità all’Italia, faccia la sua parte, ben sapendo che il debito pubblico (il maggiore nel mondo dopo USA e Giappone) costituisce il 120% del Pil; per 160 miliardi incide annualmente l’evasione fiscale; per 60 miliardi la corruzione. A parte retate spettacolari per scontrini a Cortina e Capri, si operi con fortissima determinazione nei confronti di mafie,  evasori e corrotti, e questo perché le mafie frenano la crescita del paese e di ciò non ha avuto dubbi il Governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi, quand’era ancora in carica nel marzo 2011, affermando che “…l’economia italiana soffre da tempo, lo sappiamo, di una inibizione a crescere”, sottolineando che “tra i fattori inibenti vi è anche l’infiltrazione mafiosa nella struttura produttiva, che è aumentata negli ultimi decenni, almeno nella sua diffusione territoriale”. E quindi: “Contrastare le mafie, la presa che esse conservano al Sud, l’infiltrazione che tentano al Nord, serve a rinsaldare la fibra sociale del paese ma anche a togliere uno dei freni che rallentano il cammino della nostra economia”. A questo si aggiunge quanto affermato, nei giorni scorsi, dal suo successore, Ignazio Visco: “..le tasse troppe. E non fanno crescere il Paese come dovrebbe”, puntando l’attenzione sulla necessità di aumentare la lotta all’evasione e di tagliare le spese. Il 2012, sottolinea il Governatore, sarà un altro anno di recessione, per le incertezze finanziarie e le drastiche, pur se indispensabili, misure di correzione del bilancio pubblico”. Di fronte a questi tragici scenari la Politica, pur prendendo atto che la disoccupazione è ai livelli massimi nel primo trimestre 2012 con un tasso in crescita di 2,3 punti dal 2011, ancora si agita sulla necessità di rimettere mano alla irragionevole legge sulle intercettazioni (che favorirà, se approvata, le mafie), omettendo di far quadrato sul potenziamento dei dispositivi di Legge sul falso in bilancio, improvvidamente abolito, su quello della frode fiscale, sulla corruzione e la prescrizione. Il grande scrittore  Ennio Flaiano, con sottile ironia, negli anni ’50 sosteneva, ben conoscendo vizi e virtù nostrane, che la “La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria”. No; oggi, a quarant’anni dalla sua morte, possiamo motivatamente dire che la situazione italiana è molto, molto grave, ma anche molto, ma molto seria!

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