Con l’operazione “Montagna”, terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro. 57 le persone arrestate – VIDEO

Agrigento, 22 gennaio 2018 – Alle 3 di questa notte, ben 400 Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, supportati da elicotteri, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Sicilia e da unità cinofile, coordinati dalla Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno dato corso all’operazione “Montagna” che di fatto ha disarticolato i vertici dei mandamenti e delle famiglie mafiose di “Cosa Nostra” agrigentina. I Carabinieri hanno dato esecuzione a  57 ordinanze di custodia cautelare disarticolando i mandamenti di Santa Elisabetta (Ag) e Sciacca (Ag), nonchè sedici famiglie mafiose della provincia. Fra gli arrestati, anche il Sindaco di San Biagio Platani (AG), per concorso esterno in associazione mafiosa.
Mentre un elicottero vigilava dall’alto, facendo rapidamente la spola tra Agrigento, Favara, Sciacca e il Monte Cammarata, i Carabinieri con le unità cinofile per la ricerca di droga ed esplosivi, hanno fatto simultaneamente irruzione in ville, appartamenti, case di campagna e casolari eseguendo in pochi minuti i 57 provvedimenti riguardanti pericolosi soggetti, perlopiù capi mandamento e capifamiglia di “Cosa Nostra” agrigentina, dovendo rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso armata, finalizzata alle estorsioni, al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Vengono anche contestati l’intestazione fittizia di beni aggravata, lo scambio elettorale politico-mafioso, il concorso esterno in associazione mafiosa ed il favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
Si può ritenere che, in un colpo solo, sia stato decapitato il vertice di “Cosa Nostra” agrigentina.
Le investigazioni  avviate a fine 2013 e condotte principalmente dai Carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento, si sono avvalse delle più sofisticate tecnologie di intercettazione telefonica e ambientale, con sistemi di localizzazione satellitare ma soprattutto  con una instancabile attività di indagine vecchio stile, fatta di pedinamenti e servizi di osservazione, possibili solo grazie alla capillarità delle numerose Stazioni Carabinieri disseminate in tutta l’area montana della provincia.
I Militari dell’Arma hanno documentato gli attuali assetti organizzativi e gestionali dei mandamenti mafiosi di Sciacca (AG) e di Santa Elisabetta (AG) accertando l’esistenza di un nuovo mandamento, quello, appunto, della “Montagna”, da cui, tra l’altro, prende il nome l’operazione. Il nuovo mandamento è risultato essere il frutto di una scelta fatta nel 2014 dal 37enne F.F., figlio di S., quest’ultimo già capo provincia di Cosa Nostra agrigentina e da sempre in strettissimi rapporti con Totò Riina. Il rampante erede, poco prima di essere arrestato, mise il mandamento di Santa Elisabetta nelle mani del 78enne G. L. S., capo famiglia di Bivona (AG), annettendo di fatto tutte le compiacenti famiglie mafiose dell’area montana agrigentina.
È stata così fatta luce sui vertici di tutti i mandamenti agrigentini e delle sedici famiglie mafiose ad essi collegate. Sono stati infatti arrestati capi ed affiliati delle organizzazioni mafiose di Santa Elisabetta, San Biagio Platani (AG), Bivona, Cammarata e San Giovanni Gemini, Favara (AG), Raffadali (AG), Cianciana (AG), Sciacca, Casteltermini (AG), Castronovo di Sicilia (AG), Alessandria della Rocca (AG), Sant’Angelo Muxaro (AG), Palma di Montechiaro (AG), Capizzi (ME), Caltavuturo (PA) e Racalmuto (AG).
I Carabinieri hanno registrato incontri e riunioni segrete, evidenziando la completa ed attuale interconnessione tra i capi mandamento, i boss delle famiglie mafiose di quasi tutte le province siciliane e persino esponenti delle ‘ndrine calabresi. Emblematica è l’intercettazione captata durante un summit, nella quale i boss dicono: “la provincia di Agrigento è più seria…di palermitani ce n’era una decina affidabili… non ci sono più.. io posso arrivare a Corleone che sono ancora persone con la testa sulle spalle. Persone che ti dicono una cosa e è una cosa!”.
Parlando delle estorsioni, è emblematica la conversazione in cui i capi famiglia affermano: “Certi negozi vogliono fatto lo sconto. Se dobbiamo prendere sempre il coltello, quelli saltano il vallone e se ne vanno dall’altra parte. In sostanza ci deve essere la molla…stringi e allarghi…come l’elastico!”. Gli investigatori hanno documentato richieste di pizzo ai danni di ventisette società appaltatrici di opere pubbliche di ingente valore. In dieci casi, la “messa a posto” è andata a buon fine. La pretesa andava dai 2.000  ai 20.000 euro. Per realizzarle, gli indagati hanno posto in essere i più disparati atti intimidatori, fino ad arrivare all’incendio doloso di diverse macchine operatrici. Le ditte prese di mira sono soprattutto quelle del settore edile e del movimento terra e vengono dalle province di Agrigento, Palermo, Caltanissetta, Messina, Enna e Ragusa. I lavori erano stati commissionati da varie Amministrazioni comunali nei più disparati territori delle province di Agrigento, Palermo ed Enna. In un caso, la messa a posto è stata tentata nei confronti di una ditta incaricata dei lavori di manutenzione straordinaria della pavimentazione stradale sull’Isola di Lampedusa.
Due dei tentativi di estorsione sono stati fatti addirittura ai danni di altrettante cooperative agrigentine impegnate nella gestione dei servizi di accoglienza per immigrati richiedenti asilo, nei confronti dei cui amministratori veniva pretesa, da un lato, l’assunzione di soggetti vicini all’associazione mafiosa e, dall’altro, una percentuale per ogni ospite.
Con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, i Carabinieri hanno anche arrestato il Sindaco di San Biagio Platani (AG) S. S..  È sospettato di aver preso accordi, in occasione delle consultazioni amministrative del maggio 2014, con i vertici della famiglia mafiosa del posto per concordare le candidature, sia a sostegno, sia contrapposte. Inoltre è accusato di aver garantito all’organizzazione agevolazioni nella gestione degli appalti pubblici banditi dal Comune.
Arrestato anche il marito di una Consigliera comunale di Cammarata (AG). L’accusa è quella di voto di scambio politico mafioso. È ritenuto responsabile di aver chiesto con successo, in cambio della promessa di future utilità, l’appoggio elettorale del boss mafioso del posto alle consultazioni amministrative del 2015.
La Direzione Distrettuale Antimafia, inoltre, ipotizzando gli estremi della intestazione fittizia di beni al fine di eludere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione patrimoniale, ha disposto il sequestro preventivo, per un valore di circa un milione di euro, di sette società operanti nei settori edili e del movimento terra, nonché delle scommesse e della distribuzione delle slot machine.
Nel corso dell’indagine, i Carabinieri hanno infine accertato l’esistenza di un consistente traffico di droga, cocaina, hashish e marijuana. A conferma, i militari, in una circostanza, hanno arrestato un corriere con mezzo chilo di cocaina purissima nel portabagagli.

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