Estero

Beslan – 10 anni fa la strage nella scuola con 394 morti, di cui 156 bambini – FOTO

Ora, come allora, pontifica gente che non ha mai scambiato una parola con terroristi o sequestratori

Beslan (Russia), 1 settembre – Sono trascorsi 10 anni da quel maledetto giorno in cui, dopo pochi minuti dal campanello che segnava l’inizio dell’anno scolastico nella scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord, un commando composto da 34 terroristi ceceni, armati fino ai denti e mascherati, fece irruzione nella scuola prendendo in ostaggio oltre mille persone fra alunni, studenti, genitori, parenti ed insegnanti.

Oggetto dell’azione: il riconoscimento  dell’indipendenza cecena ed il ritiro delle forze russe da quel territorio.

Gli ostaggi vennero ammassati in una palestra e lì tenuti per tre giorni, dopo che i terroristi avevano piazzato degli ordigni esplosivi nella palestra stessa.

Gli ostaggi furono  costretti ad assistere alle esecuzioni di molti tra loro finchè, il terzo giorno, vi fu un evento ancora non chiarito che provocò  l’irruzione delle forze speciali  russe che mise fine al sequestro. Alcuni terroristi si fecero saltare in aria insieme agli ostaggi provocando forse l’incendio e il crollo del tetto della palestra. Alla fine, fra gli ostaggi,  si contarono 394 morti di cui 156 bambini e circa 500 feriti oltre a 10 uomini dell’esercito russo, mentre, dei terroristi, 27 furono uccisi (8 nell’interno della scuola), 3 furono fatti prigionieri e quattro riuscirono a fuggire.

Il presidente russo Vladimir Putin,  dichiarò che il blitz non era stato pianificato  ma l’evoluzione degli avvenimenti “è stata troppo veloce e si è svolta in maniera inaspettata”.

Oggi, a distanza di 10 anni, non vi sono state presenze importanti a ricordare il tragico evento mentre le povere madri di Beslan, continuano a chiedere di fare luce su vari aspetti della vicenda: “dall’opacità operativa della cellula di crisi alla responsabilità delle due esplosioni che fecero scattare il blitz delle forze speciali russe, dalla presunta fuga di alcuni componenti del commando ceceno alla totale disorganizzazione dei soccorsi”.

In compenso, allora, come sempre, ci fu il grande giro di parole senza senso, di personalità che spiegavano quale avrebbe dovuta essere la strategia da seguire nell’evento. Il tutto, da parte di persone che non avevano mai scambiato due parole con un terrorista o un sequestratore.

La vicenda mi provocò un senso di rabbia che scrissi il seguente articolo, pubblicato su “L’Attualità” edito dal Movimento Salvemini del mese di ottobre 2004, emozioni con le quali dipinsi il quadro proposto, dove anche la morte – tenuta a collare – cerca di fuggire, rifiutandosi di portar via quelle anime innocenti!

Quelle stesse emozioni, le ho rivissute con il sequestro nella Sala del Regno dei Testimoni di Geova, a piazzale Hegel, il 26  febbraio 2005, quando dopo oltre tre ore di trattative e colloquio, arrestai Angelo Cicero.

 

MAI PIÙ STRAGI DI INNOCENTI – BESLAN

Caro Direttore,

sto ascoltando il telegiornale che parla della grave tragedia avvenuta a BESLAN.

Premetto che non entro nel merito del gesto politico.

Ascolto voci e pareri di grandi storici, studiosi, tecnici, psicologi e politici di tutto il mondo che  discutono, valutano,  pronunciano sentenze. Approvano o criticano l’operato di Putin. Piccolo, insignificante particolare: il tutto in uno studio con aria condizionata,  davanti ad una fresca bottiglia di acqua minerale e, come spesso accade negli studi televisivi, preceduto da un pre-incontro-dibattito conviviale, a cui non manca il classico spumantino.

Mi chiedo: quanti di questi uomini  di cultura che sanno così bene interpretare il pensiero degli altri, hanno veramente vissuto il dramma di vedere dei bambini presi in ostaggio, immobilizzati e violentati nella loro giovane mente, tenuti dinanzi ad un’arma puntata contro di loro? Quanti hanno preso parte a trattative per il loro rilascio? Quanti hanno dovuto prendere senza alcuna possibilità di riflessione o ripensamento, una così grave decisione che sarà sempre e comunque criticata da qualcuno, indipendentemente dall’esito e sapendo che da tale decisione dipende la vita altrui?

Direttore, come ben sa, non sono né voglio apparire un eroe ma devo dirLe che il 13.03.1984, IO ho vissuto dapprima solo e poi con altre 4 persone che mi hanno affiancato e seppure in più piccole dimensioni, questo stesso dramma per 6 ore e 20 minuti, tempo interminabile e contemporaneamente fulmineo perché tale è la tensione che il tutto si annulla. Ho vissuto l’angoscia negli occhi e nei volti di genitori disperati e straziati nel vedere i loro figli dinanzi ad un fucile che, parlando continuamente, ho cercato di far mantenere puntato contro la mia persona nel timore di uno scatto di nervi che avrebbe potuto uccidere quei bambini, che ti guardavano chiedendoti di liberarli. Ho vissuto il dramma dei famigliari che avevano appena visto il loro congiunto, bidello, ucciso nell’interno della loro scuola.  Ho vissuto il precipitare della situazione quando un politico, nel giusto spirito di tentare di aiutare a risolvere favorevolmente la vicenda, per aver solo chiamato l’omicida-sequestratore per nome, stava per fargli scattare nuovamente la follia omicida e mietere altre giovani vittime evitato solo perché riuscii a ristabilire il contatto con lui chiamandolo con l’unico aggettivo che lui accettava: “AMICO”. Non sono stato bravo io, sono stato solo aiutato da Qualcuno ben più potente che mi ha consentito di vincere la mia paura (allora avevo anch’io due figli di 8 e 4 anni) e per tranquillizzare l’assassino, ammanettarmi dinanzi a lui chiedendogli di scambiarmi con i bambini (senza ottenerlo), parlando vincere la sua follia omicida, conquistarne la fiducia ed infine, farlo arrendere senza ulteriore spargimento di sangue. In Russia, avendo davanti quei bambini candidati a future vittime innocenti, Chi ha il coraggio di dare l’ordine di sparare? Chi ha il coraggio di non dare quell’ordine che forse potrebbe salvare quelle giovani vite umane? In quegli interminabili secondi, ogni parola, ogni gesto, ogni nonnulla, può far precipitare, come è successo, gli eventi.

Nella mia fede, ringrazio il mio Dio (ognuno gli dia il nome che vuole, non mi interessa) per avermi ed averci aiutato a salvare quei 19 bambini senza ulteriori vittime, ma voglio solo dire che prima di emettere un giudizio sull’operato di quegli uomini che hanno dovuto prendere quella tremenda decisione il cui peso è talmente enorme da schiacciarti, segnarti ed accompagnarti per il resto della tua vita, cercare di capire veramente ed invito TUTTI affinché anziché giudicare, perchè quello è SOLO compito di Colui che tutto vede, pregare, ognuno a suo modo in quanto non serve pronunciare frasi liturgiche ma basta il pensiero, per quelle innocenti vittime e per coloro che hanno dovuto operare in quel contesto impossibile da gestire razionalmente nella speranza che le genti rinsaviscano e tali tragedie non abbiano più a ripetersi.

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