CRIMINALITÀ GLOBALE,MATERIA NON SOLO PER LE POLIZIE NAZIONALI,MA SOPRATTUTTO PER L’INTELLIGENCE

Da quando è iniziata la crisi economica globale, nel 2008,  la supercriminalità ne è risultata oltremodo avvantaggiata, anche perché la disoccupazione ha raggiunto il traguardo di oltre 210 milioni di  casi e non infrequentemente i disoccupati si sono rivolti al mercato illegale.

C’è da dire che la sostanziale differenza  tra illecito e il cosiddetto lecito è costituito dal fatto che le grandi mafie non rischiano in quanto i loro investimenti riguardano prevalentemente  enormi investimenti nel mercato immobiliare e in importanti catene di distribuzione e ristorazione,  e non già in prodotti finanziari, speculazione, gioco in borsa, finanza creativa etc. ( di possibile interesse di criminalità minori truffaldine legate ai vari “Madoff” di casa nostra e non). Pensare che già nel 2005 uno studio dell’Istituto Federale di Tecnologia svizzero, con il sostegno di Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Italia per la lotta contro i reati ad altissima tecnologia, aveva messo in evidenza il transito da una criminalità di “ pirati informatici isolati”, ad una “cyber mafia”  che muove decine di migliaia di reti informatiche. Quindi, quando tutto il mondo dei mercati, nel 2008, è stato colpito dalla crisi a seguito del crollo della Lheman Brothers,  perché aveva investito in un sistema finanziario effimero se non fasullo, le uniche ad avere grande liquidità erano proprio le organizzazioni criminali. Tornando a quanto già scritto su questa illustre testata il 27 dicembre sul “Riciclaggio”, mi piace ricordare che è passata sotto silenzio la denuncia pubblica di Antonio Maria Costa, sino al 2010 Direttore dell’ UNODC, l’Ufficio dell’ONU per la droga e il crimine, il quale ha autorevolmente sostenuto, in un’intervista al settimanale austriaco “PROFIL”, che con il denaro del traffico degli stupefacenti si sarebbero “salvate” numerose banche dal tracollo derivato dal crack finanziario negli Usa. Infatti, durante la seconda metà del 2008, la mancanza di liquidità è stato il principale problema di quel sistema bancario e alla crisi di liquidità che ha investito l’intero pianeta con il fallimento di 200 società di mutui. A fronte di debiti per 1400 miliardi di dollari, a tanto ammontava lo sfacelo di Lehman Brothers, una grossa boccata di ossigeno sarebbe proprio arrivata da oltre 350 miliardi di…….narcodollari! Scusate se è poco!
I Governi, compresa l’Italia, si stanno certamente rivelando troppo deboli in questa vera e propria emergenza. Con il rafforzamento delle aree di intervento mafioso evidenziatesi dagli anni ’70-’80 ( armi,droga, ecomafie etc), si aprono nuove frontiere criminali, quale il gioco d’azzardo, molto presente e invasivo in Cina e Macao, ma a vedere bene in tutta l’Asia come in occidente. Il rapporto tra gioco d’azzardo e mafie è notevole. Come leggiamo su un articolo di Alessandro Codegoni sul settimanale “ Il Venerdi’ di Repubblica” di questa settimana, la situazione è allarmante: ”” Nel 2011 (l’Italia ) è diventato il primo Stato in Europa e terzo nel mondo per volume di denaro speso nel gioco d’azzardo legale  ( a cui va aggiunto quello in nero) con 76,1 miliardi di euro. E’ il doppio di quanto spendiamo per la salute e otto volte quanto investiamo in istruzione. Lo Stato dal gioco incassa  relativamente poco, il 12 per cento del fatturato…..Il gioco è uno strumento di riciclaggio per le mafie, ma è anche un vero e proprio “rovina- famiglie”, frutto di una martellante campagna pubblicitaria e di un’ offerta variegata””. Negli ultimi anni, si è decisamente rinforzato, in linea generale, il connubio tra politica e crimine e i confini tra lecito e illecito sono diventati sempre più labili. Oggi, nel mondo, ci sono molti “Buchi Neri”, cioè territori in cui il gioco democratico è sospeso e l’economia e i rapporti sociali sono regolati da gruppi criminali che controllano le risorse. Pensiamo, tra l’altro, alle quattro Regioni del sud Italia con mafie storiche stanziali.  Un buco nero è  la Corea del Nord, uno Stato  dove le principali entrate economiche provengono dal traffico di droga, esseri umani, armi. Quel che desta più preoccupazione, però, è il Messico, che è subentrato nel mercato lasciato abbandonato dai Colombiani nel narcotraffico globale. Ciò si è verificato a seguito del “Plan Colombia”, pilotato dagli USA sin dal 2000, che ha reso più efficace l’azione del Governo colombiano nel contrasto al crimine; la cosiddetta “Iniziativa Regionale Andina (IRA) del Presidente George Busch.
Recentemente, il caso Messico risulta ben seguito dal Governo americano, perché le feroci lotte interne non si consumano più a Tijuana e a Città del Messico, ma nelle metropoli americane. Va detto che la recessione economica ha dimostrato che la stabilità di uno Stato è subordinata alla  stabilità economica. E’ possibile acquisire  la supremazia  in un’area  e annetterla alla propria sfera di influenza  “provocando” un crollo economico, impossessandosi  così delle più importanti attività  industriali come delle  banche. Quindi, non più guerre guerreggiate, ma  accordi per lo sfruttamento delle  fonti di energia o per la costruzione di nuovi mezzi per la fornitura delle stesse fonti energetiche. In questa prospettiva, vanno rivisitati e ammodernati i  compiti dell’Intelligence, non solo proiettati a tentare di neutralizzare i santuari del terrorismo. Urge da subito rivedere il processo formativo degli Agenti Segreti, non certo assimilabili, con tutto il rispetto per la loro alta professionalità,  a Carabinieri di Quartiere o Agenti di Squadra Mobile, ancorchè capaci e intelligenti, quanto idonei a rilevare e cogliere elementi informativi e di valutazione riferiti principalmente all’ economia e alla finanza.
In Italia,  autorevolissimo e implacabile giudice  dei poteri della finanza e delle borse in un’economia debole e aggredibile fu, dagli anni sessanta in poi, il Professore Federico Caffè, illustre economista, il quale denunciò senza riserve, ripetutamente, nel  totale isolamento, i danni della borsa e le manovre che in essa si compiono a danno dei risparmiatori, insieme al silenzio ingiustificabile se non sospetto degli organismi preposti al controllo della finanza.
Fu tuttavia puntuale e implacabile nel denunciare, forse alludendo a poteri forti e occulti, gli “incappucciati dell’economia”, sottolineando che spesso questi non vivono ai margini della società e delle istituzioni, ma dentro il sistema bancario e finanziario. Purtroppo, un aspetto ancora irrisolto della vita di Federico Caffè, è la sua misteriosa scomparsa dalla  casa di Via Cadlolo, un’elegante strada di Monte Mario, in Roma, vicino all’Hotel Hilton, avvenuta nell’ aprile del 1987. Una gravissima perdita per l’Italia! Infatti, si sente il bisogno, nella abnorme modestia dell’oggi, di presenze così alte e adamantine, di stampo risorgimentale, retaggio di epoche che ormai si leggono, purtroppo, soltanto nei libri. Da Italiano: quale tristezza!
 

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