“NE BIS IN IDEM”. DURA LEX, SED LEX

Giustizia farraginosa, giustizia che latita, sentenze inique, e chi più ne ha più ne metta.

 

Ma il caso di Denis Occhi è uno dei più eclatanti di malagiustizia in Italia.

Può un reo confesso dell’omicidio di sua moglie circolare libero perché la legge dice che non può essere di nuovo processato dopo essere stato assolto?

È successo proprio a Denis Occhi, trentatreenne di Migliaro, nel Ferrarese. Costui ha lasciato passare le feste di fine anno, poi, tormentato dai rimorsi, venerdì mattina dello scorso 2 gennaio si è presentato in questura a Ferrara e ha dichiarato di voler confessare l’omicidio della moglie agli ispettori di turno.

La vicenda risale a quattro anni fa quando, il 25 novembre 2004, Giada Anteghini fu aggredita nella casa di Jolanda di Savoia che divideva con il nuovo compagno (indagato per omicidio e poi prosciolto).

La donna venne massacrata durante il sonno, nella sua camera da letto, attigua a quella in cui stava dormendo la figlia di 6 anni che aveva avuto con Denis Occhi. Le ferite alla testa erano gravissime, ed entrata in coma, morì dopo 14 mesi senza esserne uscita. Per la sua morte Occhi fu condannato nel 2007 in primo grado alla pena di 20 anni, con giudizio abbreviato a conclusione di un processo indiziario. Ma il 27 febbraio 2008 fu assolto dalla Corte d’Appello di Bologna e rimesso in libertà. Ora Occhi, dopo quasi un anno di tormenti e sensi di colpa, davanti al legale nominato di ufficio ha svelato alla polizia la sua verità, che egli stesso aveva confessato il giorno dopo la tragedia, quattro anni fa, ad alcuni carabinieri di Comacchio, suoi amici, ma che poi ritrattò.

Quella ritrattazione è stata al centro dei vari processi, e interpretata in senso colpevolista o innocentista dai giudici che si sono susseguiti in questa vicenda.

Appare anche impossibile una revisione del processo, non prevista dal nostro ordinamento giudiziario per chi, da assolto, chieda di rivedere una sentenza per poi essere condannato. Polizia e Procura ritengono attendibile la confessione di Occhi, e pertanto verranno attivate, ma solo per scrupolo, indagini per avere i riscontri necessari, che saranno comunque inutili, per la non processabilità dell’uomo.

La legge è chiara: chi sia stato prosciolto o assolto con sentenza definitiva non può essere giudicato due volte per lo stesso fatto.

“Ne bis in idem” avrebbe detto Cicerone.

Il giudizio abbreviato chiesto dall’imputato a suo tempo (e definito come prevede il codice sullo stato degli atti) si è concluso con la condanna a venti anni di reclusione. Il convincimento del giudice che lo ha condannato si basava evidentemente su dati di fatto ritenuti da lui inoppugnabili, altrimenti lo avrebbe assolto (cosa successivamente avvenuta per decisione della Corte d’Appello di Bologna). Oggi, l’assolto-pentito, già reo-confesso, già condannato in I° grado, se ne esce con questa nuova confessione.

Su questa allucinante vicenda ha acceso i riflettori la trasmissione di Bruno Vespa “Porta a porta”.

In essa sono apparsi evidenti lo stato confusionale, la personalità disturbata borderline di Occhi, che, dopo una girandola caleidoscopica di confessioni ritrattazioni che fa da anni, davanti alle telecamere ha farfugliato, alla presenza del legale di ufficio, avvocato Montalto, che forse è meglio stare in carcere che in libertà. Mah!…

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